Uno degli insegnamenti che ho ricevuto dal grandissimo Nicola Vanacore è che nella storia della medicina ci sono stati dei farmaci che sono passati alla produzione industriale per il palese effetto benefico su migliaia di persone, tanto da non rendere più necessario uno studio che ne approvasse l’efficacia. La stessa cosa penso possa valere per le tecniche intraossee sull’Osgood-Schlatter.
Questa patologia, nota anche come osteocondrosi dell’apofisi tibiale anteriore, è un’infiammazione dolorosa dell’osso e della cartilagine alla sommità della tibia per la quale, come terapia, si propone il riposo assoluto e per alcuni atleti addirittura l’abbandono dello sport, e la somministrazione di ghiaccio in fase acuta per disinfiammare la zona.

Chiedere a un atleta di smettere di fare attività motoria ritengo sia un’offesa nei confronti del “progettista”, quell’entità a cui mi piace fare riferimento quando penso alla perfezione della fisiologia, alla bellezza del sistema vivente, data dalla constatazione che qualunque forma di vita rappresenta un sistema fortemente organizzato e integrato e ogni molecola, ogni fenomeno al suo interno, deve muoversi di concerto con tutto il sistema.

Dico questo perché l’osteopatia “pensa” e agisce in questa direzione, per cui nel ragionamento osteopatico – cosa che dovrebbe riguardare qualsiasi terapia che si dica tale –  bisogna porsi la domanda “perché questo succede?”
Senza perdere di vista l’assunto che quando c’è un problema non c’è una causa sola, riguardo il caso specifico della malattia di Osgood-Schlatter, la variabile su cui in osteopatia possiamo lavorare con una efficacia significativa è sulla elasticità dell’osso.



Per essere precisi, con delle tecniche intraossee sul piatto tibiale e su tutta la tibia possiamo migliorare la densità ossea il cui aumento determina la riduzione di elasticità e quindi migliorare quella sintomatologia che i ragazzi denunciano sul tubercolo tibiale, dove si inserisce il quadricipite.
Quello che rende però queste tecniche eccezionali è che il paziente ne apprezza l’efficacia già alla fine della seduta e i benefici in tempi brevi.

Ovviamente per chiunque esprima perplessità o incredulità non gli resta che provare non avendo questo tipo di tecnica alcuna controindicazione se non quella di mettersi in gioco.
Buon lavoro.

P.S. Le suddette tecniche le potete trovare a pag. 113 del libro Lesioni intraossee. Tecniche e principi alla base dell’osteopatia.