È ancora in salita il percorso per il riconoscimento dell’osteopatia come professione sanitaria: lo scorso 7 aprile sono stati presentati due emendamenti da Emilia Grazia De Biase, referente del disegno di legge 1324 Lorenzin per le professioni sanitarie non ancora regolamentate.

Nel comma 1 del testo si richiede una laurea abilitante o un titolo equipollente per l’esercizio della professione sanitaria.
Il comma 2 prevede un accordo tra Stato e Regioni che stabilisca i criteri per il riconoscimento dei titoli equivalenti.
Il comma 3 stabilisce che l’albo per la professione sanitaria di osteopata sia istituito “presso l’Ordine dei Tecnici di radiologia e delle professioni sanitarie tecniche, della riabilitazione e della prevenzione“.

Ricordiamo che i punti più rilevanti del DdL Lorenzin sono l’istituzione della professione sanitaria dell’osteopata, laurea magistrale a ciclo unico in osteopatia (5 anni e 300 crediti formativi ETCS). Tale piano di studi garantirebbe tra l’altro una regolamentazione della figura sanitaria dell’osteopata simile a quella presente in altri paesi europei) e riconoscimento ed equipollenza dei titoli. L’osteopatia è definita dall’Organizzazione Mondiale della Sanità (OMS) come una professione sanitaria di contatto primario con competenze di diagnosi, gestione e trattamento esclusivamente manuali dei pazienti indirizzata a tutti, dal neonato all’anziano.

L’osteopata, attraverso un approccio clinico manuale specifico, individua la disfunzione somatica che evidenzia una funzione compromessa o alterata delle componenti relative alla struttura corporea. Questa viene successivamente corretta dal professionista utilizzando la più appropriata tra un’ampia serie di tecniche manuali.



La sua efficacia deriva dalla ricerca scientifica, cresciuta sia a livello internazionale che nazionale, anche grazie ad un sempre più ampio gruppo di ricercatori italiani.

 Oltre due milioni di italiani fanno ricorso a questa disciplina e su di loro ricadono diversi disagi“, sottolinea Paola Sciomachen, presidente del Registro Osteopati Italiani (ROI). Ad esempio “ad oggi i trattamenti osteopatici non sono detraibili sul 730, inoltre il cittadino non ha garanzie sul professionista, perché esistono molti percorsi formativi ma di diversa qualità“.
Iniziato ben due anni fa, l’iter ha molta strada davanti, visto che dovrà poi passare alla Camera. “Davamo per scontate le difficoltà – conclude Sciomachen – ma abbiamo avuto la dimostrazione che l’esigenza dei cittadini è ben percepita dalla politica e dal Ministero della Salute”.

Ad oggi risulta dunque indispensabile la necessità di un quadro normativo di riferimento per i professionisti e per i tanti pazienti che ricorrono all’osteopatia traendone benefici.

 

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