Meno complicazioni per il parto naturale in casa rispetto a quello in ospedale. E’ quanto emerge da un recente studio olandese pubblicato il 13 giugno 2013 sulla prestigiosa rivista British Medical Journal .

Condotto da ricercatori dell’University Medical Center di Amsterdam, del Leiden University Medical Center e della Radboud University Nijmegen Medical Center, questo studio di coorte nazionale ha coinvolto, nel biennio agosto 2004-agosto 2006, quasi 147mila donne olandesi considerate tutte “a basso rischio”, cioè  con parti singoli e naturali e con un travaglio spontaneo tra la 37esima e la 42esima settimana di gestazione. Di questo campione, 95mila donne avevano optato per il parto in casa – estremamente diffuso e favorito nei Paesi Bassi – e 55mila in ospedale. La ricerca ha consegnato un quadro certamente – e sfortunatamente per noi – in controtendenza rispetto all’Italia, dove invece si partorisce prevalentemente in ospedale con un tasso di ricorso al cesareo  tra i più alti d’Europa. Un esempio positivo, invece, proviene proprio dai Paesi Bassi, dove la percentuale di parti cesarei si attestata appena al 15 per cento e dove 1 donna su 3 decide di partorire in casa con l’ausilio delle ostetriche.

Stando ai risultati dello studio olandese, il parto in casa conferisce un rischio più basso sia per le donne al primo parto che soprattutto, per quelle al secondo e terzo figlio rispetto a complicanze quali eclampsia, grave emorragia post-parto e necessità di rimozione manuale della placenta.

Sui rischi dell’eccessiva medicalizzazione della gravidanza, leggere l’articolo “Basta ai parti troppo medicalizzati”, pubblicato su Tuttosteopatia.it.



Per maggiori informazioni sul tema, consultare gli approfondimenti sul Parto Naturale nella sezione Osteopatia e Gravidanza.

Tricotomia (rasatura dei peli nella zona perineale) e il clistere evacuativo; induzione e/o accelerazione del travaglio con farmaci; posizione litotomica durante travaglio e parto; continuo monitoraggio cardiotocografico; l’utilizzo di farmaci analgesici; la spinta espulsiva a “comando” o l’episiotomia o, ancora, l’allontanamento del neonato dalla madre per procedure non urgenti, sono solo alcuni dei possibili aspetti caratterizzanti il momento del parto in ospedale.
Al contrario, affinché un parto sia veramente naturale, deve esserlo in tutte le sue fasi; ciò significa senza l’utilizzo di farmaci, interventi ostetrici manuali o strumentali. Questo può discostarsi molto rispetto a quello che in molti ospedali viene chiamato “parto spontaneo”, il quale a volte può avere molto poco di naturale.

Per spiegare quanto sia “contro natura” l’eccessiva medicalizzazione del travaglio e del parto, è necessario partire da un assunto fondamentale, e cioè che tutta la fase che precede l’espulsione è regolata dal sistema parasimpatico. Per cui affinché si verifichi questa condizione è indispensabile, come quando si cerca di addormentarsi, stabilire un livello di privacy che consenta di avere buio, assenza di rumore, calore, libertà di movimento ricerca della posizione migliore, percezione di sicurezza. Esattamente il contrario di ciò che avviene in una tipica sala parto italiana, dove la luce serve agli operatori per guardare cosa succede, il via vai di persone che entra ed esce è più intenso che in un porto di mare; le grida sono il sottofondo musicale e la scansione degli orari e dei turni è la regola.

Nonostante le ricerche scientifiche ne dimostrino l’inutilità, il monitoraggio costante e il lettino di “tortura” sono il protocollo standard.
In ultimo potremmo spiegare come l’uso dell’iperventilazione attivi il sistema ortosimpatico e cioè il contrario di quello che serve in quella fase del parto. Ma questo ve lo racconto in un prossimo articolo.

Intanto vi invito a consultare questo sito dove troverete raccolte tutte l ricerche scientifiche che avvallano tutto quello che abbiamo sostenuto: BirthWorks.org