Durante il 3° Congresso Nazionale del Registro degli Osteopati d’Italia da poco concluso, la relazione di Christian Lunghi ha ricordato quanta enfasi viene riposta sulla componente somatica nella visione osteopatica del disequilibrio e della malattia: il ruolo del sistema muscolo-scheletrico supera di gran lunga quello di semplice supporto strutturale biomeccanico; piuttosto rappresenta il meccanismo primario della vita attraverso il quale viviamo ed esprimiamo noi stessi: il movimento.

L’osteopatia è centrata sulla salute non sulla malattia

Compito degli osteopati, coerente con il messaggio degli aforismi di Still, è quello di rapportarsi con la persona focalizzandosi sulla ricerca della salute: questo concetto non definisce un approccio di cura della malattia, bensì sottolinea una pratica clinica fondata sulla salutogenesi. Il concetto di salute ha accompagnato il processo di evoluzione dell’osteopatia in tutte le sue fasi, ma in passato il ragionamento clinico in questo ambito è stato fortemente incentrato sul modello biomeccanico: nell’ambito osteopatico sono stati descritti differenti approcci alla biomeccanica corporea, molti dei quali si sono basati sul concetto di “postura ideale”.

Dal modello biomeccanico della “postura ideale”, all’integrazione tra strutture corporee e funzione posturale

Questo modello, essendo stato sovrastimato, ha portato a ritenere eventuali asimmetrie di strutture corporee come la causa dei disturbi e quindi a sviluppare approcci di trattamento volti a normalizzare la disfunzione somatica per riequilibrare la funzionalità di tutto il sistema muscoloscheletrico, in nome della ricerca di una postura ideale. Ne è emerso un trattamento tecnico, passivo che non prevede coinvolgimenti cognitivi, propriocettivi e interocettivi della persona. Negli ultimi anni sono nate discussioni epistemiologiche sull’importanza dei principi osteopatici nel definire le caratteristiche peculiari dell’osteopatia. È in base a queste discussioni che si è posta attenzione a quanto alcuni approcci, come ad esempio il modello biomeccanico-posturale-strutturale siano stati sovrastimati in passato e su quanto oggi necessitino di essere rinnovati (vedi testo Fascia in the Osteopathic Field).

Tratta da Figura 1.1 Ruolo dell’osteopata nel processo di recupero. Lunghi C, Baroni F, Alò M, (2017). Ragionamento clinico osteopatico: trattamento salutogenico ed approcci progressivi individuali. Edra edizioni. Milano



Al fine di valutare con pensiero critico questi argomenti, il Journal of Bodywork and Movement Therapy (qui l’abstract) ha invitato, nel 2011, cinque autorevoli esperti del mondo della medicina manuale, dell’osteopatia, della chiropratica e della fisioterapia ad un confronto sul tema. In particolare, il dibattito è stato incentrato su differenti risposte alla tesi di Lederman, secondo cui non possiamo giustificare ancora l’uso di tecniche manuali di riadattamento, correzione e riequilibrio delle strutture disallineate per migliorare le condizioni algico-disfunzionali. Gli esperti, anche se tutti in accordo con Lederman sulla sovrastima del modello biomeccanico in medicina manuale e in osteopatia, hanno argomentato che fino a quando l’equilibrio posturale, la mobilità, la forza e la resistenza non sono recuperate, la normale funzionalità senza dolore può essere ben più difficile da ottenere tramite strategie di riabilitazione; tuttavia, tutti i partecipanti al dibattito concordano con la necessità di considerare approcci olistico-sistemici mirati all’integrazione tra strutture corporee e funzione posturale, come ad esempio l’osteopathic care, che integra trattamento manipolativo e approcci progressivi individuali di gestione dello stile di vita.

