I disordini temporo-mandibolari (DTM) sono un sottogruppo di disturbi appartenenti alle sindromi dolorose cranio-facciali e che vedono coinvolti elementi anatomici come l’articolazione temporo-mandibolare, i muscoli masticatori e le strutture muscolo-scheletriche associate di testa e collo. I pazienti con TMD soffrono spesso di dolore localizzato, alterazioni della cinetica mandibolare, rumori articolari (es. click, crepitii) e possono lamentare sintomatologie meno specifiche tra cui otalgia, senso di soffocamento, acufeni, vertigini, dolore al collo e mal di testa. Sebbene non pericoloso, questo disturbo può influire notevolmente sulla qualità della vita della persona, soprattutto in caso di cronicizzazione dei sintomi.
Inizialmente, si era soliti pensare che il dolore cronico associato ai DTM dipendesse esclusivamente da precise influenze periferiche, in particolare, l’infiammazione cronica dell’articolazione temporo-mandibolare (ATM), microtraumi localizzati a livello dei muscoli masticatori e disfunzionalità oro-motorie. Tuttavia, successive osservazioni hanno evidenziato una scarsa correlazione tra gravità del dolore e patologia tissutale, ed è stato sottolineato come i fattori eziologici periferici, in questi pazienti, non siano chiaramente identificabili. Inoltre, le evidenti comorbidità fra DTM e le sindromi funzionali somatiche (es. fibromialgia, fatigue e colon irritabile) ha dato vita ad ulteriori quesiti.

Review Sistematica di un team di ricerca cinese dei più importanti studi di neuroimaging del settore

Con lo scopo di fare luce sulle basi neurofisiologiche del dolore cronico associato ai DTM ed elencare una panoramica delle principali alterazioni funzionali e strutturali evidenziate dalla letteratura, un team di ricerca cinese (Yuanyuan Yin et al.; 2020)1 ha condotto una revisione sistematica dei più importanti studi di neuroimaging del settore e considerato i principali reperti fino ad oggi raccolti.
In particolare, gli studiosi si sono concentrati su tutte le variazioni, strutturali e funzionali, dei principali sistemi neurologici di elaborazione del dolore cranio-facciale (es. via ascendente trigemino-talamo-corticale) e di tutte le aree centrali funzionalmente associate: area motoria supplementare (SMA), corteccia prefrontale dorsolaterale (dlPFC), corteccia motoria primaria (M1), corteccia somatosensoriale primaria (S1), corteccia medio-cingolata (MCC), corteccia prefrontale mediale (mPFC), corteccia cingolata anteriore/posteriore(ACC/PCC), corteccia insulare anteriore/ posteriore (aIC/pIC), Grigio periacqueduttale (PAG), Nucleo sensorio principale del Trigemino (Vp), Raphe magnus (RM) e la porzione caudale del nucleo spinale del trigemino (SpVc).

Risultati della Review Sistematica

Sistema trigemino-talamo-corticale: sono state confermate alterazioni microstrutturali delle radici nervose trigeminali e ricondotte ad un aumento, nel lungo termine, degli input nocicettivi periferici. Inoltre sono state riportate interessanti modifiche all’interno della porzione caudale del nucleo spinale del trigemino (SpVc), un sub-nucleo deputato all’elaborazione degli input nocicettivi oro-facciali. Il SpVc dei pazienti con DTM, infatti, presenta una locale riduzione del volume della sostanza grigia ed un contemporaneo aumento del flusso ematico. La riduzione della sostanza grigia è stata ricondotta a una possibile ipotrofia/atrofia della glia, a perdite neuronali e ad una riduzione della densità dendritica, mentre l’aumento del flusso ematico parenchimale è stato ricondotto ad una particolare risposta compensativa dipesa dall’aumentata attività neurale in un contesto di ipotrofia cellulo-gliale. Inoltre, è stato ipotizzato che i persistenti input nocicettivi trigeminali causerebbero variazioni strutturali talamiche (aumento del volume di sostanza grigia), creando di conseguenza una via facilitata per le informazioni sensoriali veicolate dal talamo alla corteccia somato-sensoriale primaria (S1).
Questi reperti confermerebbero l’ipereccitabilità delle vie di elaborazione nocicettiva e spiegherebbero come mai i soggetti sintomatici con DTM presentino algia anche in caso di stimoli innocui e non dolorosi.

