L’Osteopatia è a un punto di svolta; a seguito dell’emendamento presentato in 12^ Commissione Sanità del Senato dal senatore D’ambrosio Lettieri e controfirmato dal Sen. Maria Rizzotti (qui i punti salienti), vogliamo proporvi il punto di vista sulla situazione osteopatica attuale di alcuni degli esponenti dell’Osteopatia Italiana.

Dopo quella a Carlo Broggini, presidente dell’Associazione Osteopati Italiani, di seguito l’intervista a Giacomo Lo Voi in qualità di vice presidente della commissione didattica ROI e di direttore di una scuola di osteopatia.

Qual è la sua posizione sugli ultimi emendamenti al ddl 1324 riguardanti la laurea magistrale a ciclo unico in osteopatia, il suo riconoscimento come professione sanitaria ed equipollenza dei titoli?

Alla 12^ Commissione Igiene e Sanità del Senato sono stati presentati ben 250 emendamenti e mi sembra importantissimo che tra questi ci siano quelli inerenti questi tre aspetti dell’osteopatia in Italia. Per prima cosa il riconoscimento del profilo professionale da’ dignità alla figura dell’osteopata conferendole autonomia e competenze specifiche. Si parla di attività professionale sia nelle strutture pubbliche che private con la possibilità di svolgere ricerca pur delimitandone, giustamente, i confini rispetto alla classe medica. Per quanto concerne l’insegnamento, l’osteopatia diventa oggetto di insegnamento universitario con un percorso specifico di laurea magistrale a ciclo unico, mentre invece per il pregresso sono due gli emendamenti più corposi: uno limita il pregresso ai soli laureati in medicina, veterinaria, fisioterapia e terapia occupazionale, l’altro, invece, considera equipollenti i titoli da soli in possesso di laurea di 1° livello pari a 180 crediti equivalenti, e che abbiano conseguito almeno 120 crediti equivalenti in formazione specifica osteopatica. E’ evidente che per rispetto dei colleghi che hanno svolto un ciclo di 6 anni di studio non senza sacrifici, che svolgono la professione da svariati anni, è questa la soluzione auspicata dalla Commissione Didattica del ROI.

Osteopatia tra le professioni sanitarie: cosa implicherà, concretamente, secondo lei?



Credo che la cosa più importante sia che l’Osteopatia esca finalmente da quel sottobosco che ci ha sempre penalizzato nel rapporto con le altre figure professionali e con gli utenti. Il fatto di rientrare tra le professioni sanitarie ci conferisce quella dignità che abbiamo sempre cercato. Ciò non significa sostituirsi alle altre figure del settore ma che, esaltando le nostre competenze che si basano sulle evidenze specifiche dell’osteopata, il nostro profilo ne possa uscire solo più forte. E’ chiaro che per i primi tempi, inevitabilmente lunghi, potrebbero verificarsi conflitti di competenze, ma sono sicuro che col tempo ognuno capirà meglio il proprio campo di intervento. Ciò che auspico è che in questa prossima fase tutti gli iscritti al ROI si rendano più attivi interagendo più attivamente con l’associazione, la quale in cambio dovrà offrire un valido supporto che aiuti a capire cosa si può o non si può fare. Penso a incontri e assemblee da svolgere nella “macro regioni”, nonché ad una comunicazione via web più efficace.

Che idea si è fatto del lavoro che sta facendo il neo eletto direttivo ROI?

Come il precedente direttivo, che è sempre stato al passo, stretto tra le necessità della categoria e le possibilità contingenti che la politica offriva, anche questo mi sembra che stia seguendo una linea tracciata dalle nuove spinte della politica. Sin’ora è stato tempestivo, malgrado non si veda da chi non conosce i tempi e modi della politica, con una visione a 360 gradi sugli ostacoli e sulle possibilità di successo. Certo nessuno può prevedere esattamente il futuro e tante sono le “cassandre” che ne prevedono il fallimento già a soli 3 mesi dal suo insediamento. Io penso che convenga essere uniti, perché se otteniamo ciò che desideriamo sarà una conquista di tutti gli osteopati; in caso contrario posso solo dire che – come ho fatto per il precedente direttivo – almeno ci abbiamo provato.

In qualità di vice presidente della commissione didattica, come si regoleranno le scuole di osteopatia alla luce di queste novità?

Premesso che le scuole di osteopatia negli anni hanno migliorato la formazione creando dei programmi condivisi e sempre più completi, la Commissione Didattica dovrà aiutare le scuole che ancora non hanno un ciclo unico a formarne uno. Esiste un progetto di scuola unica che va valutato nella sua fattibilità giuridica e didattica; ci sono scuole che hanno già contatti con Università o accordi accademici. Tutto sommato la commissione didattica non può che spronare ulteriormente le scuole a migliorare l’offerta formativa. Resta poi da vedere se il Ministero dell’Istruzione, dell’Università e della Ricerca non avocherà a sé la formazione, ed allora bisognerà trovare nuove forme per poter insegnare l’Osteopatia.

Cosa si sente di dire ai giovani che oggi decidono di intraprendere la strada dell’Osteopatia?

Vorrei rispondere con un aneddoto dei tempi in cui ero al Policlinico, nel 1985, e il mio professore di fisiatria mi disse di non andare in Francia a studiare l’Osteopatia che tanto non sarebbe mai stata riconosciuta in Italia, dove nulla sarebbe mai cambiato. Mi sono diplomato nel ’92 e dal ’90 ho sempre esercitato come osteopata. Penso che dopo questo periodo che si annuncia ricco di cambiamenti, le scelte coraggiose ed oculate paghino.