a cura di Luigi Ciullo, presidente A.D.O.E.

Premesse:
Oltre all’auspicato calo dei contagi, se volessimo immaginare un altro esito positivo dell’emergenza da “Covid 19”, questo potrà riferirsi a una migliore consapevolezza sui fabbisogni di salute della popolazione e sull’efficienza dell’organizzazione dei servizi assistenziali universali.
Le evidenze scientifiche e i collegati protocolli di cura rappresenteranno sempre un riferimento essenziale seppur non dogmatico, specie se consideriamo la medicina come una pratica che si avvalga della scienza ma agisca anche in relazione alla condizione culturale, psicologica, sociale e spirituale delle persone. Né alcuna rigida dicotomia tra il riferimento alle regole e l’arbitrio terapeutico potrà sostituirsi alla ricerca della coerenza tra questi due fondamentali input.
L’osteopatia si riferisce al raggiungimento di uno stato di salute ottimale, agendo sulla funzionalità e sull’equilibrio meccanico delle strutture osteo-artro-muscolari in rapporto neurologico e di contiguità con altri sistemi corporei. Essa descrive l’importanza della medicina centrata sulla persona. Né può sfuggire in questi giorni la drammaticità del dato che seleziona principalmente gli individui con patologie pregresse, pur non risparmiando anche le persone in salute.
Il modello sanitario italiano rispetto al quadro internazionale acquisisce oggi rilievo di eccellenza per la sua capacità di associare alta qualifica professionale, trasparenza di informazione scientifica oltre, ben inteso, alla sua maggiore disponibilità nel garantire la salute collettiva.
Per tali ragioni, durante la pandemia attuale la comunità degli osteopati non può restare indifferente di fronte alla sofferenza dei malati, all’abnegazione del personale sanitario e ai rischi per la popolazione.

Contesto:
Identificata dalla legge come nuova professione della salute e malgrado le sue potenzialità terapeutiche, l’Osteopatia non dispone, tuttavia, di norme che ne disciplinino l’integrazione operativa sanitaria (2). Di conseguenza, gli osteopati italiani in queste settimane hanno chiuso i loro studi per non divenire essi stessi veicolo di contagio nella fase peggiore dell’epidemia. Allo scopo di gestire il rischio terapeutico, essi hanno preferito dare il buon esempio e anticipare con la loro iniziativa le norme successivamente intervenute. Detto altrimenti, pur essendo professionisti sanitari di primo contatto essi hanno accettato dolorosamente la loro condizione transitoria e si sono fatti da parte.
Tuttavia, questo sacrificio che attesta maturità professionale e sociale non può comportare rassegnata marginalizzazione né escludere la rivendicazione del ruolo sanitario attraverso norme che definiscano presto:

1) La rapida istituzione dell’albo nazionale degli osteopati esclusivi, i cui criteri di inclusione si fondino sulla legalità degli studi, sulla qualità delle competenze, ovvero sul rifiuto di sanatorie indistinte;
2) Il controllo della formazione e la definizione dei criteri pedagogici di più alto livello internazionale;
3) L’implementazione della ricerca scientifica per verifiche di efficacia che possano progressivamente integrare le competenze autonome della Terapia Manuale Osteopatica nelle prassi sanitarie.
Potenzialità:



A esemplificazioni quanto mai attuali, gli osteopati e i loro pazienti sanno quanto il loro intervento possa migliorare la funzionalità respiratoria, tanto negli sportivi quanto nei soggetti con patologie bronco-polmonari. Alcuni studi randomizzati e controllati hanno definito attraverso analisi spirometriche significativi incrementi dei volumi respiratori a seguito del trattamento osteopatico del rachide, del diaframma e della gabbia toracica. Ogni utile terapia e ogni sana abitudine che possa conservare le condizioni di buona salute dovrebbero incentivarsi, come confermato quotidianamente dal fatto che un organismo in salute abbia migliori possibilità di sopravvivere all’epidemia.
Ne consegue che l’azione a salvaguardia della salute da parte dell’osteopatia esclusiva, non viziata cioè da una visione distrettuale e sintomatica di stampo fisioterapico, possa contribuire alla prevenzione dei contagi e delle recidive, oltre che al recupero psico-fisico negli esiti di varie malattie.
Sono questi i presupposti da cui muove la nostra associazione tecnico-scientifica. Essa non si è posta l’obiettivo della “captatio benevolentiae” dei pazienti, promuovendo l’empirismo volontaristico da parte di professionisti le cui qualifiche siano tutte da verificarsi. Viceversa, all’autoreferenzialità l’A.D.O.E. preferisce la ricerca, l’integrazione assistenziale e il migliore disciplinare (1) che possa legalizzare e integrare al più presto il ruolo degli osteopati nei sistemi di cura nazionali.
Gli osteopati sono pronti a dare il loro contributo e attendono di essere istituiti per sostenere con massima serietà culturale e deontologica il modello di cura nazionale, di cui è giusto essere orgogliosi.

1) “Osteopatia: il Profilo della professione in Europa” Evento FAD ECM n. 011 DEL 2020 cod. 287148 descritto in questa pagina

2) Deviazione di tipo A per l’Italia, norma europea CEN 16686 per l’Osteopatia, come formulata nel riferimento alle seguenti leggi:

Regio Decreto 27 luglio 1934 n. 1265, Titolo II “Esercizio delle professioni e delle arti sanitarie e di attività soggette a vigilanza sanitaria”, Capo I – “Dell’esercizio delle professioni sanitarie”, Art. 99;
Legge 1° febbraio 2006, n. 43 “Disposizioni in materia di professioni sanitarie infermieristiche, ostetrica, riabilitative, tecnico-sanitarie e della prevenzione e delega al Governo per l’istruzione dei relativi ordini professionali” Art. 5 “Individuazione di nuove professioni in ambito sanitario”;
Legge 14 gennaio 2013 n. 4 “Disposizioni in materia di professioni non organizzate”, Art. 1;
Codice Penale italiano “Abusivo esercizio di una professione”, Art. 348.
Legge 11 gennaio 2018 n.3.