Cos’è l’Osteopatia e cosa non lo è
Andrew Taylor Still diceva: “Ogni volta che metti qualcosa che non è osteopatia, devi levare un pezzo di osteopatia“; allora si rende indispensabile definire cos’è osteopatia e cosa non lo è.
L’osteopata non utilizza alcun mezzo che non siano le mani e segue alcuni principi base tra cui: il movimento è vita, la visione d’insieme del corpo e la regola dell’arteria suprema.
L’osteopatia parte dal sintomo per cercare l’origine del problema (che è sempre plurifattoriale) e attraverso le tecniche osteopatiche riattiva la mobilità dei vari distretti migliorando l’irrorazione e l’innervazione.
L’osteopata parte dal presupposto che, come diceva Still, all’interno del corpo c’è la più importante farmacia del mondo e difatti l’unica cura per qualsiasi paziente viene da dentro e non da fuori, noi al massimo possiamo promuovere la salute e attivare i processi di guarigione.
Sostenere l’utilizzo di rimedi terapeutici, soprattutto se chimici, non è osteopatia. Consigliare un antinfiammatorio o una tachipirina o utilizzarli anche solo per sé stessi definisce la non conoscenza dell’osteopatia. Capisco che questa affermazione può risultare un po’ estrema agli occhi di chi non vive l’osteopatia, ma vi assicuro che ci sono tanti osteopati che non utilizzano nessun farmaco da decine di anni o almeno da quando sono osteopati.
Quello che ho rilevato da tempo è che ci sono tanti colleghi che non utilizzano l’osteopatia per la loro salute, perché non ne conoscono le potenzialità e perché non hanno avuto la fortuna di incontrare osteopati propriamente detti.
Ma l’errore in cui più spesso possiamo incorrere è fare confusione tra l’osteopatia e la fisioterapia: ci sono colleghi che utilizzano dal taping a tutte le strumentazioni fisioterapiche sottovalutando la potenzialità delle loro mani.
Indicare a un paziente come causa del loro problema l’ernia discale o la contrattura dello psoas non è osteopatia; l’osteopatia è rispondere alla domanda: per quale motivo l’ernia si è manifestata o quel muscolo si è contratto?
Questa riflessione nasce dal caso di un paziente che era stato precedentemente da un collega osteopata che per un problema al ginocchio gli aveva fatto una diagnosi di zampa d’oca e gli aveva fatto una serie di trattamenti focalizzati sul ginocchio. L’osteopata si deve chiedere sempre perché e quali sono le concause che generano qualsiasi problematica; per fare un esempio concreto, in riferimento a questo semplice caso, una concausa significativa era una tensione sovrapubica dal lato del ginocchio in disfunzione che correttamente trattata ha permesso al sintomo di scomparire già alla fine della prima seduta. Questa non è ancora osteopatia se non sappiamo rispondere al motivo per cui quella tensione si è generata e dare delle risposte al paziente per far sì che non si presenti ancora e lavorare anche sulle altre concause che hanno concorso alla generazione del sintomo. Il problema è che un osteopata che si definisce tale non può fermarsi al sintomo, questa non è osteopatia, il collega non me ne voglia.
La questione è: il collega questa volta si è distratto e ha bisogno di esercitarsi ancora per essere efficace o non ha fatto sue le tecniche necessarie e i principi osteopatici? Quanti colleghi sono in queste condizioni? Attenzione: riguardo al trattamento fatto il paziente lo ha percepito efficace e ne era contento (è colpa della moglie che gli ha fatto cambiare osteopata) e quindi tutto bene per l’osteopatia ma l’osteopatia è altra cosa e se non rimarchiamo queste differenze non possiamo distinguerci dalle altre professioni sanitaria e ritagliare il nostro spazio nel mondo della salute.