Sistema laterale e mediale del dolore: i sistemi laterale e mediale del dolore sono due differenti percorsi di elaborazione del dolore responsabili delle differenze individuali sperimentate dall’individuo in caso di sintomatologia dolorosa. Come descritto da precedenti studi (Kulkarni B et al.; 2005)2, il sistema laterale viene coinvolto per la percezione prettamente sensoriale del dolore (si proietta dai nuclei talamici laterali verso le cortecce somato-sensoriali primarie e secondarie), mentre il sistema mediale è coinvolto nei processi di elaborazione emotiva associata al dolore (si proietta dai nuclei talamici mediali verso la corteccia cingolata anteriore, corteccia Insulare e corteccia prefrontale). Secondo gli autori della review sarebbe confermata la presenza di anomalie dell’elaborazione nocicettiva a causa dell’alterazione, strutturale e funzionale, dei due network.
Questi reperti potrebbero spiegare, insieme ad osservazioni precedenti (Rodriguez, E et al.; 2017)3, come mai il dolore cranio-facciale, soprattutto in contesti di cronicizzazione, inneschi risposte emotive ed affettive assolutamente incomparabili al dolore localizzato in altre regioni corporee.

Default mode network: il Default Mode Network (DMN) è una rete funzionale di regioni cerebrali interconnesse. Questo network si attiva in condizioni di riposo, in particolare quando l’individuo non è concentrato nell’esecuzione di compiti specifici e quando è in uno stato di “mind-wandering” (vagare con la mente). Il DMN viene solitamente associata alle attività di introspezione, memoria, alle funzioni cognitive e all’elaborazione delle informazioni interne. Precedenti studi hanno suggerito che una disfunzione della DMN potrebbe essere correlata a deficit cognitivi e comportamentali osservati tipicamente nei pazienti con dolore cronico. Questi aspetti evidenziano l’importanza di studiare il sistemi di attenzione e le dinamiche della DMN.
In questi pazienti, ad esempio, è stata osservato un fenomeno particolare: in caso di esecuzione di attività specifiche, non subentra una fisiologica disattivazione delle aree del DMN, anzi, sono state osservate attivazioni non comuni della corteccia prefrontale mediale (mPFC) e della corteccia cingolata posteriore (PCC). La PCC viene solitamente attivata in presenza di stimoli emotivamente salienti ed è coinvolto nella contestualizzazione di stimoli dolorosi; quando i pazienti sono chiamati ad eseguire compiti cognitivi con interferenza emotiva, una sua eccessiva attivazione potrebbe essere ricondotta ad un aumento del dolore spontaneo. La mPFC invece, viene reclutata durante l’esecuzione di compiti con coinvolgimento emotivo ed allo scopo di modulare l’anti-nocicezione (modulazione discendente del dolore).
La corteccia prefrontale mediale (mPFC) e la corteccia cingolata posteriore (PCC) sono due regioni funzionalmente connesse ed implicate nelle funzioni attentive ed introspettive; la loro anomala attivazione potrebbe riflettere la tendenza, da parte dei soggetti con DTM, a focalizzarsi su pensieri introspettivi e sul proprio stato interno. Tale dinamica, a sua volta, potrebbe portare a risposte comportamentali più lente.
Inoltre, in caso di esecuzione sperimentale di compiti con interferenza emotiva, sono state evidenziate disconnessioni funzionali all’interno di alcune aree del DMN ed il coinvolgimento di regioni come il Precuneo (PCu), la corteccia retro-spleniale, l’amigdala, il talamo ed aree all’interno della corteccia visiva. I reperti evidenziati potrebbero rispondere ad un altro problema tipicamente osservato in questi pazienti, ovvero, la ruminazione mentale associata a dolore. La ruminazione mentale associata al dolore consiste in un pensiero continuativo e perseverante sul dolore ed è correlabile all’ aumento della connettività funzionale fra mPFC, PCC, PCu, corteccia retrospleniale, talamo mediodorsale e grigio periacqueduttale.
L’aumento del flusso ematico cerebrale nella corteccia cingolata anteriore (ACC), corteccia prefrontale dorso laterale (dlPFC) e precuneo (PCu), invece, chiarirebbe la ridotta capacità cognitiva mostrata dai pazienti durante l’esecuzione di compiti attentivi ed in presenza di interferenze cognitive ed emotive.
Inoltre, è stato riportato che questi individui presenterebbero una corteccia più spessa nell’area frontale e nella corteccia prefrontale ventro-laterale (vlPFC). Lo spessore corticale della corteccia orbitofrontale (OFC) sembra essere negativamente correlato alla spiacevolezza del dolore (ovvero, maggiore è il dolore minore sarà lo spessore corticale), mentre lo spessore corticale nella corteccia prefrontale ventromediale sinistra sembra essere positivamente correlato il neuroticismo (ovvero maggiore è il neuroticismo, maggiore sarà spessore corticale).
Il neuroticismo è un tratto fondamentale della personalità ed è tipico dei soggetti che sperimentano facilmente sensazioni come ansia, rabbia, invidia, senso di colpa e umore depresso ed è indicativo di una personalità mal-rispondente agli stressor. Di conseguenza, questi soggetti saranno più inclini ad interpretare le situazioni ordinarie come minacciose, i piccoli inconvenienti come disperatamente difficili e saranno più a rischio di sviluppare disturbi mentali di tipo nevrotico.



