In attesa che anche gli altri candidati alla presidenza del ROI ci inviino il proprio programma, iniziamo col proporvi quello di Paola Sciomachen la quale, in una lettera aperta agli elettori, elenca una serie di spunti di riflessione e di punti programmatici.
Cari colleghi,
ho maturato la decisione di presentare la mia candidatura come presidente ROI in questo ultimo periodo, dopo lunga e ponderata riflessione e dopo aver lavorato per lungo tempo insieme al presidente Rossi a cui riconosco i meriti e il lavoro di tutti questi anni, che hanno visto una crescita ed un’affermazione del registro, divenuto sicuramente punto di riferimento nel panorama dell’osteopatia italiana. Fatto salvo tutto ciò, ora sono assolutamente convinta che il ROI abbia bisogno di un importante cambio di passo sia
nella gestione dell’associazione sia negli obiettivi.
Mantenere a lungo un unico riferimento alla presidenza crea necessariamente un’impostazione dell’associazione personalistica ed autoreferenziale, probabilmente necessaria ed inevitabile in una prima fase ma meno vantaggiosa quando si rendono necessari il contributo e la partecipazione condivisa di tutti. Il senso di appartenenza ad un’associazione lo si guadagna con il confronto, l’informazione e la circolazione di idee, che non vanno vissuti come attacchi personali ma come ossigeno e linfa vitale per l’associazione.
Non è un caso che gli statuti delle associazioni (compreso il nostro) nonché degli organismi di amministrazioni pubbliche e private prevedano un limite ai rinnovi dei mandati. A mio avviso il ROI oggi soffre della mancanza di informazione, di scambio e di dialogo necessari per portare avanti scelte condivise sia in ambito politico sia associativo. Anche per questo si è creata una situazione di estremo disagio e confusione di fronte ai recenti accadimenti.
Il ROI si è attivato nell’ultimo periodo nel portare avanti la norma UNI, alla quale anche io ho lavorato con impegno. Essa individua le caratteristiche proprie del professionista di Osteopata, le elenca secondo i criteri delle competenze, conoscenze ed abilità. Tale norma è volontaria e non cogente, in quanto non sostituisce alcun titolo professionale. L’obbiettivo, per noi che attualmente non beneficiamo di alcuna forma di riconoscimento, era quello di avere una norma che potesse offrire una tutela sia all’utente, sia al professionista.
Le norme UNI, tuttavia, possono disciplinare solo professioni non regolamentate in albi o ordini, diverse dalle professioni sanitarie (con riferimento alla legge 4/2013): come certamente saprete, il ministero della salute si è recentemente espresso definendo di tipo sanitario le attività dell’Osteopata. Conseguentemente, l’UNI ha immediatamente sospeso la nostra norma.
L’UNI correttamente ha chiesto al ministero di specificare quali fossero le attività di tipo sanitario che venivano contestate. La risposta del ministero per noi dovrà essere assunta come dato per richiedere un riconoscimento dell’osteopatia come professione sanitaria. Noi siamo Osteopati, non medici, non fisioterapisti ma nemmeno operatori del benessere o altro.
L’osteopatia ha una sua identità, una sua storia, una sua cultura filosofica che la distingue dalle professioni ora regolamentate in Italia, ha un suo ambito specifico nella prevenzione e nel mantenimento dello stato di salute della persona e prevede un percorso formativo che intende dare una competenza che consente di esercitare una professione autonoma, primaria e in ambito sanitario.
E’ fondamentale condividere questo pensiero non solo a parole ma dobbiamo agire perché questo accada visto che il ministero della salute si è espresso facendoci uscire dall’ambiguità che ci aveva autorizzati a percorrere strade alternative.
Agire significa per il professionista che lavora nel proprio studio continuare ad esercitare la professione di osteopata con le competenze e le specificità che gli sono proprie, significa rimanere nel proprio ambito senza sovrapporsi ad altre figure professionali. Significa praticare una professione non ancora regolamentata rivendicandone l’identità.
Per il registro significa interloquire con il ministero della salute proponendo in modo concreto il nostro percorso formativo nella consapevolezza che non può essere una laurea specialistica di fisioterapia né un master.
Il percorso è difficile ma dobbiamo intraprenderlo mettendo in atto le strategie più adeguate con estrema competenza:
- avvalendoci del contributo competente di specifici specialisti;
- elaborando delle proposte concrete e sostenerle unitariamente;
- sensibilizzando le istituzioni, gli utenti, tutte le figure sanitarie con le quali abbiamo sempre collaborato, sull’impatto della nostra attività sua nel tessuto sociale che economico;
- coordinandoci con le associazioni degli osteopati presenti sul territorio per perseguire insieme lo stesso obiettivo, per proporci come gruppo unitario di osteopati;
- coordinandoci con le associazioni e le istituzioni a livello europeo e anche su questo argomento comprendere quali siano i percorsi giuridici realmente praticabili e come affrontarli. l’Italia non può evitare di confrontarsi con la realtà europea in cui l’osteopatia è presente in modo autonomo e in questa direzione ne chiede il riconoscimento;
- stimolando le scuole perché si mettano nelle condizioni di effettuare una formazione che fornisca un percorso di studio che abbia le stesse caratteristiche che noi andremo a richiedere come necessarie per la formazione dell’Osteopata permettendo agli studenti in formazione di ottenere un titolo di studio idoneo per svolgere legittimamente l’attività professionale.
- studiando percorsi utili affinché agli Osteopati già presenti sul territorio venga data la possibilità di essere riconosciuti studiando, con l’aiuto di esperti di formazione, le soluzioni migliori.
Nel frattempo non dobbiamo chiuderci in difesa, ma dobbiamo aprirci sempre di più verso lo studio, la conoscenza e l’approfondimento delle nostre materie, dobbiamo dialogare sempre di più e in un modo sempre più appropriato e competente, con il mondo scientifico, con i medici, con i fisioterapisti e con i media.
Dobbiamo fare sentire la nostra presenza evitando il più possibile divisioni e polemiche in ambiti pubblici ma confrontandoci in modo serio e costruttivo nei luoghi che ci sono propri, potenziando all’interno del registro spazi e modi per comunicare con modalità più efficaci ed immediate.
Paola Sciomachen