L’utilizzo inappropriato del taglio cesareo (Tc) non si associa a migliori esiti perinatali per le donne e per i bambini: è quanto afferma l’Organizzazione mondiale della sanità (Oms) nell’ultima dichiarazione diffusa il 10 aprile scorso “Who Statement on Caesarean Section Rates”.

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Dalla revisione sistematica degli studi sul “tasso ideale” di cesarei a livello di popolazione, l’OMS ha stabilito che
a livello di popolazione, i tassi di Tc superiori al 10-15 per cento (tetto massimo di parti cesarei stabilito dall’OMS) non sono associati a una riduzione del tasso di mortalità materna e infantile.
Benché lo studio evidenzi la necessità di proseguire la ricerca per studiare le ricadute di salute immediate e future degli interventi di taglio cesareo, comprese le implicazioni psicosociali della relazione madre-bambino, gli esiti pediatrici, la salute psicologica delle donne e la loro capacità di avviare con successo l’allattamento al seno, lo statement sul taglio cesareo dell’Oms è una nuova esortazione a rientrare in un numero appropriato di parti cesarei, in relazione alla popolazione ma anche alla diversa composizione degli utenti che si rivolgono ai diversi centri nascita.

Anche in Italia, per esempio, le Regioni con tasso di Tc inferiore alla media nazionale presentano una minore mortalità materna e neonatale rispetto a quelle con tassi più elevati. Nonostante ciò il nostro Paese risulta essere sempre in controtendenza sotto vari punti di vista: non solo è tra le Nazioni europee con il più alto tasso di parti cesarei (36,3 per cento nel 2013 contro la media UE del 27 per cento), ma è proprio negli ospedali di primo livello con basso numero di nati annui (anche privati), che si verificano più tagli cesarei, rispetto alle strutture con un elevato flusso di parti e in grado di assistere le gravidanze patologiche.



La novità del nuovo documento OMS è la proposta di utilizzare la classificazione di Robson che divide le pazienti sottoposte a TC in 10 classi definite in base alla parità, numero di feti, presentazione fetale, età gestazionale e decorso del travaglio e del parto come descritto nella figura sotto. Si tratta di un approccio metodologico atto a promuovere una maggiore appropriatezza nell’assistenza al percorso nascita e una riduzione dei Tc, perché permette di definire, monitorare e confrontare nel tempo i tassi di Tc nei presidi ospedalieri e in diverse popolazioni di riferimento.

L’Osteopatia non può che sostenere questa ennesima dichiarazione Oms, così come l’importanza di partorire naturalmente e del ruolo centrale, attivo, della donna nel momento del parto.
Sappiamo bene che l’organizzazione delle strutture e la formazione degli operatori ormai fortemente proiettati verso una medicalizzazione del parto, è di forte ostacolo alla realizzazione di questo obiettivo. Ci auguriamo comunque che le nostre donne, grazie a una sempre maggiore consapevolezza e informazione, possano svincolarsi da e abbracciare il principio di parto veramente naturale, come professato da grandi maestri come il ginecologo Michel Odent.

Classificazione di Robson

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