Quali sono i punti di vista e le esperienze degli osteopati sull’approccio osteopatico del tessuto cicatriziale? Considerano l’aspetto psicologico applicando il modello biopsicosociale nella gestione dei pazienti post chirurgici?
L’articolo che segue è a cura di Chiara Pangallo D.O BSc ed è l’incipit del suo lavoro di ricerca sull’approccio osteopatico del tessuto cicatriziale e la gestione dei pazienti post chirurgici per il quale si chiede la preziosa partecipazione degli osteopati affinché si possano esplorare punti di vista e esperienze osteopatiche su questo approccio.
L’obiettivo primario dello studio qualitativo sarà quello di capire il ragionamento clinico osteopatico applicato nella valutazione e nell’approccio dei pazienti che presentano cicatrici; quello secondario sarà comprendere il pensiero degli osteopati riguardo al modello biopsicosociale applicato ai pazienti che presentano cicatrici in seguito ad un intervento chirurgico, capire se nella loro routine clinica ritengono che lo studio dello stato psicologico dei pazienti sia essenziale per promuovere il loro recupero fisico e psicologico.È possibile partecipare allo studio in forma anonima. Sulle modalità di partecipazione degli osteopatia interessati: scaricare questo documento esplicativo.
Le cicatrici sono un elemento ricorrente nella vita delle persone. Ogni anno, infatti, diversi milioni di pazienti sviluppano cicatrici e, in circa la metà di questi, l’insorgenza viene attribuita agli interventi chirurgici (Longaker; 2010).
Risulta perciò fondamentale per gli osteopati comprendere le diversi fasi di guarigione del tessuto leso, le caratteristiche anatomico-fisiologiche del processo di riparazione tissutale, le diverse complicazioni che possono insorgere, le intrinseche connessioni con il sistema corporeo ed essere consapevoli dell’applicazione dei diversi approcci manipolativi osteopatici.
Inoltre, uno degli aspetti principali da considerare nella gestione delle cicatrici è comprendere che la cute è un organo, e come qualsiasi altro sistema, possiede diverse funzioni e collegamenti con il sistema nervoso centrale e periferico, diventando un tessuto compartecipe dell’adattamento generale del corpo umano nella sua globalità. La cute ha, quindi, la capacità di generare sostanze che gli permettono di comunicare e relazionarsi con altre parti del corpo, anche distanti, attraverso il fenomeno della meccanotrasduzione (ovvero la risposta chimicobiologica e metabolica alla tensione). Ciò implica che, nel momento in cui la continuità del tessuto connettivo o i diversi processi di guarigione sono alterati, possono insorgere anche sintomi non necessariamente cutanei o locoregionali (Bordoni e Zanier, 2014).
Studi, ad esempio, hanno dimostrato come le cicatrici possono provocare, oltre al dolore nell’area cicatriziale stessa, dolore al rachide, agli arti e alle spalle (Lewit e Olsanska, 2004, Kobesova et al., 2007). Questo si può comprendere bene da alcuni esempi riportati nello studio di Bordoni e Zanier (2014), dove venivano analizzate le diverse connessioni anatomiche trai il sito di localizzazione della cicatrice, come ad esempio la caviglia, e l’insorgenza del dolore in sede distanti, come il dolore al rachide dorso- lombare.
Partendo dalle evidenze di alcuni studi che dimostrano che le cicatrici e le aderenze localizzate alla caviglia possono alterare la dinamica del passo e la corretta distribuzione dei carichi, Bordoni e Zanier (2014) ipotizzano la possibile insorgenza di una disfunzione vertebrale a livello metamerico, disfunzione attribuita ad una alterazione delle afferenze inviate al sistema nervoso centrale, con conseguente alterazione delle efferenze di ritorno alla caviglia e a tutto il sistema motorio, che si traduce in una sintomatologia dolorosa, a causa di un aumento anomalo del tono muscolare e di carichi non correttamente distribuiti, con conseguente alterazione posturale.
Un’altra possibile causa del dolore lombare, spiegato in questo studio attraverso il modello neurologico, è data dall’intrappolamento del nervo peroneo. Questo deriva dal nervo sciatico, il quale, data la presenza delle aderenze create dal tessuto cicatriziale, presenta un’alterata capacità di scorrimento attraverso i tessuti, portando a stirare e comprimere la radice del nervo sciatico, causando irritazione, infiammazione e dolore.
Effettuando invece un ragionamento clinico osteopatico attraverso il modello biomeccanico viene analizzata la connessione tra la fascia glutea, la fascia femorale e la fascia tibiale la quale coinvolge tibia e perone fino d avvolgere l’intero piede.
