I batteri della mamma sono trasmessi al proprio bambino in modo diretto fin dai primi istanti di vita, nelle varie fasi del parto naturale e poi nell’allattamento al seno e nel contatto “pelle e pelle”. La conferma viene da un recente studio dal titolo “Mother-to-infant microbial transmission from different body sitesshapes the developing infant gut microbiome”, pubblicato sulla rivista scientifica Cell Host and Microbe che gli ha dedicato la copertina.

Come sappiamo, il microbiota intestinale si instaura già in utero ma ha il massimo del suo sviluppo subito dopo la nascita, durante il passaggio nel canale del parto, dove si verifica il trasferimento dei batteri vaginali della madre al bambino, dunque al suo intestino. Successivamente questo importante processo di “trasferimento” sarà mantenuto grazie all’allattamento al seno materno ed al contatto pelle a pelle con la mamma.

Coordinato da un gruppo di ricerca del Cibio – Centro di Biologia integrata dell’Università di Trento in collaborazione con l’Ospedale Santa Chiara di Trento riconfermato “Baby Friendly Hospital” (iniziativa Oms-Unicef) e finanziato dalla Fondazione Caritro, lo studio ha analizzato 25 coppie mamma-bambino reclutate dalle Unità operative di Ostetricia e neonatologia dell’Ospedale trentino a partire dal 2014 dal momento della nascita al quarto mese successivo.

Perché studiare il microbiota

Ogni persona ha un doppio “bagaglio” di informazioni che porta con sé per tutta la vita. Da una parte ha il patrimonio genetico, ereditato dai genitori, dall’altra il microbioma, corredo di innumerevoli batteri, virus e funghi che popolano il corpo. Analizzare il microbioma permette di individuare specie microbiche e relative varianti che caratterizzano il corredo dell’individuo e potenzialmente studiare quanto queste coadiuvino il nostro stato di salute o ci espongano a determinate malattie.



Tecniche di ultima generazione utilizzate in questo studio hanno permesso proprio di mappare il microbiota attraverso nuovi metodi bioinformatici applicati alla metagenomica, un metodo biotecnologico che dalle feci, dalla saliva, o da tamponi cutanei o vaginali di una persona consente di risalire ai microorganismi presenti attraverso il sequenziamento del loro materiale genetico. Nello specifico i ricercatori hanno mostrato come i batteri provenienti dalla madre colonizzino il neonato e la neonata in modo più duraturo rispetto a batteri provenienti da altre sorgenti, come l’ambiente circostante.

«Lo studio pone le basi per capire meglio il processo di acquisizione del microbioma, del suo impatto sulla salute del bambino, e del ruolo del parto naturale, dell’allattamento al seno e del contatto pelle a pelle» osserva Nicola Segata, responsabile dello studio e a capo del laboratorio di Metagenomica computazionale al Cibio.

«Tra le cose principali – spiega ancora- abbiamo capito che tutti i microbiomi che abbiamo campionato dalle diverse locazioni corporee della madre contribuiscono in modo diretto allo sviluppo del microbioma del neonato. Il bambino acquisisce microorganismi anche da sorgenti diverse dalla madre, ma abbiamo scoperto che i microorganismi provenienti dalla madre è molto più facile che rimangano stabilmente nel neonato rispetto ai microorganismi acquisiti in altro modo, da altre fonti. Questo porta anche a ipotesi intriganti perché questa preferenza per i microorganismi materni da parte del neonato potrebbe essere un meccanismo co-evolutivo finora poco considerato».

Lo studio apre prospettive ambiziose, continua Segata. «Ora che abbiamo compreso come e quali microorganismi passano al neonato dalla madre, vogliamo capire meglio quale sia il loro impatto sulla salute del bambino e come la trasmissione del microbioma materno venga alterata da fattori quali parto cesareo, assenza di contatto “pelle-a-pelle” tra madre e neonato nei primi istanti di vita, alimentazione con latte in formula ».

Questa è una ulteriore ricerca che ci spinge ad insistere sull’importanza di parto naturale, del contatto pelle a pelle e dell’allattamento al seno. Tutti concetti che già A.T. Still, fondatore dell’osteopatia, sosteneva nella sua clinica ostetrica a Kirksville di fine ‘800 e che sono parte integrante del messaggio dell’Osteopatia ancora oggi.

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