Il cancro è una patologia molto temuta, capace di suscitare le nostre paure più profonde legate alla sofferenza e alla morte, aspetti di cui ogni approccio terapeutico deve tener conto affinché si guardi al paziente nella sua globalità. L’osteopata deve conoscere la malattia e le relative cure e trattamenti medici, ma senza tralasciare gli aspetti psico-somato-emozionali ed il peso che possono avere gli effetti collaterali legati ai protocolli terapeutici convenzionali.

Stipsi iatrogena, fatigue cancro correlata, nausea e cefalea, sintomi frequenti e altamente inabilitanti, sono solo alcuni dei sintomi su cui l’osteopatia può essere d’aiuto per i malati oncologici sottoposti a terapie attive quali chemioterapia e immunoterapia che, come è noto, procurano talvolta nei pazienti effetti significativi che incidono sulla qualità della vita. I trattamenti chemioterapici “turbano” anche le cellule sane oltre a quelle tumorali e il supporto osteopatico, anche nei giorni precedenti la seduta di chemio o immuno-terapia, può essere efficace per migliorare le risorse della persona prevenendo alcuni effetti legati alle cure e, in generale, diminuendo lo stato di ansia anticipatoria, aumentando le capacità reattive intrinseche. Ed è su questi che spesso la medicina complementare può essere d’aiuto.

“Numerosi studi sono suggestivi di come la pratica osteopatica lavorando sui vari sistemi, dal fasciale al neurovegetativo oltre che circolatorio e linfatico, possa anche rafforzare le difese immunitarie riequilibrando i vari distretti corporei, permettendo al paziente stesso di rispondere meglio alle cure specifiche, lenendo il dolore dove possibile. Ricordiamoci che l’osteopatia ha inoltre un’azione preventiva, che sostiene e amplifica l’energia vitale dell’individuo, terreno fertile per poter rispondere meglio alle terapie”.

A parlarcene è l’osteopata Sieva Durante, fisioterapista dal 1997 in un Centro di Cure Palliative di Roma (Hospice). “Dopo il diploma in osteopatia conseguito nel 2007 con la tesi – Tensegrità quale fattore epigenetico nella cancerogenesi del tessuto osseo – ho cominciato a considerare i pazienti oncologici in un’ottica più ampia. Ho approfondito lo studio clinico ed ho utilizzato gli strumenti acquisiti, per prendermi cura in un continuum della persona in generale; strumenti che ci permettono di gestire sintomi direttamente dipendenti e/o correlati alla patologia ed eventuali effetti dati dalle terapie farmacologiche. Ovviamente l’osteopatia non cura il cancro. Nella mia esperienza, la visione osteopatica può risultare molto efficace nel ridurre e impedire il peggioramento a cascata di altre strutture comunque interdipendenti, seppur distanti tra loro.

Come si pone l’osteopata di fronte al paziente oncologico?

I pazienti oncologici spesso vivono questa nuova realtà su due fronti: quello psichico e quello corporeo, manifestando un vero e proprio quadro di frustrazione dato dalla percezione di aver “perso il controllo” sulle proprie capacità fisiche, di non essere più se stessi, di aver perso il senso della propria forza vitale, soprattutto durante la chemioterapia. In questo quadro molto complesso e delicato che riguarda la sfera più intima di una persona, l’osteopatia può contribuire a ripristinare il concetto di “riparazione” di questo stato, quantomeno a ridurne il disagio, lavorando sull’alterazione dell’immagine corporea che acquista un significato profondo perché legata al senso della vita e della morte. Il paziente ha la sensazione di aver unificato quelle parti che la terapia disgrega subito dopo il trattamento manipolativo osteopatico.



In che modo l’osteopatia può essere integrata in ambito oncologico?

L’osteopatia agisce sulle disfunzioni biomeccaniche e somato-emozionali e attraverso diverse tecniche, quali per esempio la PLT (pompa linfatica toracica) agisce per migliorare la funzione biomeccanica e immunitaria come sostegno alle terapie attive oncologiche non chirurgiche. Ma sono molte le tecniche da potersi attuare, tutte strettamente legate all’unicità dei singoli casi. Generalmente dopo l’anamnesi iniziale incentrata non solo sulla patologia tumorale ma su tutta la storia personale del paziente per cui è importante visionare la documentazione, si procede con l’esame ispettivo e obiettivo e, attraverso specifici test osteopatici, si identifica la presenza di eventuali disfunzioni somatiche. La presenza di cicatrici o di tumori, non sempre creano alterazioni di tipo disfunzionale a livello posturale. Infine si valuta e si decide il trattamento migliore da poter utilizzare. La condivisione del progetto osteopatico con l’oncologo di riferimento o con il medico di base che segue il paziente, diventa essenziale.

Può fare qualche esempio reale che spieghi come l’osteopatia può intervenire sui pazienti?

