In fisica, per diversi anni si è considerato il sistema vivente uomo, come un modello di sistema chiuso. Nei sistemi chiusi, per il secondo principio della termodinamica, l’energia interna del sistema, tenderà inevitabilmente ad aumentare il suo stato di disordine, la sua entropia, fino a divenire un sistema caotico che tenderà a mettere in crisi l’esistenza dell’intero sistema.  Successivamente si è fatto strada un modello diverso che include in sé anche i sistemi chiusi, ma che di questi ne fa un caso particolare di una teoria più complessa ed adattabile ai sistemi viventi ed ai sistemi considerati non viventi.

Vediamo come…

Entropia: la legge del Caos

La prima formulazione della seconda legge di termodinamica fu opera del fisico francese Sadi Carnot nel 1824. Egli basò la sua conclusione sull’osservazione dei motori termici, in cui il processo fisico di dispersione del calore e dell’energia è evidente, così come la constatazione che ogni motore tende verso una rottura. Carnot e la successiva generazione di scienziati si convinsero che la seconda legge di termodinamica doveva essere applicabile anche al resto dell’universo.
C’era un solo evidente problema: gli organismi viventi non sono macchine e non si conformano così precisamente alla legge di Carnot.  Il problema dell’origine e evoluzione del DNA, con le sue mirabili complessità, pose in evidenza l’inadeguatezza della seconda legge di termodinamica; tuttavia,  la comunità scientifica reagì irrigidendosi e considerando la vita sul pianeta una sorta di caso, un temporaneo fenomeno che sarebbe stato distrutto dal flusso delle leggi dell’universo verso il disordine.

Prigogine: ordine e caos per l’evoluzione

Negli ultimi decenni, numerosi scienziati, consapevoli dell’eccessiva ristrettezza dell’attuale interpretazione scientifica della termodinamica, hanno cercato un approccio alternativo. La pubblicazione del libro del fisico austriaco Erwing Schrödinger, “What is life ?”, mostrò la possibilità di una successiva riconciliazione tra la seconda legge e l’evidente spinta dei sistemi viventi verso la complessità. Ma il ricercatore che più di ogni altro ha rivoluzionato la termodinamica è Ilya Prigogine, premio Nobel nel 1977. Prigogine era convinto della necessità di rivedere profondamente l’interpretazione e la logica stessa della seconda legge di termodinamica applicata alle strutture viventi. Per anni lavorò alla formulazione matematica di leggi che chiarissero la comprensione dei processi di auto-organizzazione, una delle caratteristiche fondamentali degli organismi viventi. Prigogine offrì una comprensione totalmente nuova dei processi termodinamici che possono essere così riassunte.
La maggior parte dei sistemi che conosciamo (viventi e non) sono sistemi aperti ossia in continuo scambio di materia (energia) e informazioni con l’ambiente.
Prigogine descrive tali sistemi come strutture dissipative, e li paragona ai vortici nella corrente di un fiume, perché hanno la caratteristica di essere sistemi fluttuanti, e quindi instabili, lontani dell’equilibrio termodinamico: per vivere, devono consumare continuamente energia.
I sistemi aperti, ricevendo forti stimoli dall’esterno, possono arrivare ad ampie fluttuazioni che pongono l’intero sistema in situazione di crisi.
Quando la fluttuazione è così potente da rendere instabile l’intera struttura, il sistema si trova ad un punto di crisi che Prigogine chiama punto di biforcazione, in cui il sistema si auto-organizza ad un livello di ordine superiore, oppure si disgrega verso il caos.

Uno degli aspetti più interessanti delle strutture dissipative – scrive Prigogine nel testo “La nuova Alleanza” – è certamente la coerenza del sistema nel suo insieme.  Al di là del punto di biforcazione, il sistema sembra comportarsi come un tutto. Contrariamente al fatto che le forze di interazione tra molecole non sorpassano una portata dell’ordine di 10 alla -8 cm., il sistema si struttura come se ogni molecola fosse “informata” dello stato complessivo del sistema stesso. Per dirla in termini antropomorfi: lontano dall’equilibrio la materia comincia a “percepire” il suo ambiente. “Comunicazione” e “percezione” sono le parole chiave del nuovo comportamento della materia lontano dall’equilibrio.