Alterazione dei sistemi di controllo top-down del dolore: nei pazienti con DTM sono state prese in considerazione le dinamiche disfunzionali inerenti la sostanza grigia peri-acqueduttale ed il nucleo magno del rafe, due regioni chiave del sistema endogeno di inibizione del dolore. Esse modulano gli input ascendenti inerenti la percezione del dolore e provenienti dal tessuto periferico e le proiezioni discendenti provenienti da regioni cerebrali come la corteccia cingolata anteriore e corteccia prefrontale mediale. Queste aree influenzano in modo variabile l’efficienza dell’analgesia endogena e queste riduzioni di funzionalità (riduzione dentritica cellulare nel midollo spinale) potrebbero fornire ulteriori spiegazioni sulle dinamiche di sensitizzazione centrale nei pazienti con DTM.

Aspetti motori del dolore correlato alla DTM: gli studi di neuroimaging hanno evidenziato cambiamenti strutturali e funzionali nei sistemi corticali motori (area motoria primaria, striato e area motoria supplementare). Il dolore persistente può infatti inibire i movimenti protettivi e compromettere le prestazioni motorie a causa della neuroplasticità disadattiva delle corteccie motorie. Durante i test di interferenza cognitiva (es. Stroop test) è stato riscontrato un aumento di attività da parte delle aree motoria primaria e supplementare, segni di probabili meccanismi compensativi utili per l’incremento della performance e della pianificazione motoria, e che nei pazienti risultano ridotte.
Va inoltre riportato che gli stressor incontrollabili (come il dolore cronico persistente), nel lungo periodo possono portare al particolare fenomeno di “impotenza appresa”, ovvero, una risposta disadattativa caratterizzata da un impoverimento delle strategie motorie comportamentali di fuga, deficit della motivazione e dell’apprendimento motorio. Il riscontro di aumento dei volumi della sostanza grigia nel putamen e nel globus pallidus destro, aree sensibili agli stimoli nocicettivi e deputate all’elaborazione delle risposte comportamentali, suggerisce una possibile riorganizzazione somatotopica con probabili caratteristiche ipertrofiche neuro-cellulari.

Risposte aberranti agli stimoli meccanici: i pazienti affetti da dolore cronico associato a DTM sono soggetti a fenomeni di amplificazione percettiva senso-pressoria e riconducibile ad un probabile riadattamento del sistema somato-sensoriale. Sono state confermate infatti alterazioni dell’ elaborazione, processamento e trasformazione degli input senso-motori. Inoltre sono state osservate anomalie della sensibilità vibrotattile e attivazioni in seguito a stimolazioni di bassa frequenza, con una concomitante risposta della corteccia cingolata anteriore (ACC) bilaterale e dell’amigdala controlaterale.