Innanzitutto dopo aver valutato la struttura e i sintomi possiamo decidere se ripristinare la mobilità tissutale, muscolare, articolare o viscerale; se necessario possiamo con specifiche tecniche osteopatiche migliorare il più possibile la qualità degli scambi linfatici e vascolari. A questo punto bisogna decidere quali tecniche usare per ridurre il dolore, per esempio, lavorando sulle soglie di eccitabilità neuro muscolare. Agendo sul sistema neuro vegetativo, si può limitare la reazione simpatico-tonica. La stessa tecnica può essere usata, diversificandola, a seconda del quadro organico che abbiamo riscontrato per stimolare o inibire altri sistemi.

Ogni tecnica va ridisegnata sul corpo e sulla psiche del paziente, della Persona che ci chiede aiuto. La medesima tecnica non può avere parametri rigidi ma è sempre strettamente legata all’unicità del paziente.
Per esempio su pazienti con cateteri ureterali oltre all’iniziale valutazione globale, il Trattamento Manipolativo Osteopatico può essere orientato su tecniche per dinamizzare la rete tissutale dei reni, nella zona dell’uretere, della vescica e anche intorno ai cateteri stessi. Tecniche sull’asse cranio-sacrale possono aiutare a lenire disturbi del sonno, a diminuire fastidiose sensazioni di oppressione toracica non sempre legati alla patologia stessa a livello primario, ma legati al distress generato dalla patologia. Come osteopati abbiamo molti strumenti per poter aiutare “l’altro”.
Io lavoro con pazienti oncologici ogni giorno da diversi anni, credo fermamente che l’osteopatia possa dare un contributo importante al miglioramento della qualità di vita dei pazienti che si trovano ad affrontare una malattia che ancora oggi fa paura ma può essere affrontata in equipe multidisciplinare.

La mia speranza è che in Italia come in altri paesi del mondo si possa collaborare fattivamente nei reparti , negli ambulatori e negli Hospice. L’osteopata è chiamato a conoscere anche queste realtà. Il libro che sto ultimando è rivolto ai colleghi osteopati, ho cercato di condividere la mia esperienza e le mie conoscenze con l’augurio che possa suscitare l’interesse e la volontà per raggiungere ulteriori traguardi basati sugli studi e le evidenze delle buone pratiche. Ricordiamo che tutte le scienze, non solo l’osteopatia, partono da un’intuizione basata sull’osservazione empirica per poter evolvere cercando sempre di superare i traguardi raggiunti.

La ricerca scientifica sul ruolo dell’osteopatia in ambito oncologico

L’osteopatia in ambito oncologico è una pratica molto giovane ma sebbene non siano statisticamente significativi, sono presenti diversi studi sino a partire dagli anni ’90, incentrati proprio ad analizzare l’efficacia dell’osteopatia in ambito e nell’assistenza oncologica.

Tra i più recenti atti a dimostrare i benefici percepiti dai pazienti oncologici grazie all’osteopatia insieme alle cure mediche tradizionali, c’è lo studio qualitativo pubblicato nel 2018 sulla rivista Supportive care in cancer: “The perceptions and experiences of osteopathic treatment among cancer patients in palliative care” orientato a esplorare le percezioni e le esperienze dei pazienti oncologici che ricevono il trattamento osteopatico in aggiunta al trattamento convenzionale per il dolore da cancro. I pazienti intervistati nell’unità di cure palliative a Lione, in Francia, hanno riferito da un lato di avere scarsa consapevolezza dell’osteopatia, dall’altro di averne tratto beneficio in termini di miglioramento di una serie di disturbi correlati al cancro come dolore, affaticamento e problemi di sonno.

Il controllo dei sintomi correlati al cancro nell’ambito delle cure palliative può migliorare il limitato tempo rimanente del paziente con la famiglia e gli amici, e l’osteopatia può essere annoverata tra questo tipo di “cure”, anche per pazienti oncologici pediatrici. È quanto riferito da un recente studio del 2021 pubblicato sempre su Supportive care in cancer, rivista medica mensile peer-reviewed pubblicata da Springer Science e Business Media per conto della Multinational Association of Supportive Care in Cancer, che dimostra l’alta ricettività (il 95% dei pazienti) al trattamento manipolativo osteopatico come opzione di terapia di supporto, riferendo anche di come l’osteopatia rispondesse bene alla crescente necessità di migliorare la gestione degli effetti collaterali associati alla chemioterapia, pur necessitando di ulteriori indagini sulla sicurezza, la fattibilità e l’efficacia dell’implementazione dell’OMT nel contesto clinico dell’oncologia pediatrica.

L’uso di medicine complementari e alternative, fra cui l’osteopatia, tra i malati di cancro è stato vagliato anche dallo studio pubblicato su Oncology a maggio 2019 consegnando anche in questo caso dei risultati incoraggianti riferiti al grado di soddisfazione dei pazienti oncologici (circa 200) sottoposti a medicina complementare, malgrado le prove continuino ad essere limitate in letteratura.

Altre pubblicazioni scientifiche utili