Nuovo approccio manipolativo – arto superiore è un manuale innovatore. Edito dalla ESOMM – European Society of Osteopathy and Manual Medicine, l’ultimo lavoro di J.P. Barral e A. Croibier presenta un nuovo concetto di possibilità di azioni su un’articolazione ed un approccio differente di trattamento articolare manuale.
Tradizionalmente, le manipolazioni osteopatiche si dividono secondo due assi: le manipolazioni strutturali e le manipolazioni funzionali.

Qualunque siano le modalità utilizzate, queste manipolazioni mirano innanzitutto ad eliminare una perturbazione della mobilità articolare, denominata secondo i medici o le scuole: fissazione, disfunzione, disturbo articolare minore… Esse si applicano a ridare all’articolazione una migliore mobilità, generalmente per alleviare i dolori locali o per permettere un riequilibrio globale del corpo.
Infatti, la manipolazione articolare è anche un modo di azione inserito in una prospettiva terapeutica globale. Supera la singola azione locale articolare.
Quando si tratta di patologie articolari più gravi, e non di semplici disfunzioni, il trattamento manuale risulta più difficile da mettere in pratica.
Ciò succede in caso di artrosi invalidante, di artrite o di infiammazione articolare.
A volte, è capitato di modificare totalmente la forma delle superfici articolari o la configurazione dell’articolazione. Per esempio, succede dopo gravi fratture o nei postumi di grossi interventi chirurgici dell’apparato locomotore. Per tutti questi pazienti, le manipolazioni abituali sono difficili da eseguire e possono perfino rivelarsi inadeguate. Di conseguenza, il nostro approccio può sostituirsi alle manipolazioni convenzionali, come i thrust, o aggiungersi a queste secondo il caso.

Questo nuovo approccio manipolativo trova anche delle utilizzazioni interessanti in pediatria e in geriatria. Le tecniche, precise ed indolori, possono essere realizzate senza pericolo e in modo efficace su un bambino o una persona anziana.
Il nostro approccio s’interessa ai casi iperalgici e complessi o alle articolazioni da considerare più “fragili” o più “suscettibili”. Mira ad alleviare o eliminare il dolore e a restituire un funzionamento articolare soddisfacente, senza perdere di vista la visione globale cara alla nostra professione.



Modelli articolari

Nel campo dell’osteopatia e della medicina manuale, prevale il modello osseo da diversi anni, sia per la diagnosi che per il trattamento articolare. Gli osteopati, in materia di articolazione, sono per lo più “concentrati sull’osso”. La loro visione dell’articolazione è quasi “radiografica”.
Solitamente, l’articolazione è pensata come l’incontro tra due estremità ossee, ricoperte di cartilagine, più o meno congruenti, nelle quali però gli altri costituenti articolari sono in genere poco presenti.
Si aggiunge generalmente a questa rappresentazione di base, spesso indotta da un certo riduzionismo biomeccanico, degli assi e dei piani di mobilità che condizionano la realizzazione delle manipolazioni.
Le tecniche articolari si ritrovano così focalizzate su delle relazioni di “forme” osteo-cartilaginee, per la realizzazione dei test e per quelle delle correzioni.

La nostra prospettiva

Consideriamo che un’articolazione è composta da numerosi sottosistemi, le cui interazioni creano un insieme complesso.
Questo concetto ci permette di affrontare il funzionamento articolare con una visione più “integrativa”. Una buona funzione articolare necessita non solo che ogni sottosistema sia integro, ma che collabori anche con gli altri.
Si possono distinguere sette sottosistemi di base che contribuiscono alla funzione articolare. Alcuni elementi anatomici possono appartenere ad uno o più sistemi. In un primo tempo, è più semplice focalizzarsi su queste funzioni che sulle strutture anatomiche.