La caratteristica predominante della medicina odierna è di essere orientata in termini di medicina difensiva, tanto che è proprio il Ministero della Salute a denunciare la diffusione di questo fenomeno tra gli operatori definito “preoccupante”, nel tentativo di minimizzare il rischio di contenziosi legali futuri (leggi qui il documento ministeriale).

Il rispetto ossessivo dei protocolli e la modalità con cui agiscono tutti i medici in Italia è dettata dalla paura di essere denunciati. Indubbiamente in questi ultimi anni il fenomeno è dilagato e giustamente tutti i terapeuti prendono le loro precauzioni. Noi siamo osteopati, esercitiamo una professione che di fatto non è riconosciuta e per questo siamo maggiormente influenzati da questo timore comune.

La mia idea è che se si esercita questa professione con amore, credendo fermamente in quello che si fa, non c’è da avere alcuna preoccupazione.

Partendo da questo imprescindibile presupposto, il punto non è quindi l’esercizio della professione osteopatica in sé, ma come la si esercita. E questo vale non solo per la nostra professione, ma per ogni disciplina medica, che va esercitata con coscienza e soprattutto con competenza.

Il corso di marketing Osteopatico Etico in programma a Bisceglie il week-end dell’8 e del 9 novembre entrerà nel merito di questo ed altri argomenti, con l’obiettivo si spiegare l’importanza della comunicazione e del rapporto col paziente, che si basa innanzitutto sulla percezione che questo ha del proprio terapeuta e che ne influenza inevitabilmente il rapporto.



“Ci crediate o no, il rischio di essere citati in giudizio per negligenza ha ben poco a vedere con il numero di errori commessi da un medico. L’analisi dei procedimenti di questo genere indica che ci sono bravissimi medici che finiscono in tribunale e medici che fanno un sacco di errori che non vi finiscono mai”. Questo è un passaggio significativo preso in prestito dal libro di Malcom Gladwell “In un batter di ciglia”.

Anche in campo osteopatico, fondamentale è il trattamento subìto a livello personale prima ancora che osteopatico a rappresentare una variabile di grande valore.
“In altre parole – scrive Gladwell – i pazienti non ricorrono ai giudici perché sono stati danneggiati da una cura sbagliata, ma perché sono stati danneggiati da una cura sbagliata più qualcos’altro”. Ossia il tipo di trattamento subito dal medico a livello personale. Nello specifico, afferma un avvocato di primo piano in questo campo citato in questa ricerca, “la gente non cita in giudizio un medico per il quale prova simpatia”.

Malcom Gladwell cita nel suo libro il lavoro della ricercatrice Wendy Levinson che ha registrato centinaia di conversazioni fra un gruppo di medici (metà dei quali non avevano mai ricevuto una citazione, gli altri almeno due) e i loro pazienti, scoprendo nette differenze tra i due gruppi: i medici mai stati citati in giudizio dedicavano in media ad ogni paziente oltre 3 minuti in più di quelli che erano stati citati (18,3 minuti contro 15). “In questo tipo di cause – si legge nel testo – ricorre continuamente l’accusa, da parte dei pazienti, di essere stati liquidati in fretta e furia, trascurati o trattati bruscamente”.

Il corso di Marketing Osteopatico Etico che terrà a Bisceglie (BT) il 7 e l’8 novembre, si propone proprio di analizzare, tra gli altri aspetti, quello della comunicazione, prerogativa importante e basilare per sviluppare rapporti adeguati in diversi contesti, a partire dal proprio studio di osteopatia e dal modo in cui ci si pone con i pazienti.
Come ben sappiamo, l’ascolto è una prerogativa essenziale della pratica osteopatica e dovrebbe essere consolidata, in quanto determinante per l’instaurarsi di un buon rapporto tra osteopata e paziente. Ma questo purtroppo non è sempre vero in quanto il vero ascolto prevede l’annullamento del giudizio, che è cosa difficile nel nostro contesto culturale estremamente “giudicante”. Il giudizio si esprime attraverso la comunicazione verso gli altri e verso se stessi.

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