Cari colleghi e amici,
da questo mese riprendiamo a pubblicare l’editoriale di Tuttosteopatia.it che, in quanto rivista registrata al tribunale, ha per legge un direttore responsabile che ogni mese vi terrà aggiornati su quello che succede nel panorama dell’osteopatia Italiana.

Come noto il 1° dicembre 2023 è stato pubblicato il secondo decreto sulla regolamentazione dell’osteopatia come professione sanitaria riguardante, nello specifico, il percorso formativo. Leggendo il testo, abbiamo visto riportato il profilo professionale, già pubblicato con D.P.R., il 131 del 7 luglio 2021, confermato l’inserimento dell’osteopatia nella classe di laurea L/SNT/4, accanto agli assistenti sanitari e ai tecnici della prevenzione nei luoghi di lavoro, aggiungendo nello specifico “e, infine, attività di prevenzione e mantenimento della salute tramite approcci e tecniche osteopatiche.”
La classe di laurea è stata modificata aggiungendo alcune materie più specifiche per l’osteopatia, nelle materie di base e nelle materie caratterizzanti, quali, per esempio, Scienze Osteopatiche, Scienze tecniche mediche e applicate, Medicina Fisica e Riabilitativa, Malattie dell’apparato locomotore.

Sembra che alcune Università private italiane siano già “pronte”, grazie ad accordi presi da tempo con alcune scuole di osteopatia resesi disponibili a offrire tutto il supporto necessario.

Supponiamo di non conoscere nulla fino a quando non sarà completato l’iter con il decreto sulle equipollenze, previsto – sembra – entro fine anno.

Quest’ultimo dei tre decreti dovrà risolvere almeno tre casi:

  • sanare la posizione degli oltre 15mila diplomati in osteopatia che hanno conseguito il diploma prima del 2018, valutarne il percorso formativo a partire dall’attendibilità delle scuole, quantificare i crediti generati dagli anni in cui si è svolta la professione e, quindi, indicare i documenti che ne certifichino lo svolgimento (fatture, iscrizione all’Inps ecc…);
  • stabilire il destino di tutti i ragazzi che si sono iscritti ad osteopatia dopo il 2018 e stanno ancora completando il loro percorso di studi all’interno delle scuole.

Innanzitutto mi sento di rassicurare questi futuri colleghi sul fatto che nessuno potrà levargli dalle mani le conoscenze osteopatiche che le scuole, come succede ormai da 30 anni, hanno dato a tutti noi e che difficilmente le Università potranno replicare allo stesso modo. Questo soprattutto all’inizio dei percorsi, anche solo per una questione di tempi: in soli tre anni è difficile poter “allenare una mano” con la stessa cura.

Ci auguriamo, comunque, che per il bene della nostra amata osteopatia, il percorso universitario venga strutturato con almeno due anni successivi al triennio, indispensabili per poter completare la formazione, avviando degli osteopati all’altezza della nostra storia.
Un’altra notizia interessante di questo mese per l’osteopatia italiana è la decisione presa dall’assemblea dei soci del Roi, che, con i suoi 4500 tesserati, rappresenta il principale punto di riferimento osteopatico per il ministero della Salute. La scelta è stata quella di prolungare il mandato del consiglio direttivo in carica di un altro anno e mezzo, consentendo  così di completare il processo legislativo ormai agli sgoccioli e traghettare tutti i suoi soci nel futuro albo professionale, il nuovo contenitore legislativo a cui tutti noi dovremo iscriverci obbligatoriamente per svolgere la professione.

Ci auguriamo che alla fine di questo passaggio il Roi continui a vivere e a promuovere la qualità del nostro lavoro, magari trasformandosi in una società scientifica o associazione tecnico-scientifica delle professioni sanitarie censita dal Ministero della Salute.