Materia viva che conosce

Secondo questa concezione l’ordine di un sistema deve passare attraverso un processo di aumento del caos, di crescita del disordine, per evolversi ad un ordine più elevato e complesso.
Le strutture che riescono a superare il punto critico di biforcazione si riorganizzano in una struttura nuova; vengono chiamate strutture dissipative proprio per la capacità di dissipare il nuovo flusso di energia o di informazione. Per questa teoria Prigogine vinse il Premio Nobel nel 1977.
Questa visione ci dice che sistemi aperti auto-organizzanti sono la norma nell’universo, mentre i sistemi chiusi, come quelli descritti dalla seconda legge della termodinamica, sono una sorta di eccezione. Un altro aspetto: il caos non è solo il fine a cui tende l’intero universo, ma uno stato progenitore dell’ordine.
Così facendo, Prigogine ha rovesciato le implicazioni delle equazioni matematiche della termodinamica classica, ed ha aperto dimensioni di ricerca e speculazione, totalmente nuove, in cui la materia ha enormi potenzialità evolutive, sconosciute prima d’ora.
“Questo è il cuore del messaggio – scrive Prigogine – la materia non è inerte, essa è viva e attiva. Le ricerche di questo studioso sono state utilizzate in numerosi campi come la sociologia, la meteorologia, la biologia e la cosmologia”.
Prigogine sottolinea come questi fenomeni, che tendono ad un livello di ordine sempre più elevato, benché sempre coerenti con le leggi fisiche, ribaltano la concezione classica della seconda legge di termodinamica come tendenza al disordine. Egli esprimeva il suo stupore nel riconoscere che non solo gli uomini ma anche i protozoi mostrano di partecipare a questa danza evolutiva delle informazioni.
La cosa più affascinante è che, in qualche modo, ogni molecola conosce ciò che le altre molecole stanno facendo nello stesso tempo, ad una distanza relativamente macroscopica. Questi esperimenti, continua Prigogine, ci danno esempi di come le molecole comunicano.

Il principio di sintropia o di tendenza all’ordine

Se il principio di entropia può essere considerato come la misura dell’ignoranza, il suo opposto, il principio di sintropia (da sun: insieme, nello stesso tempo e tropos: direzione)  può a ragione essere considerato la misura della conoscenza.
La sintropia, come opposto dell’entropia, implica coerenza, bellezza, armonia, cooperazione, significato. Riassumendo, relativamente al secondo principio di termodinamica abbiamo in realtà due aspetti della stessa legge, che si può manifestare nel suo aspetto entropico, riduttivo e tendente al disordine, in particolare quando la si applica ai sistemi chiusi, come le macchine a motore; se viene applicata ai sistemi aperti, come gli esseri viventi, può manifestare il suo aspetto nega-entropico (sintropico), unitivo e tendente all’ordine. Tratto da: www.globalvillage-it.com

Principi Entropico-sintropici in osteopatia

In osteopatia uno dei pilastri scientifici da osservare è proprio il principio entropico-sintropico.
Quando un organismo o una parte di esso, tende verso il disordine compaiono segni disfunzionali più o meno evidenti, fino a sfociare in una patologia vera e propria.
Still diceva, che “il corpo contiene in sé tutto ciò che gli serve per essere in ordine” e che sta all’osteopata muovere le strutture corporee appositamente, in modo tale che l’equilibrio perduto possa essere ritrovato dall’organismo stesso.
Gli esseri umani, tendono ad un aumento dell’attività del loro sistema, che è possibile arrivi una o più volte al “punto di biforcazione” descritto nella teoria sintropica. Sicuramente il sistema umano tende a fluttuare in continuazione tra stati diversi in cui lo stadio di biforcazione, la crisi che spinge verso un salto quantico in direzione di maggiore ordine e coerenza o verso stati maggiormente caotici può presentarsi più di una o più volte nella vita di uno stesso soggetto.
La malattia si inscrive allora in un area che tende ad essere vicina a tale punto critico.  E’ per questo motivo che alcune patologie possono avere un esito nefasto come  una fenomenologia quasi “miracolosa” rispetto alla crescita dell’intero sistema vivente. Dove per miracolo si intende un’ improbabile cambiamento verso direzioni di unità e coerenza.

