Il fatto che la donna partorisca in casa è una decisione politica, l’asserzione della sua determinazione a riappropriarsi dell’esperienza del parto. Partorire in casa può significare cambiare la società. Così scriveva Sheila Kitzinger, un’attivista della nascita neonatale, ne “Il manuale del parto in casa”.

La prima importante distinzione da fare è tra i vari tipi di parto:

Parto veramente naturale

Secondo la definizione dell’Organizzazione Mondiale della Sanità il “parto veramente naturale” inizia con travaglio spontaneo (senza induzioni), e procede con una progressione del travaglio/parto a basso rischio (senza segni di disfunzione). “Il miglior ostetrico – secondo Frédéric Leboyer – è colui che è capace a starsene con le mani in tasca”. Tuttavia, molti ginecologi non hanno mai avuto la possibilità di assistere a un parto
veramente naturale
.

 

 



Il bambino, durante questo tipo di parto, si trova in posizione di vertice tra le 37 e 42 settimane, e l’espulsione vaginale del bambino avviene in maniera spontanea, consentendo altresì buone condizioni fisiche di mamma e bambino dopo la nascita. Si sottopongono a parto “veramente naturale” anche le donne che, sebbene abbiano avuto problemi durante la gravidanza, presentano le condizioni sopra citate per un parto spontaneo.
Questo tipo di parto esclude interventi medici, farmacologici (epidurale o ossitocina per provocare le contrazioni dell’utero) e chirurgici (episiotomia per esempio).

Non tutti i parti vaginali, dunque, sono naturali in senso univoco. Se c’è medicalizzazione un parto non è naturale.
Il parto naturale generalmente non avviene in posizione litotomica (distese sul lettino), bensì in verticale o in posizione accovacciata, come svariate prove hanno dimostrato, o come tra l’altro si è riscontrato nei dipinti e nelle incisioni che raffigurano scene di parto già in epoca egizia.
La posizione distesa (litotomica), sdraiata sulla schiena è nata come una moda delle classi ricche del tardo medioevo, che non vollero più partorire come la plebe che partoriva in piedi. L’invenzione del forcipe intorno al 1600, ha poi contribuito al dilagarsi della posizione orizzontale durante il parto. La posizione litotomica si è diffusa come pratica comune durante il parto da quando l’ostetricia è stata medicalizzata (da circa tre secoli) soprattutto per facilitare gli operatori nell’assistenza al parto. Tuttavia è proprio questa posizione orizzontale che, favorendo il contatto del sacro con il rigido lettino, riduce sensibilmente la sua mobilità che, al contrario, proprio in questa situazione necessita della più grande libertà possibile.

Vantaggi derivanti dal parto in posizione verticale:

  1. la forza di gravità favorisce le contrazioni uterine e le spinte della partoriente;
  2. le contrazioni uterine sono più frequenti e regolari;
  3. la dilatazione della cervice è maggiore;
  4. nell’intervallo tra le contrazioni la donna si rilassa meglio;
  5. la pressione nella fase di riposo e tra le contrazioni è maggiore;
  6. il primo e il secondo stadio del travaglio risultano più brevi;
  7. queste posizioni risultano meno dolorose;
  8. minori anomalie nei tracciati cardiografici;
  9. assenza di compressione dei grossi vasi aorta e vena cava da parte dell’utero.

Parto vaginale medicalizzato

Questo tipo di parto, invece, avviene in “posizione litotomica” (distesa sul dorso), impedendo al sacro di muoversi, e con l’ausilio di stimolazioni esterne, sia farmacologiche (epidurale o ossitocina per
provocare le contrazioni dell’utero) o fisiche (manovra di Kristeller che, vietata in molti Paesi, viene eseguita appoggiando l’avambraccio sul fondo dell’utero ed esercitando una forte pressione verso il basso per facilitare la fuoriuscita del feto. Tra gli effetti collaterali di questa manovra, vaste lacerazioni alla vagina, danni alla vescica urinaria, contusioni alle pareti addominali e uterine, danni ai legamenti uterini, prolasso uterino).

 

Quanto all’utilizzo di farmaci durante il parto, come quelli iniettati tramite epidurale, in una conferenza del 1984 Lorenzo Braibanti (1921-1989) riporta questa esperienza personale avuta con l’anestesista italo-americano J.J.Bonica che ha introdotto per primo l’anestesia epidurale nel travaglio di parto naturale: “Nel 1976 venne in Italia a propagandare l’anestesia epidurale e mi ricordo bene quando lui disse “mi strapperei i capelli pensando che ci sono ancora delle donne italiane che partoriscono con dolore, mentre da me le donne partoriscono completamente senza dolore grazie all’epidurale”. A distanza di circa due anni Bonica ritornò in Europa e fece il giro di tutte le città in cui era passato, raccomandando di non usare più il metodo “indolore” da lui indicato per il travaglio del parto, anzitutto perché era aumentato in maniera non accettabile il bisogno di forcipi e ventose e del taglio cesareo, e poi perché si erano constatati dei danni cerebrali nei bambini”.

Parto Cesareo

Può essere:

  • elettivo: quando la decisione di fare il cesareo è stata presa durante la gravidanza, ancora prima dell’inizio del travaglio;
  • d’urgenza: si pratica a seguito di una situazione di emergenza che si verifica improvvisamente durante il parto, come anomalie della dilatazione del collo uterino, della meccanica del parto, oppure per il sopraggiungere di una sofferenza fetale.

L’unica tipologia di parto che, con più probabilità, esime la donna da problemi successivi alla gravidanza è il parto naturale così come inteso nella fisiologia, ossia senza l’ausilio di farmaci e senza la necessità di assumere una posizione distesa durante l’espulsione del feto.

Dopo il parto è comunque consigliabile rivolgersi all’osteopata, sia per la donna che per il bambino.

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