Pubblicato su Frontiers il nuovo lavoro di ricerca targato COME Collaboration e guidato da Caterina Accardi insieme a Lorenza Bovo, supervisionato da Jorge Esteves e dal Presidente della Onlus COME, Francesco Cerritelli. Si tratta di uno studio qualitativo dal titolo: “The osteopath-parent-child triad in osteopathic care in the first 2 years of life” finalizzato a esplorare la possibile correlazione tra le indicazioni in letteratura e la pratica clinica nella gestione della diade madre/genitore-bambino durante la cura osteopatica su bimbi di età compresa tra 0 e 2 anni. Questo tenendo conto di due concetti molto importanti nell’ambito della pratica osteopatica, quello dell’enattivismo e dell’inferenza attiva, laddove il primo enfatizza il ruolo del corpo e dell’ambiente nel plasmare le nostre esperienze e la comprensione del mondo, il secondo è riferito al ruolo dell’azione e della percezione nel modellare le nostre esperienze e la comprensione del mondo.

Entrambi questi fattori forniscono una prospettiva unica sulla pratica osteopatica e su come possa essere utilizzata per facilitare un cambiamento positivo nei pazienti. “Poiché il periodo neonatale è un momento cruciale per lo sviluppo – si legge nella presentazione dello studio – gli osteopati dovrebbero mirare a creare una relazione terapeutica. Probabilmente, attraverso la creazione di senso partecipativo, gli osteopati possono aiutare il bambino a costruire un modello generativo (con precedenti positivi) per affrontare lo stress e i bisogni durante tutta la vita”.

Qui lo studio completo.



Il concetto di “alleanza terapeutica” è al centro della ricerca recentemente pubblicata su Frontiers; la creazione di senso partecipativo  attraverso la triade osteopata-genitore-bambino come fattori cruciali per promuovere uno sviluppo sano nel bambino. Per esempio, si legge nel lavoro di ricerca, “considerando le prove disponibili sul tatto durante le prime fasi dello sviluppo, che indicano il suo potenziale nell’attenuare l’attività cerebrale evocata da stimoli nocivi durante procedure dolorose, diminuire la frequenza cardiaca (HR), aumentare la saturazione di ossigeno (SpO2), promuovere l’aritmia sinusale respiratoria (un indicatore di tono vagale) e ridurre il tempo di pianto (Manzotti et al., 2020), possiamo ipotizzare che il tipo di tocco sperimentato durante il periodo prenatale possa predire come il tocco verrà percepito dopo la nascita e i potenziali effetti positivi del trattamento manipolativo osteopatico”.

Nove gli osteopati con esperienza in campo pediatrico che hanno partecipato allo studio conducendo interviste semi-strutturate le cui trascrizioni sono consultabili sul sito Open Science “La triade osteopata-genitore-bambino nella cura osteopatica”. Il lavoro ha chiarito come l’intricata interazione dei fattori contestuali, spinga gli osteopati a riconoscere il loro potenziale nell’ottimizzare i risultati terapeutici. “Coltivando un ambiente che incapsula sicurezza, protezione e connessione – si legge ancora nello studioi professionisti possono favorire non solo la guarigione fisica ma anche il benessere emotivo sia per i genitori che per i bambini”.