L’utilizzo di ortottici aiuta nella gestione del quadro patologico

Gli approcci conservativi mediante ortottici, sembrano indurre risultati clinici soddisfacenti. Una recente meta-analisi analizzata dai ricercatori ha concluso che i comuni splint ortottici, se regolati correttamente, dimostrino una certa efficacia nel ridurre il dolore associato ai DTM. Gli splint sono progettati per migliorare i movimenti funzionali dell’articolazione temporo-mandibolare (ATM), eliminare le interferenze occlusali, ridurre l’impatto dell’occlusione sulla posizione articolare, migliorare la funzione masticatoria e ridurre attività muscolari anomali.
È stato suggerito che, queste normalizzazioni, possano aiutare i pazienti sia a livello cognitivo, rendendoli più consapevoli della loro abituale parafunzione orale, sia a livello propriocettivo. Inoltre è stato ipotizzato che questi elementi potrebbero agire, più o meno direttamente, sulla funzionalità delle aree motorie centrali implicate nella funzione masticatoria.
Infine, sembrano essere confermate le positive variazioni sulla funzionalità cerebrale e la riorganizzazione neuroplastica, nel lungo termine, indotte dagli interventi conservativi.

Disordini temporo-mandibolari e postura: un mito da sfatare?

Per rispondere a questa domanda ci rifaremo alla recente review, pubblicata nel 2019 su “The European Spine Journal”(Langella F. et al. 2019)4 e la recente meta-analisi del 2020 pubblicata su “Journal of Bodywork and Movement Therapies” (de Oliveira-Souza et al. 2020)5. In questi lavori sono state ufficialmente smentite le reiterate convinzioni secondo le quali esistono correlazioni fra DTM e deformità della colonna. È possibile leggere chiaramente nell’articolo che “la postura cranio-cervicale degli individui con DTM è simile agli individui senza DTM” (cit.)

A quanto pare, l’idea di poter correggere la postura tramite interventi occlusali o, viceversa, di poter influenzare l’ occlusione mediante terapia posturale sembra essere un mito da sfatare. Si possono considerate veritiere invece, le correlazioni sintomatologiche, nonchè funzionali, fra sistema somatico e sfera gnatologica, come le influenze neuromuscolari e le sintomatologie associate del rachide cervicale.
I soggetti con DTM sembrano infatti presentare:
– Ridotta resistenza/performance dei muscoli estensori del collo;
– Ridotta mobilità del tratto cervicale superiore;
– Ridotta mobilità cervicale globale;
– Maggiore disabilità auto-riferita del collo.
Considerato quanto appena detto e tenendo in considerazione le sopracitate implicazioni funzionali e neuo-bio-strutturali, è forse giunto il momento di ridimensionare le comuni convinzioni sull’argomento e ri-orientare le nostre credenze su quelle che sono le reali correlazioni fra occlusione, sistema nervoso e soma.

Fonti bibliografiche

1 Yin et al. The Journal of Headache and Pain (2020) 21:78.
2 B Kulkarni et al. Attention to Pain Localization and Unpleasantness Discriminates the Functions of the Medial and Lateral Pain Systems. Eur J Neurosci. 2005 Jun;21(11):3133-42.
3 Rodriguez, E., Sakurai, K., Xu, J. et al. A craniofacial-specific monosynaptic circuit enables heightened affective pain. Nat Neurosci 20, 1734–1743 (2017).
4 Langella, Francesco, et al. “Spinal deformity and malocclusion association is not supported by high-quality studies: results from a systematic review of the literature.” European Spine Journal 28.7 (2019): 1638-1651.
5 de Oliveira-Souza, Ana Izabela S., et al. “Cervical musculoskeletal disorders in patients with temporomandibular dysfunction: A systematic review and meta-analysis.” Journal of Bodywork and Movement Therapies (2020).