Non è un errore di trascrizione e neppure un caso eclatante riportato in letteratura: l’esistenza di questi nervi cranici è risaputa da più di un secolo. Quello che emerge dai diversi articoli scientifici anatomici è che, spesso, i libri di anatomia descrittiva non tengono in considerazione molte variabili, come le diversità legate all’area geografica in cui le persone vivono, dove, invece, sussistono differenze reali. Questo è un concetto importante, non solo per i Chirurghi, ma anche per tutte le figure che impiegano tecniche manuali per trattare i pazienti, dagli Osteopati ai Chiropratici, ai Fisioterapisti e ad altri Operatori manuali. Questo articolo vuole mettere in luce le ultime novità su questi due nervi cranici, con spunti di riflessione per quadri sintomatologici, all’apparenza poco correlati, ed eventualmente, a stimolare l’inclusione di tali nozioni nell’anamnesi consueta.
Scoperta recente?
Il tredicesimo nervo cranico è conosciuto anche come nervo zero, o nervo N (nervo terminale o NT). Fu identificato per la prima volta nel 1870 nei pescecani e in altre tipologie di pesci, a cui fu dato il nome di nervo di Pinkus; solo dal 1905 iniziò a prendere il nome di terminale, poiché fu identificato come entrante nella regione della lamina terminale (delimita l’estrema parete anteriore del terzo ventricolo e compone, nella sua porzione inferiore, al davanti del chiasma, il recesso ottico), in altre specie animali (40). Da un punto di vista osteopatico, tale area, può divenire un punto di disfunzione per la cinetica cranica, con vari quadri sintomatologici (20), dando un’idea iniziale dell’importanza e complessità del nervo. Testi più recenti del 1987, lo designarono come nervo zero, in quanto è il più rostrale di tutti gli altri nervi cranici. La prima citazione ufficiale, però, in un articolo di anatomia umana, è del 1945 (40). Perché non è citato regolarmente in letteratura? Semplicemente perché, durante dissezioni anatomiche, togliendo la dura madre, viene strappato via, e non si riscontra durante la ricerca. È sufficiente che la pia madre rimanga intatta, e si ritrova tra i peduncoli olfattivi e la parte rostrale del chiasma ottico (40).
Il tessuto che collega il nervo alla pia, è di tipo connettivale (40); come Osteopati, questa nozione sarà utile per collegare una sua disfunzione al movimento cranio-sacrale.
Il quattordicesimo nervo cranico fu identificato per la prima volta nel 1563, ma venne reso noto in un testo, solo nel 1777, come nervo di Wrisberg (3). Nei testi moderni, invece, prende il nome di nervo intermedio o intermediario (3). Prende il suo appellativo, dal fatto che è posto in una posizione intermedia tra il nervo facciale (VII), e la porzione superiore del nervo vestibolare (VIII) (39). La sua nomea è legata ad un disturbo di otalgia, e ad interventi chirurgici correlati, mettendo in luce l’entità indipendente del nervo, e non come una mera ramificazione del VII.
Nervo N
L’anatomia è ancora un ambito ricco di sorprese: nulla è mai certo, rispetto alle conoscenze tutt’ora acquisite. Ricca è la bibliografia di dissezioni anatomiche, per dimostrare le numerose variazioni sul corpo umano (18; 22; 28; 29).
Il nervo N nel modello umano, è costituito da un piccolo fascio di nervi, con fibre non mielinizzate, nella parte più rostrale rispetto agli altri nervi cranici, interessando il tronco encefalico/bulbo olfattivo (40). Esso passa nella regione mediale della stria olfattiva, mediale allo spazio perforato anteriore, interessando il Rectus Gyrus della superficie orbitale dei lobi frontali, arrivando lateralmente alla Crista Galli, e attraversando, infine, il piatto cribriforme dell’osso etmoidale, in una modalità di passaggio più mediale e, profondamente rispetto ai fasci del nervo olfattivo (9; 13; 30; 40).
