Domani in occasione della Giornata mondiale contro la violenza sulle donne, la camera dei deputati apre le porte anche ad una delegazione di 33 donne tra le oltre mille presenti in aula, per testimoniare la violenza ostetrica – un fenomeno che riguarda l’assistenza e i trattamenti inappropriati e irrispettosi della dignità e integrità psico-fisica in gravidanza, parto, postparto e allattamento.

È notizia ormai nota quella dell’eccessiva medicalizzazione intorno alla nascita, dell’aumento di parti cesarei, di episiotomia senza consenso informato, rottura artificiale delle membrane, manovra di Kristeller manuale o strumentale, come confermano i dati dell’indagine nazionale Doxa “Le donne e il parto”, condotta per l’Osservatorio sulla Violenza Ostetrica (OVOItalia) su un campione rappresentativo di circa 5 milioni di donne italiane di età compresa tra i 18 e i 54 anni con almeno un figlio di meno di 14 anni.

Tuttsteopatia.it si è schierata da subito con la campagna delle donne contro gli abusi in sala parto #bastatacere, lanciata una anno fa nei social da Elena Skoko e Alessandra Battisti del Network internazionale “Human rights in childbirth”. Questo in virtù dei princìpi osteopatici del tutto scollegati dalle pratiche non rispettose della fisiologia umana, anche in gravidanza, nel parto e nel post parto. Già A.T. Sill, padre fondatore dell’osteopatia, nella sua Autobiografia pubblicata a fine ‘800, a proposito delle pratiche ostetriche invasive, scriveva: “l’Osteopatia ha aiutato a partorire quasi cinquecento madri senza una sola lacerazione, o l’uso di forcipi o di medicinali. E non una morte, né un caso di travaglio protratto per più di quattro ore”.





Ad oggi, invece, a più di un secolo di distanza, il sovrautilizzo quotidiano di pratiche mediche eseguite senza che ci sia la reale consapevolezza da parte delle madri e che, in alcuni casi, possono avere delle conseguenze importanti, sono un dato di fatto. E la succitata indagine Doxa, con grandi differenze fra le Regioni italiane, ne dà prova con i numeri: il 32 per cento delle partorienti ricorre al parto cesareo, il 27 per cento delle madri lamenta una carenza di sostegno e di informazioni sull’avvio dell’allattamento e il 19 per cento la mancanza di riservatezza in varie fasi e momenti della loro permanenza nell’ospedale. Pratiche in netto contrasto quindi con quanto affermato dall’OMS e dall’Alto Commissariato per i Diritti Umani delle Nazioni Unite (UNHCHR), riguardo la grave lesione dei fondamentali diritti umani delle donne e dei bambini, dovuta all’abuso, la negligenza e la mancanza di rispetto durante il parto.

“La violenza ostetrica – ci spiega l’avvocato Nicoletta Princigalli, specializzata in diritti della nascita e co-fondatrice del progetto Diritti intorno alla Nascita, dell’associazione pugliese Lo Scrigno – è una delle forme più gravi e subdole di discriminazione nei confronti della donna, quando non viene messa nella condizione di compiere una scelta consapevole, quando le viene negato il diritto di attingere, nella delicata fase della maternità, ai suoi saperi innati. L’arbitraria lesione del suo diritto alla’autodeterminazione, comporta un danno in termini non solo fisici, ma anche e soprattutto psicologici e morali. Gli effetti di questo danno possono manifestarsi a breve, ma anche a lungo termine e, altresì, possono avere un impatto sulla vita di relazione di quella donna, sulla sua percezione della maternità e sulla serenità del legame con il suo bambino”.

Sul piano legislativo esiste in Italia un disegno di legge “Norme per la tutela dei diritti della partoriente e del neonato e per la promozione del parto fisiologico”, presentato nel marzo 2016 e dall’on. Adriano Zaccagnini per cercare di riconoscere, anche in Italia, la violenza ostetrica come reato. Ad oggi il testo risulta in corso di esame in commissione.

L’Osteopatia può oggi più che mai, farsi promotrice di un approccio rispettoso delle varie fasi della maternità, dalla gravidanza al parto sino al post parto anche con il sostegno all’allattamento, sostituendosi a svariati approcci attualmente in uso.

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