Appena pubblicato sul numero speciale Osteopathic and Manual Therapy Healthcare Reconceptualization: Health Needs and New Evidence della rivista Healthcare l’articolo a firma di Francesco Cerritelli e Jorge E. Esteves dal titolo “Un modello ecologico-enattivo per guidare la cura osteopatica centrata sul paziente”. Un lavoro volto a far emergere l’importanza delle cure incentrate sulla persona considerando, in questo caso specifico, come l’enattivismo, l’elaborazione predittiva e l’inferenza attiva abbiano implicazioni per la pratica clinica e, dunque, abbiano un ruolo nel ragionamento clinico osteopatico.

“Probabilmente, in osteopatia, i concetti di unità corpo-mente, adattamento e autoregolazione – si legge nell’articolo – sono allineati con i principi della creazione di senso e dell’autopoiesi centrali per l’enattivismo. L’osteopatia dovrebbe andare oltre il concetto di una terapia centrata sul corpo […]. In effetti, il comportamento e la funzione umana sono complessi, individuali e difficili da prevedere. Pertanto, gli osteopati dovrebbero valutare i loro pazienti all’interno di un sistema ecologico incostante. In definitiva, salute e malattia dovrebbero essere interpretate all’interno dell’ambiente della persona, che include la vita e il modo in cui la persona interagisce con il mondo esterno”.

Scopo di questo lavoro, quello di consentire agli osteopati di attingere all’enattivismo e alla struttura dell’inferenza attiva per apprezzare la complessità dell’erogazione di cure incentrate sulla persona al fine di “migliorare i modelli esistenti di cura osteopatica evocando i meccanismi che stanno alla base degli scambi diadici, della costruzione di nicchie, dell’alleanza terapeutica e dei risultati dell’osteopatia centrata sulla persona”.

Il modello proposto in questo studio consente ai professionisti sia di “valutare efficacemente i loro pazienti all’interno di un quadro biopsicosociale (esistenziale), considerando come i loro cervelli incarnati costruiscono i loro modelli interni di malattia, salute e benessere, che – tra le altre cose – di implementare strategie di trattamento sostenute da un linguaggio efficace e da un tocco affettivo e integrate con la rassicurazione cognitiva“.



Pratica osteopatica intesa come “creazione partecipativa di senso”. È questo il modello concepito dagli autori in considerazione di un approccio totalmente incentrato sulla persona, che possa essere inteso proprio come “un rituale interattivo che consente di reinterpretare le sensazioni, reindirizzare l’attenzione e attenuare e ignorare gli stimoli distraenti”.

Come? Attraverso una solida alleanza terapeutica data da “un’appropriata comunicazione verbale e non verbale, principalmente strategie basate sull’uso appropriato ed efficace del tocco che gettano le basi per lo sviluppo di fiducia, conformità, cooperazione e comunicazione prosociale”.

Gli autori Francesco Cerritelli e Jorge E. Esteves richiamano a questo riguardo i primi lavori di JM Littlejohn su un modello di cura osteopatico basato su quattro principi fondamentali: adattamento, funzione, ambiente e immunità sottolineando, in particolar modo, l’adattamento funzionale del corpo all’ambiente circostante. “Sebbene alcuni di questi primi concetti siano andati perduti a favore di modelli di cura osteopatica basati sulla causalità – si legge nell’articolo recentemente pubblicato su Healthcare – vorremmo sostenere che l’enattivismo, la FEP, l’elaborazione predittiva e l’inferenza attiva offrono opportunità per reinterpretare le prime idee di Littlejohn in modo critico e basato sull’evidenza”.

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