Esiste un unico timore che accomuna gli osteopati: “Abusivo esercizio della professione sanitaria”.
Un timore assolutamente comprensibile poiché secondo l’articolo 348 del Codice penale, chiunque eserciti abusivamente una professione, per la quale è richiesta una speciale abilitazione dello Stato, è punito con la reclusione fino a sei mesi o con la multa da 103 euro a 516 euro.

È bene chiarire subito che non è il caso dell’osteopata. A spiegarlo è il dott. In Legge Alfonso Causi della scuola di osteopatia ATSAI di Bari, il quale in un chiarissimo documento dal titolo “La responsabilità penale dell’osteopata ex art. 348 CP” scrive riprendendo all’uopo un passaggio della legge in questione: “NON COMMETTE ASSOLUTAMENTE REATO l’osteopata nell’esercizio della sua professione. Nell’attuale disinteresse da parte del legislatore, nessuna speciale abilitazione è richiesta per la professione di osteopata che, dunque, può essere esercitata liberamente”.
In realtà, commette reato solo colui che esercita una professione per la quale sia richiesta una speciale abilitazione dello Stato senza però averla ottenuta. Solo in questo caso, una professione può essere considerata abusiva poiché viene esercitata in mancanza dei requisiti richiesti dalla legge, come il mancato conseguimento del titolo di studio o il mancato superamento dell’esame di Stato.
La tutela alla professione di osteopata deriva direttamente dalla Costituzione, chiarisce Causi. È infatti l’art. 35 a recitare inequivocabilmente: “La Repubblica tutela il lavoro in tutte le sue forme e applicazioni”, concetto rafforzato dall’art. 41 secondo cui “L’iniziativa economica privata è libera”.
La cosa più importante per questa professione è non apparire altro: l’osteopata non deve mai spacciarsi per un medico. L’analisi osteopatica ha per oggetto il solo paziente e l’individuazione degli schemi posturali da lui adottati e deve essere completamente scissa da quella medica. Quest’ultima costituisce il punto di partenza per le valutazioni dell’osteopata, il quale raccoglie tutti gli elementi indispensabili per comprendere l’intervento riequilibratore più adatto al paziente per eliminare quella patologia.

Cosa l’osteopata non può fare

La corte di Cassazione ha stabilito che l’osteopata, a differenza del medico, non ha il compito di individuare la malattia, di diagnosticarla, di prescrivere la cura e di somministrare i rimedi. Queste attività (anamnesi, diagnosi, terapia e rilascio di certificati) devono essere necessariamente svolte solo dai medici.
L’attività osteopatica non può e non deve sostituire quella medica, ma deve essere complementare ad essa ed avere delle finalità e delle metodologie proprie.

È giusto parlare di abilitazione in osteopatia?

Stando al tribunale amministrativo regionale della Lombardia, vista la mancata istituzione di un albo degli abilitanti, non esiste alcun titolo abilitativo, quindi non è assolutamente legittimo affermare che per l’esercizio dell’attività di osteopatia è necessario il possesso dell’abilitazione all’esercizio della professione. Ciò viene confermato anche dal T.A.R del Veneto, secondo cui non è necessario avere delle autorizzazioni sanitarie per svolgere l’attività di osteopata.
Esistono infatti pochissimi precedenti di giudizi nei confronti di osteopati e tutti sono stati di ASSOLUZIONE, in quanto non sussistono motivi reali per ritenere l’attività osteopatica una professione abusiva.
Ne consegue che l’osteopatia è un’iniziativa economica privata e in quanto tale è libera, come si evince dall’articolo 41 della Costituzione e deve essere tutelata in tutte le sue forme e applicazioni come tutte le tipologie di lavoro (art.35 della Costituzione).
Alla luce di questa analisi risulta del tutto infondato il timore degli osteopati di esercitare la professione in modo abusivo.

Maggiori informazioni nel documento integrale prodotto da Alfonso Causi.

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