La connessione tra la cicatrice presente a livello della caviglia e l’insorgenza del dolore lombare viene spiegata in questo caso attraverso il muscolo grande gluteo. Questo infatti viene avvolto sia dalla fascia toraco-lombare sia dalla fascia degli arti inferiori. In tal caso nello studio viene ipotizzato che la presenza di aderenze, restrizioni di mobilità, presente nella fascia degli arti inferiore viene trasmessa alla fascia toraco-lombare con conseguente insorgenza di lombalgia o disfunzioni dei cingoli scapolari . Tutto ciò può portare inoltre ad una restrizione di mobilità del tratto dorso-lombare e del diaframma toracico.
Quali risultati si possono ottenere attraverso la terapia manuale e come l’osteopatia può agire in presenza di tessuto cicatriziale?
Nonostante si parli spesso dell’importanza del trattamento delle cicatrici, si prende poco in considerazione l’effetto della terapia manuale e, in particolare dell’osteopatia, attraverso prove scientifiche sulle stesse.
A tal proposito, alcune delle tecniche manuali applicate al tessuto cicatriziale hanno creato diverse prove a sostegno della terapia manuale. I risultai clinici mostrano una migliore mobilità, una riduzione del dolore così come un miglioramento dell’aspetto delle cicatrici.
La revisione sistematica condotta da Shin e colleghi (2012) ha rivelato che la terapia manuale applicata alle cicatrici chirurgiche porta ad un sostanziale miglioramento nella Patient and Observer Assessment Scale (POSAS), o sull’aspetto della cicatrice. In questo studio venivano utilizzate tecniche diverse e mancavano di misurazioni oggettive standardizzate, tuttavia, non stati analizzati eventuali alterazioni per quanto riguarda il dolore .
A tal proposito in uno studio in cui è stata eseguita una mobilizzazione manuale del tessuto cicatriziale, comparso in seguito un’appendicectomia, hanno ottenuto benefici immediati sul dolore riferito al quadrante inferiore addominale, in zona inguinale e lombare (Kobesova A. et al. 2007).Risultai simili sono stai ottenuti in altri 2 studi, per quanto riguarda il dolore cronico dopo intervento chirurgico Addominale (Wasserman et al., 2018, 2019).
Wilk e colleghi (2014) e precedentemente un altro studio effettuato nel 2003 (Post-White et al. 2003), hanno dimostrato buoni risultati sulla dolorabilità della cicatrice post-operatoria, ottenendo un rilascio del tono muscolare all’interno del cingolo scapolare e un miglioramento della sensazione generale del paziente, immediatamente dopo la terapia e dopo 1 mese di follow-up.
Tuttavia, anche se la maggior parte degli osteopati si avvalgono comunemente di diversi approcci, c’è poca letteratura sulle tecniche utilizzate.
Seguendo i principi dell’osteopatia la sola terapia manuale è sufficiente nel trattamento dei pazienti che presentano cicatrici?
Come accennato in precedenza la cute è connessa, sia in modo afferente che efferente, all’intero sistema corporeo, a tutti i sistemi, comprese le emozioni.
L’osteopatia considera sempre la mente ed il corpo come due cose che non possono essere disgiunte. Per questo, anche con le cicatrici, si fa sempre riferimento alla persona nel suo complesso e non soltanto alla zona in cui si è formato il tessuto cicatriziale.
È stato analizzato in precedenza come il risultato finale del processo di riparazione tissutale possa influenzare mobilità, postura, provocare dolore e disabilità alle persone, tuttavia ,non bisogna dimenticarsi che la cicatrice può essere associata ad una serie di disagi legati alla sfera psicologica.
L’estetica delle cicatrici può, infatti, avere anche un’influenza negativa sui fattori psicosociali. Molti pazienti, infatti, mostrano insoddisfazione dell’aspetto delle cicatrici, inoltre, soffrono di ansia e percepiscono che la presenza delle cicatrici interferisce con le attività della vita quotidiana (Ngaage M. et al,2018).
Altri studi hanno trovato una correlazione tra cicatrici e depressione (Roh YS et al.,2012; Hellgren EM et al.2013).
Lo stress psicologico deve essere riconosciuto come un fattore di rischio per l’insorgenza di cheloidi in pazienti che hanno subito un intervento chirurgico (Furtado et al, 2012). È stato dimostrato, infatti, come diversi meccanismi legati allo stress, come l’isolamento sociale, possono influenzare la guarigione delle ferite (Pyter LM et al,2014).
Il primo principio dell’osteopatia afferma infatti che “Il corpo è un’unità; la persona è un’unità di corpo, mente e spirito.” Lo studio dello stato psicologico dei pazienti, utilizzando il modello biopsicosociale, quindi è di fondamentale importanza nell’approccio osteopatico per promuovere il loro recupero fisico e psicologico?