In Italia ogni anno circa 40mila bambini nascono pre-termine e il ruolo dell’osteopatia in questo ambito e nella Terapia Intensiva Neonatale sta acquisendo sempre più rilevanza, anche grazie alle numerose produzioni scientifiche che ne attestano l’efficacia nel supporto alla gestione e cura del bambino. Un ruolo determinante nel panorama osteopatico italiano è quello rappresentato dal lavoro che l’osteopata Andrea Manzotti svolge da 14 anni nel Dipartimento di Neonatologia e T.I.N. dell’Ospedale dei Bambini Vittore Buzzi di Milano, a fianco del dr. Gianluca Lista, dirigente del reparto di Naonatologia.

Socio fondatore di SOMA – Istituto Osteopatia Milano e direttore del Progetto RAISE, Research and Assistance for Infants to Support Experience della Onlus COME Collaboration per promuovere la salute del bambino con un approccio terapeutico multidisciplinare che comprende anche l’osteopatia, Andrea Manzotti è un osteopata da molti anni impegnato in prima linea sul fronte della ricerca in ambito osteopatico, sull’attività clinica e sulla promozione del benessere pediatrico, anche in ambito ospedaliero. Ed è proprio al Buzzi di Milano che comincia questa avventura ben 14 anni fa e che oggi coinvolge altre 3 colleghe osteopate – Erica Lombardi, Simona La Rocca e Pamela Biasi – rappresentando una presenza fissa in reparto in cui mediamente vengono eseguite tra le 60 e 100 sedute al mese, circa 15 al giorno, in base al numero di bambini e a quanto è piena la T.I.N.

È proprio Andrea Manzotti a raccontarci la storia in questa intervista.

“Tutto è cominciato dall’interesse di alcuni neonatologi che hanno visto i risultati su alcuni bambini prematuri trattati fuori dall’ospedale e sottoposti a follow-up in reparto come da prassi per i nati pretermine fino all’età prescolare”.

Come spesso accade l’osteopatia segue principalmente la strada del passaparola, motivo per cui – spiega Manzotti – “dopo aver spiegato ad una neonatologa del reparto come avessi operato su quei bambini attraverso l’osteopatia e in seguito a un trattamento eseguito proprio su questa dottoressa, grazie a lei ho incontrato il primario Gianluca Lista”.

Qual è stata la prima impressione da parte del primario e della équipe della neonatologia?

Il primario dr. Gianluca Lista inizialmente è stato molto scettico. Abbiamo intrapreso una sorta di ‘schermaglia’ ad armi impari dove un po’ seriamente, un po’ scherzosamente ci siamo presi in giro, fino al punto in cui ha deciso di cominciare a fare qualcosa insieme. Ovviamente per un anno sono entrato in punta di piedi in un contesto molto delicato quale quello della T.I.N. in cui l’introduzione di una figura come quella dell’osteopata, che necessariamente ha un approccio manuale e diretto con i bambini, che l’osteopata tocca, “disturba” cambiandogli posizione, inizialmente non è stato vista di buon occhio soprattutto dagli infermieri di reparto. Tuttavia dopo questo step iniziale di adattamento via via le cose sono migliorate in relazione ai cambiamenti a livello clinico che questi bambini iniziavano ad avere grazie all’osteopatia.



Puoi dirci qualcosa in più sul direttore Gianluca Lista?

Io lo considero un mio mentore, è una persona straordinaria dal punto di vista umano, molto attenta ai genitori e ai piccoli pazienti; è una persona dall’approccio estremamente scientifico, autore di numerose pubblicazioni e in grado di fare le scelte giuste. Questo gli ha permesso di darmi fiducia quando sul piano clinico abbiamo cominciato ad ottenere dei risultati non trascurabili con l’osteopatia.
Abbiamo così cominciato a stuzzicarci reciprocamente sulla possibilità di cominciare a fare della ricerca e siccome Gianluca Lista è tra i maggiori esperti sulla componente respiratoria, abbiamo cominciato a organizzare dei lavori sulla saturazione, sul battito cardiaco e su parametri clinici molto pratici che potessero misurare gli effetti.

Quali sono i primi risultati ottenuti per cui si è dato seguito a questo lavoro?

