Un certo Feuerbach diceva: “siamo quello che mangiamo”. Tale considerazione comunque più che verosimile è stata pensata per tutte quelle interazioni biologiche che hanno vita all’interno del percorso ontogenetico di una persona.

Considerando come lasso temporale la vita della specie umana, tale affermazione perde di significato e appare più corretto dire che “siamo diventati ciò che abbiamo mangiato”, e cioè è stato il materiale nutritivo che si è reso disponibile alle origini a determinare le leggi e l’anatomia del nostro apparato digerente e di tutto il sistema di estrazione e gestione delle energie.

I nostri arti, i nostri denti, la nostra bocca, il nostro secreto gastrico, le anse intestinali e la lunghezza del nostro tubo digerente sono tutte l’esito di una continua specializzazione biologica al fine di perfezionare il modello ergonomico di vita in un dato ambiente. Ciò vuol dire che, proprio come un pesce non può vivere fuori dall’acqua, anche ogni essere vivente è legato al proprio ambiente di derivazione. C’è da dire però che nel tempo organismi derivati dall’acqua si sono evoluti a tal punto da poter vivere sulla terra variando completamente il proprio organismo in una nuova specializzazione biologica.
Molto probabilmente però il passaggio non sarà stato facile e sarà costato grossi sacrifici al sistema biologico in questione.

Seguendo questa breve e semplice prefazione, appare logico e sensato pensare che le sensibilità alimentari non sono altro che il frutto dell’errato carburante utilizzato per la macchina umana. Se è vero che ci siamo sviluppati filogeneticamente su un determinato ambiente alimentare, è semplice comprendere che se noi variamo prepotentemente tali componenti, il nostro organismo innescherà delle reazioni avverse.

È vero anche che la macchina umana è una struttura altamente plastica e capace di adattarsi alle variazioni ambientali in modo da garantire la preservazione della specie anche in condizioni molto ostili. Tale capacità è una caratteristica soggettiva, ed è per questo, che nasce una differenziazione della propria sensibilità alla variazione del substrato e composto alimentare e cioè le sensibilità e intolleranze alimentari.

In un contesto sociale così confuso e viziato come oggi da culture alimentari controverse trovano posto teorie e mezzi molto distinti che intendono determinare quali siano gli aggregati molecolari maggiormente contrastanti con la fisiologica funzionalità del tubo digerente.

Una proposta apparentemente semplicistica di valutazione e comprensione delle interazioni aberranti da parte di una categoria alimentare e/o molecolare rispetto a un organismo in un determinato periodo di vita è la palpazione diretta del tubo digerente.
Se noi consideriamo che ogni categoria alimentare è scissa in un determinato ambiente digestivo, poiché la consistenza della categoria stessa e la richiesta enzimatica trova specificità in determinati distretti del tubo digerente, è plausibile ipotizzare che ogni categoria alimentare darà delle interazioni maggiormente manifeste in tale distretto. Ne consegue che è possibile creare una mappatura del tubo digerente e delle specifiche interazioni che consentono di discriminare tra le categorie alimentari disturbanti la funzionalità e fisiologia intestinale.

Come riprova di questa innovativa e rivoluzionaria teoria esistono già migliaia di casi risolti in termini di benessere e fisiologia intestinale, benessere e funzionalità dell’apparato muscolo-scheletrico, miglioramento della qualità della vita.

Un esempio rappresentativo di questo tipo di gestione è la risoluzione di patologie croniche come la pubalgia attraverso la rimozione della componente alimentare che gestisce l’origine disfunzionale dello squilibrio “retto-adduttorio”. In tale contesto sintomatologico, secondo le evidenze cliniche è possibile dichiarare che più dell’80% delle pubalgia hanno come componente disfunzionale e che determina solo in secondo luogo lo squilibrio e l’iper-sollecitazione entesica, la componente distensiva e/o irritativa del tubo digerente.

Origine disfunzionale della pubalgia determinata dalla componente espansiva del tubo digerente a livello pelvico.

 

Come ci evidenzia il caso clinico, la distensione del tubo digerente e il compenso antalgico in decompressione di questo, determinano un aumento del reclutamento della muscolatura addominale per contenere la prioritaria disfunzione del viscere. Ne consegue una reazione della muscolatura adduttoria al fine di mantenere un equilibrio funzionale in ortostatismo, a scapito però di un prepotente aumento della sollecitazione delle entesi pubiche.

Attraverso l’individuazione palpatoria della categoria alimentare implicata nella disfunzione del viscere è possibile costruire un modello alimentare altamente specifico per il soggetto e per la sintomatologia in questione, determinando una variazione prepotente dello schema posturale disfunzionale e una rapida remissione del sintomo.

 

Rimozione della categoria alimentare individuata attraverso la palpazione del tubo digerente
e conseguente risoluzione dello schema posturale disfunzionale e del sintomo.