Quella comunemente nota come plagiocefalia, la deformazione della testa del neonato, è solo una delle più comuni conseguenze di un processo del tutto naturale: lo schiacciamento della testa del neonato durante il passaggio della testa del feto lungo il canale del parto. Il processo, data l’estrema malleabilità del cranio del nascente, determina un modellamento delle ossa craniche ed uno stimolo meccanico essenziale per uno sviluppo regolare di tutto il corpo.

Poiché tutti i tessuti posseggono una propria memoria, questo momento delicatissimo può restare impresso nella memoria del neonato. Fino ad oggi erano oscuri i momenti e i meccanismi di deformazione del cranio durante il parto. Per cui, non restava che agire a posteriori, in base all’evoluzione della scatola cranica del bambino. Quando la naturale deformazione del cranio non si risolveva spontaneamente, l’osteopata – l’unico professionista in grado di riequilibrare il cranio del bambino – sarebbe intervenuto con tecniche cranio-sacrali, meglio se entro l’anno di vita.

Una nuova tecnica diagnostica, sperimentata in America, permette però di stabilire precisamente quando e in che modo avviene la distorsione durante il travaglio, aprendo così le porte a nuove prospettive di intervento osteopatico e soprattutto a nuove prospettive di prevenzione.

L’esperimento condotto in Florida, presso la Mayo Clinic dall’equipe guidata da Olivier Ami, ha riguardato ventisette donne in buone condizioni di salute, sottoposte a risonanza magnetica tra la 36° e la 39° settimana di gravidanza; sette di loro hanno accettato di sottoporsi ad una risonanza magnetica anche durante il travaglio, quando la cervice risultava completamente dilatata. La risonanza magnetica ha restituito indizi fondamentali, che poi gli scienziati hanno tradotto in queste immagini 3D.



Grazie alle ricostruzioni tridimensionali, pubblicate sulla rivista Plos a maggio 2019, è stato possibile accertare che tutti i neonati subiscono una deformazione durante il travaglio, in quanto sette feti su sette hanno subito evidenti trasformazioni della calotta cranica. È stato inoltre individuato il momento preciso in cui avviene il modellamento, ovvero quando la testa del feto passava dall’ingresso pelvico e lo stretto medio. In cinque dei sette neonati, tuttavia, la deformazione non è più stata osservata dopo la nascita: i parametri cranici postnatali, segno dell’immediato adattamento al nuovo ambiente di vita, erano identici a quelli misurati prima del parto.

Il bambino che presentava la maggiore deformazione, al contrario delle aspettative, è nato da parto naturale senza complicazioni e con pochi sforzi, da parte della mamma, durante l’espulsione. «Questo significa – spiegano gli autori della ricerca – che dobbiamo riconsiderare tutto quello che fino ad oggi definivamo come “parto normale” e iniziare a prendere in considerazione le deformazioni nel cranio del nascituro al momento del travaglio».
Questo perché non è solo il momento del parto che crea degli adattamenti del cranio, ma anche la posizione che assume nell’ultimo periodo in utero.

Bisogna inoltre tener presente che quello che i ricercatori intendono per “parto naturale”, addirittura durante una risonanza magnetica, non è proprio quello che intende Michel Odent (qui una mia intervista al dott. Odent sulla collaborazione tra ostetriche, doule ed osteopati) e chi si occupa di parto veramente naturale.
Già solo il fatto di partorire mentre si fa una risonanza interferisce certamente sul processo, se poi aggiungiamo che nella condizione ideale sia necessario un ambiente familiare, la penombra, il silenzio, il calore un senso di protezione, l’assenza di coinvolgimento della corteccia prefontale ecc…, non possiamo sapere se in condizioni ideali il cranio non subisca deformazioni differenti.