I risultati ottenuti si sono mostrati subito interessanti motivo per cui il direttore si è molto entusiasmato proprio per la sua forma mentis volta a poter misurare le cose che si fanno, tanto da avviare dei filoni di ricerca che tuttora stanno andando avanti e che vedono come idea principale il “tocco osteopatico” e suoi effetti misurati proprio a livello cardiaco, respiratorio o anche gastroenterico e di cui stiamo vedendo anche altre possibili applicazioni.

Quante sono le ricerche prodotte?

Abbiamo pubblicato circa 14 articoli, molti sul Neonatal Assessment Manual scorE (NAME) e sugli aspetti clinici.

In cosa consiste il NAME index che avete messo a punto? 

Questo è uno dei lavori pubblicati ed è basato sulla misurazione e valutazione dei prematuri attraverso un protocollo standard che potesse avere delle variabili di categoria e numeriche tali da poter essere utilizzate universalmente per poter capire la situazione del bambino. Così è cominciato un lungo lavoro durato 7 anni in cui abbiamo fatto questo sviluppo molto complicato di cui è stato pubblicato il razionale, la validità, l’affidabilità e la componente clinica, ossia quanto è affidabile rispetto alle patologie di cui è affetto il bambino. È stato dunque sviluppato un indice di complessità in cui sono elencate 10 tra le più comuni problematiche dei bambini in terapia intensiva confrontando con il NAME se fosse lineare e affidabile rispetto ad esse. In sostanza si tratta di un metodo innovativo in ambito neonatologico-pediatrico creato allo scopo di standardizzare la valutazione manuale e facilitarne l’interpretazione, monitorare l’andamento clinico nel tempo e migliorare la comunicazione interprofessionale.

Oggi dopo 14 anni come sono i rapporti tra osteopatia e équipe?

Oggi il rapporto si è consolidato ma nel tempo paradossalmente è stato più ostico “guadagnarsi” la fiducia degli infermieri rispetto ai neonatologi! Fondamentalmente la cosa bella è stata che a un certo punto alcuni di loro – altri infermieri sono rimasti invece ostili – si sono resi conto che nei periodi di nostra assenza in reparto, magari in quelli estivi, i bambini mostravano maggiori segni di agitazione e irrequietezza. Questo ha cominciato a suscitare interesse da parte di alcuni membri dell’équipe e pian piano la convinzione che l’osteopatia potesse essere d’aiuto. Oggi gli infermieri chiedono di entrare nei progetti di ricerca e vi partecipano, il che è una grande svolta, indice della coesione raggiunta dall’équipe.

Al netto dell’importante avanzamento nella ricerca e dei benefici che l’osteopatia apporta ai nati prematuri, qual è l’obiettivo da perseguire?

Sicuramente quello di condividere questo modello con tanti colleghi per migliorare la comunicazione non solo tra osteopati ma con le altre figure sanitarie, per cui stiamo pensando di mettere il NAME all’interno della cartella clinica, come indice di valutazione manuale del bambino. Questa cosa ha dato in qualche modo, anche agli occhi del dott. Lista, un’idea di condivisione reale che sebbene nata al Buzzi di Milano, al momento è oggetto di confronto con molti esperti di diversi ospedali perché quando si produce un indice di complessità poi ci deve essere un panel di esperti che in qualche modo lo certifichi, lo discuta e lo approvi. Questo sarà un passaggio molto interessante perché potrebbe essere una novità utilizzata da tutti per fare ulteriori studi e ricerche.

L’esperienza al Buzzi di Milano e la comprovata efficacia dell’osteopatia sui prematuri, così come altre collaborazioni osteopatiche nelle neonatologie, come a Pescara, grazie al lavoro dell’AIOT, sarebbe bello facciano da apripista a future nuove collaborazioni di osteopati nelle terapie intensive.

Per conoscere a fondo il lavoro svolto dai colleghi in ambito ospedaliero, un buon inizio è sicuramente quello di partecipare al corso che Andrea Manzotti terrà in diverse città italiane in occasione dell’assemblea soci ROI.
Il corso “The Neonatal Assessment Manual score-NAME index”, aperto a tutti i soci ROI, si terrà il 6 maggio a Bari, il 16 settembre a Firenze e il 7 ottobre a Padova. Il suo scopo è quello di diffondere tra gli osteopati il metodo affinché aumenti la raccolta dati, la condivisione e anche la critica, “perché – spiega l’osteopata Manzotti – un modello testato tra 20 osteopati che hanno fatto un training molto lungo tra di loro è chiaro che debba essere utilizzato da altri colleghi dai quali ci aspettiamo una opinione sulla valutazione”.  

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