Nell’uomo adulto è molto sottile, ma è ben distinguibile nella fase fetale (40). Possiede un piccolo ganglio, con riscontro di afferenze non ben chiarite (40): ciò significa che potrebbe avere delle funzioni residue, suffragando la nozione di inserirlo in un contesto di valutazione e trattamento. Topograficamente e, probabilmente, funzionalmente, ha rapporti con il nervo olfattivo, come in molte specie si comprova (43). Embriologicamente parlando, deriverebbe dall’area delle cellule olfattive, mentre secondo altri autori, dalle creste neurali (41), ma sempre dall’ectoderma (42). Secondo alcuni testi, avrebbe rapporti anche con il nervo nasopalatino, direttamente o tramite il sistema simpatico (6). Ricordiamo, che a livello del naso, riscontriamo il nervo nasopalatino, che innerva la porzione della cavità nasale, facente parte della porzione mascellare del trigemino, e il nervo etmoidale, che interessa la mucosa anteriore nasale e la superficie esterna, derivante dal ramo oftalmico, sempre del nervo trigemino (36)
Un fatto anatomico interessante, è che il nervo in questione, ha contatti con piccoli vasi sanguigni (40), e questo potrebbe significare un diretto contatto con tutto il sistema corpo. In alcune specie animali, inoltre, ha rapporti anche con la retina, presupponendo un’influenza di tale nervo alla luce (45).
Non esiste a tutt’oggi un’uniformità di opinioni sulla funzione di tale nervo, ma solo ipotesi o indicazioni, non completamente appoggiate su prove inoppugnabili (46). Si possono fare, però, delle congetture, basandosi su quanto la letteratura offre attualmente.
Quello che emerge dai vari studi, è che il nervo N potrebbe essere collegato in qualche modo, alla funzione riproduttiva. Il nervo N è in grado di secernere, o di stimolarne la secrezione, dell’ormone rilasciante l’ormone luteinizzante (LHRH luteinizing hormone releasing hormone), chiamato anche ormone rilasciante gonadotropine (gonadotropin-releasing hormone GnRH), in diverse specie animali (34; 40 ;41). Quest’ormone ha il compito di coordinare l’asse ipotalamo-pituitaria-gonadi (8; 44). Negli animali, tale nervo è più facilmente riscontrabile, e le sue azioni sono più intuibili: controllerebbe il comportamento sessuale e riproduttivo (9; 16; 21; 26). A partire dall’area nasale, probabilmente grazie alla stimolazione del nervo N, si attivano una serie di cascate ormonali, collegate, infine, al sistema riproduttivo (35; 37; 43).
Un’ipotesi, quindi, è che il nervo N sia in grado di avviare una risposta endocrina, direttamente, o tramite il connubio con strutture nervose, come con la rete neurale delle kisspeptine. Questo gruppo di neuroni negli umani, si riscontra, in particolare modo, a livello dell’area pre-ottica, e nell’area medio-basale dell’ipotalamo (nucleo infundibulare), e soprattutto nel sesso femminile (19). Questo significa che le donne potrebbero essere più soggette all’influenza del nervo N? Non lo sappiamo ancora. Sicuramente, nel periodo di ovulazione, il senso olfattivo delle donne è più acuto (40). Inoltre, l’area in questione, nel modello umano, è fonte d’interesse per il comportamento sessuale, anche se mancano testi determinanti (31). Generalmente parlando, nell’uomo, le vie per stimolare una risposta ormonale, possono collegarsi all’epitelio nasale (tramite recettori chemosensitivi), oppure, tramite legami sconosciuti con i ferormoni (4; 21; 32; 38).