È necessario “ricentrare le cure sulla persona”, ad esempio recuperando quanto praticato nelle medicine tradizionali. Su queste basi è nata la Medicina Sistemica, descritta in modo puntuale nella relazione del socio fondatore dell’ASSIMSS, il Prof. Fabrizio Consorti, alla quale Christian ha fatto appendice accennando alla teoria delle Adaptive Health Practice (spiegata nel libro Il ragionamento clinico osteopatico). Sappiamo ormai che, un trattamento somministrato senza che il soggetto sia coinvolto attivamente, ha poco valore nel processo di guarigione e recupero. Le pratiche adattative per la salute, si propongono di inserire all’interno delle cure, degli approcci centrati sulla persona che possano educarla al superamento di credenze a lei dannose, proporre nuovi atteggiamenti, e motivare verso l’attuazione dei comportamenti necessari ad affrontare le sfide di adattamento.

L’osteopatia nel modello biomeccanico rinnovato

Il trattamento osteopatico manipolativo viene proposto oggi come parte integrante di un “approccio basato sul processo”. Il recupero prevede fasi di riparazione, di alleviamento dei sintomi e una fase su cui l’osteopata incentra gran parte della sua pratica: l’ottimizzazione delle capacità di adattamento individuale, anche biomeccanico. Su queste basi è stata incentrata la risposta italiana al dibattito internazionale pubblicato a più riprese sul Journal of Bodywork and Movement Therapy.
L’osteopata osserva la postura in tutta la sua natura multifattoriale, mediante un processo valutativo di un suo eventuale impatto sull’integrazione tra struttura e funzione, oltre che della sua possibile influenza sulla capacità adattativa dell’individuo. Il trattamento all’interno del modello biomeccanico rinnovato, mira al ripristino della postura ottimale raggiungibile dalla persona in quel dato momento, tramite l’uso efficiente ed equilibrato delle componenti neuro-muscolo-scheletriche-fasciali, al fine di bilanciare risposte posturali aberranti, favorire l’integrazione interocettiva e propriocettiva, ed ottimizzare le risposte individuali al carico allostatico presente.

Il trattamento ha l’obiettivo di interagire con la funzione adattativa, sia essa respiratoria, circolatoria, metabolico-energetica, psicologica, e, in modo peculiare, quella biomeccanica.

La postura diventa quindi:

  1. una delle modalità di valutare la capacità di adattamento, ovvero la salute, in modo particolare quando la persona manifesta un sovraccarico della funzione biomeccanica;
  2. una delle forze di attivazione, da evocare nel trattamento, sia negli approcci a strutture disfunzionali, clinicamente rilevanti, che negli approcci adattogeni indirizzati ad una funzione (in questo caso biomeccanica).

Il modello biomeccanico e la partecipazione attiva del paziente nell’ottica salutogenica

L’intervento sulla postura e l’applicazione del modello biomeccanico dovrebbero quindi fondarsi su un approccio multimodale, che renda la persona partecipe al processo anche attraverso gesti attivi quotidiani che riguardano il suo stile di vita, l’esercizio fisico e la nutrizione, in un approccio salutogenico che, da una prospettiva tradizionale, evolve su una base antropologica, fino a centrare il suo operato sulla persona.

Del resto proprio il relatore che ha preceduto Lunghi al Congresso, il Prof. Nicola Vanacore, aveva appena ricordato come la medicina basata sulle prove sia nata nella seconda metà del secolo scorso, basandosi oltre che sulle migliori prove disponibili, sull’esperienza clinica individuale, sui valori e sulle aspettative del paziente. Le evidenze cliniche possono informare, ma non potranno mai sostituire, l’esperienza clinica individuale; quest’ultima permette di comprendere se l’evidenza esterna è contestualizzabile al singolo caso  e in caso affermativo, come l’acquisizione derivata dalla ricerca dovrebbe essere integrato nelle decisioni cliniche che riguardano la salute della persona.

Un approccio basato sul processo finalizzato al recupero della salute dovrebbe comprendere degli obiettivi riparativi, di alleviamento dei sintomi e di stimolo delle capacità adattive. L’approccio osteopatico partecipa al processo di guarigione della persona focalizzandosi in modo peculiare sui processi autoregolatori di adattamento attraverso il trattamento manipolativo osteopatico (OMT), l’esercizio fisico e i consigli nutrizionali, riferendosi ad uno specialista quando è necessario.