La malformazione di Chiari è una anomalia congenita descritta alla fine dell’ ‘800 da Hans Chiari che consiste in un restringimento volumetrico della fossa posteriore, occipite e sub occipite, per cui una parte di cervelletto si spinge all’interno del forame magno. Hans Chiari descriveva quattro tipi di malformazioni, chiamati Chiari 1,2, 3 e 4. Durante le lezioni su questa anomalia, tenute dal dottor Lorenzo Genitori, Direttore della Neurochirurgia dell’AOU Meyer, presso la Scuola Italiana di Osteopatia Pediatrica SIOP, gli allievi della scuola hanno modo di soffermarsi sul primo tipo di sindrome di Chiari, andando ad analizzare segni e sintomi di questa patologia.

“Per l’osteopata è importante conoscere il Chiari – spiega il prof. Genitori – i sintomi sono molto spesso molteplici e variegati ed è molto importante saperli riconoscere per indirizzare al meglio il paziente. Per esempio, alcuni segni sono relativi all’impegno delle tonsille cerebellari all’interno del forame magno e dei nervi cranici, che accompagnano verso il basso la pulsazione cerebellare. Soprattutto l’undicesimo nervo, che essendo stirato verso il basso, determina un tipico dolore nucale, molto intenso e molto rapido, assolutamente caratteristico di questa anomalia. Spesso però i pazienti hanno sintomi soggettivi, con dolori diffusi, alle gambe o agli arti superiori, sintomi che possono essere scambiati con delle fibromialgie, ma che invece possono nascondere una anomalia di Chiari. Per poter identificare la Sindrome di Chiari è importante sapere che, soprattutto in età pediatrica, una delle manifestazioni può essere una scoliosi che riconosce la sua causa proprio in questa anomalia o in una sindrome del midollo ancorato, spesso interconnesse tra di loro. Durante le lezioni ci soffermiamo ad approfondire questi temi, al fine di dare gli strumenti necessari per poter accompagnare i pazienti e sostenere e migliorare il loro stato di salute”.

Come sostiene il Direttore della SIOP, l’osteopata Tommaso Ferroni: “Imparare a lavorare in armonia con le forze embriologiche che hanno portato alla formazione della fossa cranica posteriore, forze che restano attive e potenzialmente sostenibili per tutta la vita, ci permette di favorire l’ampiezza di respiro della struttura ossea, dando un credito di volume al contenuto della parte di cervello che abita lo spazio compreso fra il tentorio del cervelletto ed il forame magno.”



Non c’è un età specifica per l’evolversi della anomalia di Chiari I, può essere diagnosticata nel bambino molto piccolo, ma anche nell’adulto. Una persona può convivere con questa forma anatomica, senza conseguenze, fino a quando essa si scompensa portando i sintomi clinici. “Accade sempre più spesso che gli osteopati siano contattati dai pazienti direttamente, senza passare da figure quali il neurologo o il neurochirurgo, anche in presenza di cefalee, di sindromi vertiginose, di perdite di coscienza, di rigidità nucale, di parestesie o dolori diffusi agli arti”, prosegue Ferroni, che spiega anche “saper riconoscere segni di allarme, tipici dell’anomalia di Chiari, ci ha permesso in questi anni di intercettare alcuni casi, che poi sono stati diagnosticati Sindrome di Chiari, talvolta operati e altre trattati osteopaticamente in modo conservativo. Nei casi che rispondono a certi segni e sintomi, noi osteopati dovremmo contattare i medici curanti o i pediatri, comunicare loro i nostri dubbi e confrontarci sull’ipotesi di un consulto con un neurochirurgo”.

Una delle maggiori complicanze a lungo termine è la siringomielia, cioè la penetrazione all’interno del canale ependimale midollare di grandi quantità di liquor, che, dilatando il midollo spinale dall’interno, creano una compressione importante sulle vie nervose, sensitive e motorie. Sottolinea il dottor Ferroni “L’ascolto e il sostegno del sistema fluidico, a partire dalla fluttuazione del sistema liquorale, la potenza con cui questa si manifesta, la sua capacità di ritorno e riassorbimento, sono aspetti che sperimentiamo nella pratica osteopatica. La siringomielia si manifesta con una sensazione palpatoria molto precisa, inconfondibile una volta che si è ascoltata. Sostenere un sistema in cui è presente questa patologia, presenta rischi nel trattamento che dobbiamo conoscere.

 All’ospedale Meyer di Firenze si contano circa un centinaio di nuovi casi in un anno, “con una indicazione chirurgica di circa il 70%” – sottolinea il prof. Genitori questo perché non tutte le anomalie di Chiari devono essere operate: questo capita perché dietro il contesto di anomalie di chiari ci sono numerose variabili legate a quanto il volume della fossa posteriore si riduce; quindi si va da casi in cui la riduzione è importante e con Chiari severi, a dimensioni più lievi dove il Chiari rappresenta soltanto una variante anatomica senza nessuna rilevanza clinica”.
La diagnosi precoce resta comunque fondamentale, perché quando il Chiari crea i primi disturbi in genere non è presente la siringomielia, e quindi la correzione chirurgica, con tecnica, mini invasiva, permette una guarigione definitiva. Nei casi in cui i sintomi durano nel tempo, e vi è siringomileia, la soluzione diventa più difficile. Anche in questo si colloca il ruolo dell’osteopata esperto, nel favorire l’accorciamento dei tempi medi diagnostici.
In età adulta invece, in molti casi, il quadro sintomatologico può essere dominato dalla sindrome del midollo ancorato occulto, dove il paziente spesso oltre alla sintomatologia algica presenta parestesie diffuse, soprattutto agli arti inferiori, e disturbi sfinterici con episodi di incontinenza urinaria. Anche l’alvo stitico associato da anomalie del piccolo bacino o del perineo, presenti in gran parte dei casi nella donna, possono essere associati a questa sindrome. È molto importante riconoscerla perché un piccolo intervento chirurgico, volto a liberare il filum terminale, può essere molto efficace. In questi casi il ruolo dell’Osteopatia assume rilevanza nell’armonizzare la dinamica del movimento del coccige, la sua relazione con l’amaca del pavimento pelvico e con tutto il sistema fasciale anteriore, che subisce una alterazione, una volta sezionato il filum terminale. In tali casi Osteopata e Fisioterapista lavorano in sinergia per il recupero completo della componente propriocettiva della regione del perineo.
Dopo quasi un decennio di scuola, sono molti i casi in cui l’Osteopata intercetta la Sindrome di Chiari grazie alle sue conoscenze specifiche e può aiutare veramente il paziente nel suo percorso di cura, come evidenzia in conclusione il dott Ferroni: “La SIOP da anni offre un percorso di primissimo livello per permettere agli studenti di saper riconoscere e affrontare nel migliore di modi questa patologia. Dai primi passi conoscitivi su questa patologia ad oggi, abbiamo preso consapevolezza del ruolo dell’Osteopatia nel momento diagnostico e nel trattamento, sia esso post chirurgico o conservativo, sia che si tratti di decompressione osteoligamentosa della fossa cranica posteriore o della sezione del filum terminale.”