Secondo studi su modello umano, il nervo N possiede dei collegamenti diretti con il sistema limbico, quantomeno in ambito fetale, e quindi, con il sistema olfattivo (40). Avrebbe, inoltre, sempre su modello umano, la capacità di immagazzinare dei piccoli polipeptidi (LHRH, acetilcomina, e neuropeptide Y) (40); quest’ultimo si ritrova anche nell’amigdala, con diverse funzioni nell’influenzare comportamenti, e altro ancora, come la nocicezione (14).La tendenza attuale, è quella attribuire al nervo la capacità di influenzare il comportamento sessuale, o quantomeno, questa potrebbe essere la sua funzione principale, anche se non sappiamo sino a che punto. Tramite ferormoni, quindi, stimolerebbe le LHRH, migliorando di riflesso l’olfatto, o la selezione degli odori; tale cascata di eventi, andrà a interessare il comportamento sessuale (40). Si specula che il nervo N abbia afferenze provenienti dai gangli simpatici del tratto cervicale superiore, o dal ganglio pterigopalatino (40). Ipotesi interessanti, ma ancora in attesa di conferme.
Ricordiamo, per concludere, che il sistema trigeminale è in grado di venire stimolato dagli odori (12; 36). Se venisse confermato un collegamento con i gangli simpatici cervicali, e il sistema trigeminale, con il nervo in questione, avremmo uno strumento di comprensione più ampio, nel chiarire alcune problematiche di cervicalgia, collegate ad esempio, al ciclo mestruale o alla rinite cronica. Oppure, si potrebbero collegare dei disturbi di comportamento sessuali legati a dolori trigeminali. Si possono fare molte altre ipotesi, ma quello che è certo, è che il corpo è un’unica unità, e che ogni sua struttura per funzionare in una corretta omeostasi, necessità di una collaborazione armonica tensegretiva, non solo fasciale, ma anche immunologica, neuro-endocrina e psicologica. Ci sono delle ricerche recenti a proposito dell’olfatto, che mettono in relazione un’alterazione olfattiva con il riscontro di patologie psichiatriche e di comportamento, o patologie definite puramente neurologiche (7; 11; 33). Inoltre, stanno venendo alla luce degli articoli che parlano dell’olfatto come un altro strumento, e senso, necessario per permettere un’attenzione maggiore in soggetti coscienti (17). Una probabile connessione con il nervo olfattivo e il nervo N, apre ulteriori scenari di quadri sintomatologici, ma attendiamo ulteriori studi.
Nervo intermedio
Il nervo intermedio (I) è sempre stato considerato come una ramificazione del nervo faciale, quest’ultimo è complesso (24; 27), e con connessioni ancora poco note (10). In realtà il nervo intermedio è una distinta e indipendente struttura nervosa (1; 15). Esso possiede quattro differenti variabili anatomiche di origine, secondo studi su cadaveri: si può riscontrare direttamente dal tronco encefalico e ben distinguibile come fascio di fibre nervose; sovrapposto al settimo nervo cranico; sovrapposto all’ottavo; o per finire, con origini multiple che vanno ad interessare un area più ampia, ma sempre del tronco encefalico (1). Secondo questo studio, le sue ramificazioni si contano da 2 a 5, e non 4, come sempre considerato (1). Contiene delle efferenze viscerali, consistenti di fibre pre-ganglioniche parasimpatiche, le quali andranno ad interessare le ghiandole lacrimali, sottomandibolari e sottolinguali, e ghiandole salivari minori; è molto corto, e non supera i 21 millimetri (15; 25). Queste efferenze contattano anche il ganglio pterigopalatino, passando attraverso la base del processo pterigoide dell’osso sfenoide, entrando nel canale vidiano o canale pterigoide, raggiungendo la fossa pterigopalatina e costruendo rapporti sinaptici con il ganglio omonimo (15). Un’altra porzione di tali efferenze pre-ganglioniche parasimpatiche arriva al ganglio genicolato (orecchio medio), con un percorso parallelo alla componente motoria del VII, sino a raggiungere la porzione timpanica e il nervo della corda