Ho avuto la fortuna di poter partecipare a una delle missioni che l’Associazione Kairos Osteopatia e medicine integrate ha organizzato in Kosovo. Dopo aver superato le preoccupazioni di mia madre che a 85 anni era convinta che sarei dovuto partire con casco e giubbotto antiproiettile, sono arrivato a Tirana dove dopo poco ho incontrato Tommaso Ferroni, in volo da Pisa, insieme ad altri colleghi arrivati un po’ da tutta Italia, compreso il mio fraterno collega Francesco Palamara, con cui abbiamo condiviso altre avventure. Dopo un viaggio in auto di 4 ore siamo arrivati a Pristina, capitale del Kosovo, per raggiungere l’ospedale pediatrico Sheikha Fatima Children’s Hospital in cui, dal febbraio 2023, Tommaso Ferroni, osteopata all’AOU Meyer e Direttore della Scuola Italiana di Osteopatia Pediatrica – SIOP, organizza “missioni osteopatiche” in cui vengono trattati tutti i bambini ricoverati in ospedale in ben 9 reparti.

Questa a cui ho partecipato non era infatti la prima missione Kairos in questa regione dei Balcani, bensì la quinta con cadenza bimestrale. Questa collaborazione nasce dopo anni di progettazione, con la prima missione esplorativa a febbraio 2023, in occasione di un viaggio con una delegazione italiana di medici e rappresentanti di associazioni toscane per l’impianto di alcuni cateteri venosi pediatrici. L’interesse fu subito molto alto e il Primario di Oncoematologia diede a Ferroni la possibilità di trattare i bambini, oltre ad organizzare una conferenza alla presenza di tutti i capi reparto dell’Ospedale per spiegare il razionale osteopatico, soprattutto in riferimento alla diminuzione del dolore dei pazienti, come da studi medico-scientifici fatti presso l’AOU Meyer e pubblicati recentemente. L’importanza dei risultati ha presto guadagnato la massima disponibilità da parte della direzione del nosocomio e del ministero della salute kosovaro che ha autorizzato le missioni umanitarie condotte dal team di osteopati italiani, guidato da Tommaso Ferroni, in tutti i reparti dell’ospedale, dalla TIN alla cardiologia, al fine di potenziare la salute dei suoi piccoli pazienti. A marzo 2024 infatti è stato firmato il Protocollo Internazionale da parte del Ministero della Salute kosovara, che sancisce questa collaborazione.

Ogni 2 mesi partono dall’Italia da 10 a 15 colleghi che in una settimana di lavoro trattano circa 80 bambini con una media di 180 trattamenti osteopatici. Ciò invita a riflettere su quanto sarebbe bello poter riprodurre la stessa cosa nei nostri ospedali a tutto beneficio dei piccoli pazienti, che siano nati in luoghi più o meno fortunati.

È incredibile scoprire come a distanza di anni dallo scoppio della guerra fraticida tra serbi e kosovari-albanesi, ancora oggi nel centro del Kosovo ci si imbatta in bandiere serbe issate sui tetti delle case, rendendo ancora indispensabile la presenza delle truppe Nato oltre che dei nostri carabinieri, che anche questa volta abbiamo omaggiato con una mezza giornata osteopatica dedicata a loro, così impegnati a sostenere la cittadinanza e aiutare per esempio a trovare i farmaci o qualsiasi bene introvabile in quella zona.



I carabinieri sono benvoluti non solo dagli albanesi del Kosovo ma anche dai Serbi e difatti solo con loro è stato possibile andare a Mitrovica, città serba in territorio Kosovaro ma al confine con la Serbia per trattare dei bambini con patologie gravi accuditi da una associazione del posto.

C’è talmente tanto fermento e accoglienza nei confronti dell’osteopatia e degli osteopati italiani che il Rettore dell’Università di Gjilan, città ad un’ora da Pristina, ha richiesto un appuntamento con Ferroni e il suo team di osteopati pediatrici, per iniziare a progettare l’apertura del primo corso universitario di Osteopatia in Kosovo. È bellissimo vedere quanto gli italiani siano apprezzati in queste nazioni e quanto si possa essere utili in ospedale quando il personale sanitario riesce a liberarsi dalle ‘corazze delle professioni’, mettendo al centro la salute dei bambini, che è l’unica cosa che conta davvero.

Infine non posso non sottolineare la capacità, la passione e la dedizione dei miei compagni di viaggio che mi rendono orgoglioso da osteopata anziano della qualità della formazione e quindi della preparazione degli osteopati italiani che si distinguono non solo nel nostro Paese, ma anche in giro per il mondo.