Quando si comincia una nuova professione, il primo passo da compiere è l’apertura della partita IVA. E la prima indicazione da dare per poter aprire la partita IVA è quella dell’attività economica che si intende praticare.
Quindi, la prima scelta da compiere è quella del codice dell’ATtività ECOnomica o, più semplicemente, del codice AtEco.
Tutti i codici AtEco sono indicati in un “librone” gestito dall’Istituto Nazionale di Statistica (ISTAT) e servono per fini statistici (quanto fatturano tutti quelli che usano lo stesso codice AtEco? Quanti sono quelli che utilizzano lo stesso codice? Come sono divisi nel territorio? E altro del genere).
L’Agenzia delle Entrate utilizza quei codici anche per altro: chi sceglie il regime forfettario, per esempio, sa che, a seconda del codice scelto, varierà la sua “redditività”, cioè quale percentuale del suo fatturato sarà sottoposta alla c.d. tassazione sostitutiva.
Durante il periodo pandemico, per poter fare un altro esempio, i codici AtEco sono stati utilizzati per indicare le possibili riaperture successive al e, ma anche per eventuali rimborsi, come indicati nei Decreti Ristori.
Il rapporto tra osteopati e codici AtEco non è mai stato semplicissimo: non esisteva – e non esiste tuttora – un codice AtEco specifico, soprattutto perché i “numeri” degli osteopati non sono statisticamente significativi quali quelli dei medici o dei fisioterapisti o, dal 2025, degli infermieri e delle ostetriche.
Alla fine degli anni ’80, quando i primi osteopati cominciavano a lavorare, sembrò naturale scegliere come codice il 96.09.09 «altre attività di servizi per la persona n.c.a.». Non ci si confondeva con le professioni sanitarie esistenti e, comunque, sembrava un codice indicato per la propria attività. In realtà le problematiche legate a questo codice vennero fuori al riordino dei codici, avvenuto nel 2007, quando l’ISTAT specificò che le professioni comprese in quel codice erano di tutt’altro genere – si pensi agli astrologi e agli spiritisti, per esempio -. Problematiche confermate dalla redditività del forfettario di questo codice, il 67%, inspiegabilmente inferiore a quello delle professioni sanitarie o tecniche, il 78% e, per citare nuovamente il periodo pandemico, le forzate chiusure, ben più lunghe di quelle indicate per altri codici. Per dovere di cronaca si deve sottolineare che le associazioni relative alle medicine complementari e alternative quali i naturopati, per esempio, suggeriscono questo codice, quanto meno fino all’attuale riforma.
A partire dal 2007, quindi, sembrò più idoneo dare nuove indicazioni, optando per i codici 86.90.29 “altre attività paramediche indipendenti” e 74.90.99 “altre attività professionali n.c.a.”, suggerendo il primo a chi avesse un titolo sanitario pregresso e il secondo a chi, invece, non ne fosse in possesso.
Perché questa differenziazione? Fondamentalmente per tre motivi:
il “rischio di comparto INAIL” che per 86.90.29 è rischio “alto” e per il 74.90.99 è “basso”: a quali rischi verrebbe sottoposto, infatti, il dipendente dell’osteopata che non utilizza macchinari?
i “cluster degli indici sintetici di affidabilità” (gli indici che l’Agenzia delle Entrate utilizza per dare una pagella a tutti i professionisti) che elencano tutte le professioni che possono scegliere l’86.90.29, senza indicare gli osteopati;
ma, soprattutto, perché il “librone” del codice AtEco specifica che tutti i codici che iniziano con 86 si riferiscono a “paramedici professionisti legalmente abilitati al trattamento dei pazienti”. E chi non ha una laurea in una professione sanitaria, fino al completamento dell’iter della regolamentazione in osteopatia, non ha una legale abilitazione.
Nel 2025 l’ISTAT ha deciso di riformare i codici, per adeguarli all’ultima revisione della classificazione europea NACE. Ha eliminato il codice 86.90.29 e, contemporaneamente, ne ha creato uno nuovo:
86.99.01 “tecniche di trattamento del corpo”
che sembra essere il più adatto a definire l’attività economica degli osteopati, insieme a quella di altri professionisti, quali i massofisioterapisti, per esempio.
Nelle nuove indicazioni è stato comunque creato il codice 86.99.09 “altre attività varie per la salute umana n.c.a.”, generico come lo era l’86.90.29, che potrebbe essere utilizzato laddove dovesse sembrare questa la descrizione più vicina a quella che è la propria attività, anche se, a parere di chi scrive, il nuovo codice, quello relativo alle tecniche di trattamento del corpo, sembra molto più rappresentativo.
Altre novità importanti sono i nuovi codici creati nell’ambito della salute. Nella classe “attività di medicine complementari e alternative” sono inseriti i codici 86.96.01 (chinesiologia) e 86.96.09 (attività di medicine complementari e alternative n.c.a. – non classificabili altrove). Per lo sport e i laureati in scienze motorie si apre uno spiraglio nell’ambito della salute e, finalmente, anche in Italia le medicine complementari e alternative vedono il loro primo concreto riconoscimento.
Che devono fare, allora, gli osteopati? Hanno tempo fino alla fine di marzo per adeguare i propri codici alle novità. Per il momento, in ogni caso, non sono previste sanzioni per chi non dovesse farlo in tempo utile.
Per amore di precisione va aggiunto che, dall’analisi fatta dall’EUROSTAT, nell’Explanatory notes alla Rev. 2.1 della NACE, l’osteopatia risulta inclusa nel codice 86.96 “Traditional, complementary and alternative medicine activities” insieme a omeopatia, chiropratica, cristalloterapia, iridologia, chinesiologia e radionica. E che gli esempi delle professioni con tecniche di trattamento del corpo, o body treatment techniques, sono shiatsu, thai massage, watsu, tuina qigong. In Italia, dove l’osteopatia è ormai prossima a diventare professione sanitaria, l’osteopatia non può certamente essere inclusa nelle medicine complementari e alternative e che, rientrando i codici che iniziamo per 86.99 comunque nelle professioni sanitarie, la scelta più idonea, nonostante gli esempi di eurostat, continua a sembrare quella del 86.99.01.