timpanica (derivante dal nervo faciale) (5; 15). Le sue afferenze, invece, derivano dai recettori siti nella conca dell’auricola, una piccola area dietro l’orecchio, dallo strato esterno della membrana timpanica, e parte del muro del canale uditivo esterno (15). Inoltre, derivano afferenze dai recettori del gusto localizzati nella porzione anteriore dei due terzi della lingua, dal pavimento della bocca e parte del palato, dalle mucose del naso e nasofaringe, probabilmente grazie al collegamento con il nervo linguale (trigemino) e dal nervo della corda timpanica (faciale) (3; 15). Secondo la maggioranza dei testi presi in esame, questo nervo ha valore sensitivo, eppure, è stato dimostrato che possiede anche delle efferenze motorie; infatti, con studi di elettrofisiologia durante interventi su viventi, una sua stimolazione ha portato alla contrazione del muscolo orbicolare della bocca (composto da 4 segmenti), evidenziandone ulteriormente la separazione con il nervo faciale (3). Da un punto di vista anatomico, per le sue connessioni dirette con il nucleo genicolato, il ganglio pterigopalatino e il tronco encefalico, e da una visione elettrofisiologica, si inizia a valutare il nervo intermedio come una struttura nervosa con identità propria (3). Si possono fare delle riflessioni interessanti. Innanzitutto, il nervo I ha dei collegamenti indiretti con il sistema trigeminale (15), inoltre, quando si contatta con il nervo della corda timpanica, diventeranno un tutt’uno, e tale nervo diventerà poi extra-cranico, tramite la fessura petro-timpanica (15; 39). Continuando nelle riflessioni, se un’articolazione temporo-mandibolare non funziona correttamente per diversi motivi, il ganglio pterigopalatino può essere disturbato; questo, di riflesso, potrebbe alterare le funzioni del nervo in questione. Ampliando, infine, lo sguardo al nervo, il medesimo nervo I, possiede delle fini anastomosi con il nervo VII e VIII, a livello di origine (3); si può dedurre che un disturbo di uno di questi due nervi, potrà influenzare la fisiologia del nervo I, e, viceversa, alterare le funzioni dei primi due nervi cranici.Nella letteratura recente, il nervo intermedio è noto per delle problematiche che può dare, seppure in casi non frequenti, con sintomatologia come un’otalgia parossistica (secondi o minuti), e ad alterazioni della lacrimazione e salivazione, così come nella percezione del gusto; tale disturbo prende il nome di neuralgia genicolata, o neuralgia del nervo intermedio, o sindrome di Tolosa-Hunt (15; 25; 39). Le cause sono diverse, e si va dal tumore alla compressione vascolare, ma per lo più, idiopatiche (2; 3; 23; 25).
Da considerare, infine, la presenza di piccola vena, limitrofa al nervo I, la vena intermedia (1), con possibilità di disturbarne la funzione elettrica, in caso di un inadeguato ritorno venoso. Sappiamo, come Osteopati, che un drenaggio inadeguato del sistema venoso cranico, può portare a differenti disfunzioni dei nervi cranici (20), e tale informazione ci può essere utile nel comprendere e tentare di trattare i sintomi citati nell’articolo.
Conclusioni
Alla luce delle informazioni disponibili in letteratura e secondo diversi autori, andrebbe riscritta la nomenclatura nei nervi cranici. Si attendono ulteriori studi, per meglio capire i quadri sintomatologici che possono derivare da un’alterazione fisiologica delle loro funzioni, nonché una descrizione anatomica più dettagliata delle strategie mediche valide per meglio affrontare problemi correlati. Gli Autori dell’articolo hanno individuato delle strategie valutative e di trattamento per il nervo N e il nervo I, ma preferiscono esporre le loro ipotesi di lavoro manuale in un successivo testo.
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Molto interessante. Grazie mille per lo spunto di riflessione e di lavoro!
interessante approfondimento
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