Nominati dal governo cinese come responsabili del “Shanghai project Olympic games” partito a settembre, gli osteopati Davide Dariva e Max Mancini – ospiti in un’enorme struttura olimpica situata su un’isola a due ore da Shanghai – seguiranno le medaglie d’oro degli atleti olimpici in diverse discipline in preparazione delle Olimpiadi di Tokyo del 2020, coordinando il lavoro di circa una ventina di terapisti per ogni struttura olimpica.
Il lungimirante progetto cinese che vede protagonisti due osteopati italiani durerà un anno più due, se soddisferà le aspettative, e si avvarrà di altri 4/5 osteopati italiani formati proprio da Dariva e Mancini come docenti in scuole italiane. Il tutto si si svolge su tre città olimpiche collocate in diverse posizioni a Shanghai. La principale chiamata la “base” Si trova su di un isola (Chongming island) a circa due ore dal Centro di Shanghai e le altre due si trovano all’interno, sempre a circa 2 ore di distanza l’una dall’altra. Si tratta di strutture dotate di enormi palestre, piscine e campi da gioco sia indoor che outdoor con mense per i diversi livelli di categoria, alloggi per atleti e allenatori, più scuole per la formazione degli atleti (alcuni molto piccoli, in età materna) e un ospedale nel quale gli osteopati italiani lavorano in stretta collaborazione con le altre figure professionali sanitarie.

Ma com’è nata questa avventura e come si stia svolgendo lo abbiamo chiesto direttamente a Davide Dariva, che ci ha concesso questa intervista direttamente dalla Cina a mezzanotte passata, ora cinese.

Personalmente la mia esperienza in Cina è cominciata circa 9 anni fa. Mi occupavo di formazione in ambito di strumentazioni tecnologiche per la riabilitazione, il training, postura e la loro integrazione con la terapia manuale per conto di aziende italiane di eccellenza in questo campo, come Tecnobody e Endomedica.
Siamo Stati chiamati a portare queste conoscenze in Cina. Sia io che Max Mancini abbiamo suscitato interesse per il nostro modo di lavorare e di ragionare e questo ha fatto sì che nascesse la prima scuola di osteopatia in Cina voluta fortemente da Stefano Marcandelli, direttore della Tecnobody, e da Mr. Qin direttore della compagnia Cinese di riferimento, la Tianrui.
Negli anni ci è stato riconosciuto un valore ed una fiducia importante nella nostra professione osteopatica, attraverso numerosi corsi di formazione, congressi e lezioni svolte, tanto da da accrescere il numero degli studenti e dei professionisti interessati a quello che facciamo.
Questo ha fatto si che un paese come la Cina, sempre aperto alla ricerca delle competenze, abbia fortemente voluto la presenza di osteopati italiani, in particolare me e Max, per questo importantissimo progetto Olimpico.

In cosa consiste precisamente il vostro lavoro?



Io e Max come responsabili del progetto coordiniamo il lavoro di circa 20 terapisti per ogni struttura per quanto riguarda la valutazione attraverso strumenti di alta tecnologia e anche riguardo l’analisi del movimento, della postura ed equilibrio o delle funzioni specifiche relative alla disciplina di appartenenza.

Quanto conta in un’ottica multidisciplinare la figura dell’osteopata in questo settore e in una competizione sportiva di questo livello?

I medici – che ci seguono durante tutto il nostro trattamento e interloquiscono con noi costantemente – eseguono le visite e accompagnano sempre l’atleta da noi osteopati descrivendoci il caso e portando gli esami strumentali eseguiti.
Ogni fine settimana tutti i terapisti ci mandano i risultati delle valutazioni e dei trattamenti che noi osteopati raccogliamo per valutare l’andamento.
Ogni 2 settimane io e Max siamo tenuti a tenere dei corsi di formazione ai medici e terapisti delle diverse strutture per far vedere come noi in osteopatia valutiamo e trattiamo certe specifiche situazioni inerenti gli atleti.
In alcune situazioni dobbiamo seguire la squadra o l’atleta durante le competizioni o prendere l’aereo per andare a trattare un atleta olimpico in città molto distanti da Shanghai.
Siamo trattati con rispetto notevole considerazione speriamo di non deludere.

Siamo sicuri che non deluderanno e che anzi, questa grandiosa esperienza condotta da due osteopati italiani possa dare un lustro in più all’osteopatia nel nostro Paese, soprattutto in questa fase così delicata per il suo riconoscimento.

A breve, Covid-19 permettendo, voleranno in Cina per prendere parte al progetto, anche gli osteopati Luca Ferraro, Davide Fino, Leonardo Vaccini e Federica Covassi.

Vorrei ringraziare in particolare Vittorio Chini, presidente dell’Endomedica – ci tiene a sottolineare Davide Dariva– che ha creduto in me la prima volta portandomi in Cina e certamente mia moglie e i miei figli senza i quali tutto ciò non sarebbe stato possibile”.