L’osteopata, come altre figure professionali terapeutiche, si inscrive allora, in una relazione tra sistemi aperti, in cui, attraverso tecniche specifiche si informa l’organismo e tutto il sistema vivente, in modo da agevolarlo nel passaggio verso un nuovo stato di ordine. E’ per lo stesso motivo, che i sintomi spesso possono esacerbarsi momentaneamente, per poi generare uno stato di benessere da cui non si ritorna indietro.
Succede così: il terapeuta, attraverso l’interazione con il paziente, induce una facilitazione a passare il punto critico tra entropia e sintropia.

  • 1^ fase: aumento dell’entropia con conseguente aumento della sintomatologia
  • 2^ fase a) L’impatto terapeutico non è stato sufficiente e, ad un aumento dei sintomi non è corrisposto un successivo miglioramento
  • 2^ fase b) L’impatto terapeutico è stato talmente basso che la percezione del paziente è che nulla sia cambiato da prima a dopo il trattamento
  • 2^ fase c) L’impatto terapeutico è stato sufficiente a superare il punto critico e, dopo un iniziale aumento sintomatologico, il paziente è migliorato significativamente
  • 2^ fase d) Il paziente non ha accusato esacerbazioni del sintomo ed è stato subito meglio.
    Significa, che: o era già al punto critico e l’impatto terapeutico lo ha fatto direttamente andare oltre, in area sintropica. O che non si era di fronte ad un punto critico vero e proprio ma ad una fluttuazione meno importante del sistema.

Per spiegare meglio, le fluttuazioni del sistema, se basse, tendono sempre a risolversi in un tempo relativamente breve, senza grossi intoppi, in maniera autonoma. Punti importanti di passaggio entropico-sintropico, se si risolvono da soli, lo fanno in tempi relativamente lunghi e con stati di disagio per il soggetto a volte grave e a volte critico per l’intero sistema vivente.

  • 3^ fase a) Stabilizzazione del sistema ad un livello diverso dal precedente, con una percezione del proprio benessere globale aumentata
  • 3^ fase b) Stabilizzazione ad un livello diverso di benessere senza particolari percezioni di coscienza ad altri livelli se non rispetto al piano fisico
  • 3^ fase c) Stabilizzazione ad un livello di benessere generale aumentato nonostante la non completa risoluzione dello stato entropico a livello fisico

Stati diversi corrispondono a cambiamenti parziali del sistema vivente. Il sistema può andare in crisi in alcuni settori, o nel suo complesso.
Come avviene questo?
Il terapeuta si presume essere una fonte di informazione – energia che spinge verso un maggiore ordine e coerenza il sistema vivente del paziente.
Le tecniche usate in osteopatia contengono una certa dose di energia ed una certa dose di informazione. Alcune tecniche contengono un’ informazione molto precisa ed importante, accompagnate da una energia bassa. Altre tecniche contengono meno informazione coerente ed organizzata ma un quantitativo energetico più elevato.
Le tecniche a leva corta, ad esempio sono depositarie di un elevato livello di energia accompagnata, spesso, da una relativamente bassa coerenza informazionale. Le tecniche craniali sono invece molto ricche di informazione ma con un basso livello di energia applicato nell’unità di tempo.
L’ideale è raggiungere nella terapia, livelli di attuazione delle tecniche, con la massima efficacia in termine di informazione e di energia prodotta. Questo è il meccanismo che induce il sistema paziente ad una possibilità molto più alta di superare gli stati di fluttuazione del suo sistema, compresi i livelli di fluttuazione chiamati: punti critici.
Per fare questo è necessario che, prima di tutto l’osteopata stesso divenga un sistema vivente il più possibile energizzante e fonte di informazione coerente. Questa possibilità è offerta da differenti percorsi nella vita di ognuno. Sicuro è che il terapeuta abbisogna, prima di tutto di aver esperito un tale processo di sintropia in sé stesso, prima di poter entrare attivamente in questo paradigma di lavoro.

Andrea Ghedina D.O.
www.andreaghedina.com