Nell’81% dei casi, vale a dire oltre 4 volte su cinque, i farmaci assunti a scopo preventivo prima di una terapia odontoiatrica, sarebbero inutili. Contribuirebbero anzi ad aumentare quell’antibioticoresistenza che provoca ormai oltre 33mila morti l’anno solo in Europa, di cui 10.000 solo in Italia (dati Ar-Iss, Istituto Superiore di Sanità).

Nel 2050, stando all’incremento statistico degli ultimi decenni, le infezioni batteriche saranno la principale causa di decessi.

Al triste primato, conseguito in primo luogo per le infezioni ospedaliere (il 5-8% dei 9 milioni di pazienti ricoverati in Italia, ogni anno muore a causa di batteri resistenti agli antibiotici contratti durante la degenza) concorrerebbero anche quegli antibiotici presi solo per precauzione – e dunque senza scopi terapeutici – prima di un’estrazione o di un qualsiasi intervento a rischio di infezione.

 

L’allarme sul rischio di antibioticoresistenza arriva però dall’America, dove i dentisti sono stati bacchettati da uno studio pubblicato sulla rivista JAMA Network Open (impact factor  16.56) e condotto presso la University of Illinois a Chicago.



Analizzando un campione di 168.420 visite dentistiche, gli studiosi hanno messo a confronto il numero totale delle prescrizioni di antibiotici effettuate prima di queste visite con il numero delle dovute prescrizioni, ovvero quelle riguardanti i pazienti ad alto rischio cardiaco per i quali le linee guida in vigore in USA raccomandano una profilassi antibiotica.

Dal semplice confronto è emerso quanto si temeva, ovvero nell’81% dei casi gli antibiotici prescritti non erano necessari. Lo studio è stato limitato ai pazienti con assicurazione sanitaria privata, il che significa che i risultati quasi certamente sottovalutano l’effettiva gravità del problema.

Anche in Italia l’utilizzo di antibiotici è raccomandato solo in alcuni casi di pazienti a rischio o in condizioni di salute generale precarie, perché, come spiega il presidente della Società Italiana di Parodontologia e Implantologia (SIdP) Mario Aimetti – : «altrimenti diventano inefficaci quando poi realmente servono. I casi sono identificati a livello internazionale con apposite tabelle di cui il medico curante deve essere a conoscenza. Tra questi, ad esempio, pazienti con gravi problemi alle valvole cardiache».

«Usare antibiotici a scopo preventivo – spiega Katie Suda dell’UIC College of Pharmacy, prima autrice del lavoro – apre le porte a tutta una serie di rischi connessi con l’uso di questi farmaci tra cui l’insorgenza di resistenze farmacologiche e di infezioni, specie quando le evidenze scientifiche suggeriscono che i rischi connessi con l’uso di antibiotici superino i benefici in molti pazienti».

«C’è un’allarmante tendenza dei dentisti a selezionare come farmaco di scelta la clindamicina – prosegue Suda – che è associata ad un rischio maggiore di sviluppare infezioni da Clostridium difficile rispetto ad altri antibiotici».

Odontoiatria e antibioticoresistenza: la prospettiva osteopatica

Perché questa notizia ci dovrebbe interessare come osteopati? Perché la disbiosi intestinale, conseguenza diretta della “epidemia da antibiotici”, compromette fortemente il microbiota intestinale che gestisce le difese immunitarie e lo stato di salute del paziente.

Nella valutazione del paziente, occorre sempre tenere nota dell’uso o eventuale abuso di antibiotici, perché, in caso di blando e frequente o massiccio e irregolare utilizzo di antibiotici, un sostegno importante alla sua salute andrà cercato innanzitutto nel ripristino della popolazione batterica dell’intestino.