Il dialogo tra il mondo dell’osteopatia e della medicina ufficiale può condurre ad una miglior azione terapeutica: queste le premesse che hanno spinto gli osteopati Danilo Di Fusco, Mariamichela D’Urso e Luigi Patierno – assistenti/docenti della scuola ATSAI di Bari – a proporre e realizzare il progetto “Osteopatia in ospedale, integrazione alla terapia del dolore” in collaborazione con la scuola barese ATSAI, l’UOC di Anestesia e Terapia Intensiva e l’UOSD di Terapia Antalgica dell’ospedale Monaldi di Napoli, con la supervisione del prof. Antonio Corcione e del dott. Alfonso Papa.

Il progetto nasce con l’intento di poter approvare scientificamente l’efficacia di questa collaborazione, avendo come obiettivi primari la facilitazione del processo di guarigione, la riduzione della percezione dolorosa, il miglioramento delle funzioni corporee e quindi dello stato di salute generale del paziente.

Attivato nel mese di maggio grazie alla fiducia accordata all’osteopata Di Fusco dal prof. Corcione, l’ambulatorio di osteopatia consente trattamenti della durata di 50/60 minuti, i primi tre a cadenza settimanale i successivi a distanza di quindici giorni. In questa prima fase progettuale con scadenza semestrale a dicembre 2015, le visite e le prestazioni osteopatiche sono gratuite, i pazienti non ospedalizzati possono usufruire del trattamento manipolativo osteopatico semplicemente prenotando in segreteria, ma sempre dopo l’indicazione e la visita con i medici del reparto.
Le patologie più frequentemente trattate sono le algie vertebrali, ernie del disco, nevralgie facciali, nevralgie cervico-brachiali, cruralgie e sciatalgie, anche in tutti quei pazienti che non hanno risposto al trattamento farmacologico o chirurgico.



“La collaborazione è nata da una mia conoscenza personale con il prof. Corcione – spiega Di Fusco – il quale si è subito mostrato interessato alla mia idea, chiedendomi quindi di preparare un progetto scritto e un seminario informativo per il personale medico e paramedico del reparto. Così insieme ai due colleghi abbiamo preparato il progetto e tenuto il seminario, il personale si è dimostrato entusiasta e da lì si è passati all’incontro con il direttore generale dell’Azienda Ospedaliera, che ha approvato”.

Nell’ambulatorio di osteopatia la prima visita viene effettuata dall’equipe medica del reparto, responsabile della prima diagnosi, che individua in collaborazione con l’osteopata i pazienti ospedalizzati e non, ai quali proporre il trattamento osteopatico. Successivamente alla visita medica quindi, si passa all’incontro con l’osteopata, il cui approccio clinico è quello di interpretare il sintomo all’interno dell’organismo nella sua globalità, facendo riferimento ai principi della medicina osteopatica.
“Le visite non sono quindi limitate al sintomo stesso – chiarisce l’osteopata Di Fusco –  ma allo stato di salute generale, all’osservazione degli squilibri posturali e di movimento, alla valutazione di stili di vita inadeguati, alla costante di stress e alle interferenze d’inquinamento ambientale, determinando cosi, la diagnosi di disfunzione osteopatica. L’insieme delle due diagnosi prospetterà l’approccio terapeutico migliore.

L’osteopata metterà in atto le tecniche manuali più adatte al caso concentrandosi inizialmente sulla mobilizzazione delle articolazioni e dei tessuti per ridurre le rigidità e per riattivare la libera circolazione dei fluidi e degli impulsi nervosi, in modo da stimolare il meccanismo di autoguarigione del corpo. Successivamente lavorerà sull’armonizzazione della postura e sulla correzione degli stili di vita inadeguati, allo scopo di stabilizzare i risultati ed evitare le recidive. La raccolta e l’elaborazione dei dati si effettua prendendo in analisi diversi fattori come i sintomi, lo stato generale di salute, la soddisfazione della cura e la variazione della percezione dolorosa, sia attraverso metodi riconosciuti a livello internazionale, sia attraverso metodi utilizzati dall’unità operativa.