L’Osteopatia su base volontaria nei Paesi con gravi difficoltà economiche e umanitarie è una realtà sempre più diffusa, grazie all’impegno di diverse associazioni e gruppi no profit che si adoperano nell’assistenza,
soprattutto di donne e bambini, in contesti molto difficili, spesso colpiti dalla guerra civile o calamità naturali.
Dopo aver raccontato dello splendido lavoro condotto da Furaha Onlus, questa volta vogliamo riferire di un’altra lodevole esperienza, quella di un osteopata italiano, Luca Vargiu, impegnato in Kenya con la ONG Divinity Foundation che, fondata dall’osteopata Nav Matharu, di origine keniota ma cresciuta nel Regno Unito e formatasi negli Stati Uniti, da anni è impegnata anche in Kenya sul fronte osteopatico per aiutare la popolazione attraverso un approccio di medicina integrata, incentrata sul benessere della persona.

Per saperne di più su questa ONG, vi invitiamo a leggere l’intervista realizzata per voi all’osteopata Luca Vargiu, il quale ha conosciuto la O.N.G  D-F nell’ambito del Master biennale di specializzazione in Osteopatia pediatrica della O.S.D (scuola di osteopatia italo tedesca), che prevede infatti per entrambi gli anni di frequenza, un monte ore da destinare al tirocinio o in ospedale oppure in questo progetto di volontariato in Africa.

Come si svolge sul campo il vostro lavoro in Africa; ci sono dei campi attrezzati nei villaggi?
Il nostro lavoro si svolge sia nella capitale Nairobi che nei villaggi lontani dalla città, diciamo pure in aperta savana in particolare in villaggi Masai. Di solito si tratta di villaggi già conosciuti, e questo consente di avere feedback dagli stessi abitanti della zona, nel momento in cui la ong si ritrova a rivisitarli in momenti successivi.
In città le strutture adibite al lavoro osteopatico su base volontaria sono diverse: da orfanotrofi dove si incontrano bambini abbandonati e con gravi invalidità, a strutture di fortuna all’interno di Slum (bidonville di lamiera grandissime con migliaia di abitanti), oppure centri religiosi sia cattolici che indù o sick, che concedono 2/3 volte l’anno la disponibilità per attrezzare delle stanze che diventano per l’occasione dei veri e propri ambulatori dove poter trattare moltissimi pazienti.
I trattamenti osteopatici, spesso integrati con il lavoro di ginecologi, pediatri e medici specializzati in medicina tropicale, avvengono dunque in strutture modeste e umili, se non in alcuni casi, soprattutto nei villaggi Masai, capita spesso di dover attrezzare i campi con i lettini sotto le acace Africane.

In luoghi così colpiti da gravi crisi umanitarie, in che modo può essere utile il supporto osteopatico?
Il supporto Osteopatico in queste zone è molto utile, ma va integrato con quello svolto da specialisti medici. I pazienti vengono visitati e diretti dallo specialista in base alla reale necessità ed ai disturbi, che in quelle aree sono davvero tanti: dalla mal nutrizione a moltissime infezioni esterne ed interne, traumi, problemi digestivi, respiratori ecc. Sicuramente i trattamenti diretti al rafforzamento o volti al migliorare il funzionamento del sistema immunitario sono tra i più necessari. La ONG Divinity Foundation si preoccupa principalmente di trattare osteopaticamente donne, bambini e anziani solo per scelta e praticità dato che gli uomini sono meno presenti. Nel caso delle donne capita spesso di confrontarsi con ragazzine traumatizzate sia psicologicamente che fisicamente per il problema dell’infibulazione.

Quanti sono e da dove provengono gli osteopati coinvolti nel progetto?
Gli osteopati coinvolti provengono da tutta Europa, durante la mia esperienza eravamo di ben 6 nazionalità diverse: Inghilterra, Germania, Francia, Austria, Italia e Svizzera. Ci sono anche altri colleghi dall’Olanda e dal Belgio.



Quali sono i criteri valutati che stabiliscono la partecipazione di un osteopata al progetto umanitario? Gli osteopati che vogliano prendervi parte sono valutati secondo criteri precisi?
Si gli osteopati vengono valutati in base a criteri riguardanti l’esperienza terapeutica con i bambini o con partecipanti a Master di Osteopatia Pediatrica, ovviamente sempre supportati in quest’ultimo caso da Tutor che hanno avuto già quest’esperienza. I responsabili didattici delle varie scuole si confrontano con la ideatrice dell’ong, nonché osteopata, che valuta e prende in esame le varie richieste.

Quali sono le principali patologie oggetto di cure osteopatiche riscontrate più frequentemente?
Le patologie più frequenti, data la gravità, spesso necessitano di un approccio multidisciplinare sia medico farmacologico che di supporto osteopatico globale, e come già espresso vanno da quelle infettive Esterne (Scabbia, Micosi più o meno gravi) a interne che riguardano l’apparato digestivo, quindi gastriti, infezioni da presenza di vermi, diarree importanti e gravi, disidratazione, ipovitaminosi,respiratorie, malaria e tutti i sintomi correlati: insonnia, mal di testa, congiuntiviti, riniti da eccessiva esposizione a inquinanti (nelle città) o alla polvere nei villaggi, febbre, esiti cicatriziali post  parto o dall’infibulazione (vere e proprie mutilazioni), dolori alla colonna vertebrale per le donne e per i bambini dato che spesso, anche in età pediatrica, eseguono lavori pesanti e faticosi hanno responsabilità verso i fratelli o sorelle minori.

L’organizzazione di volontariato nei campi è attiva tutto l’anno?
Logisticamente si, ma le spedizioni vere e proprie al momento vengono fatte 3/4 volte l’anno.

Puoi raccontarci un episodio curioso che ha segnato questa esperienza in Africa?
Tra le tante cose, abbiamo avuto la bell’esperienza insieme alla collega che ha organizzato l’ong, di trattare una piccola elefantina che era rimasta ferita da una trappola dove aveva perso la vita la sua mamma. Aveva un problema alla zampa anteriore con una grave infezione interna.