“Dato che dobbiamo mangiare, tanto vale farlo bene!” In questa frase è racchiuso forse il principio di tutta la naturopatia, come anche delle cosiddette discipline bionaturali e dell’osteopatia stessa, le quali puntano a sfruttare le capacità che l’organismo, in relazione al suo ambiente, ha di mantenersi in salute tramite un continuo adattamento.
Tutte queste discipline, accanto al loro valore terapeutico, hanno una forte componente educativa che mira a rendere la persona responsabile della propria vita e della propria salute, imparando a sfruttare le proprie potenzialità.

Questa educazione parte proprio dalle attività fisiologiche che tutti i giorni necessariamente compiamo per rimanere in vita: respirare, evacuare le feci, mangiare, bere, muoversi, etc. Quando queste attività si alterano, la salute e la qualità della propria vita ne risentono in pochissimo tempo: la ricerca medica stessa di anno in anno continua a darci conferme sulla veridicità di questa affermazione (Bottaccioli & Bottaccioli 2017).

Avendo tale premessa sullo sfondo, questo è il primo di una serie di articoli aventi per tema l’alimentazione, nello specifico il cibo e le sue proprietà, in modo da conoscere come l’alimentazione possa aiutarci. Prima che si possa obiettare che ormai tutto il cibo è inquinato e quindi tanto vale mangiare qualsiasi cosa, basti dire che gli studi sugli effetti dell’alimentazione vengono fatti proprio con quegli stessi cibi inquinati, e i risultati ci sono!

Pertanto, basta scuse: è ora di prendere in mano la propria vita a partire dal cibo!

Naturalmente, quanto appena detto non significa affatto che non dobbiamo preoccuparci di praticare una buona agricoltura (e non solo), sostenibile per il nostro pianeta (è questo l’aspetto principale a cui è vitale prestare attenzione!) e il più salutare possibile per noi, ma semplicemente che non dobbiamo farci scoraggiare dall’inquinamento.



Preoccupiamoci di “come mangiare”: la masticazione

Prima di preoccuparci di cosa mangiare, dovremmo preoccuparci di come mangiare, partendo dalla constatazione che, se la digestione prevede una leggera prevalenza dell’attività del nervo vago – attivato dal riposo e dal rilassamento – con il sistema nervoso simpatico che subentra solo dopo che lo stomaco ha già iniziato a digerire, al fine di gestire il flusso sanguigno verso organi e muscoli ed evitare cali di pressione post-pranzo (cosa che può succedere in persone con problemi di ulcere, in cui l’equilibro del sistema nervoso autonomo è alterato (cfr. Katoh et al. 2002, Yukinaka et al. 2000), non possiamo pensare di digerire bene se non ci fermiamo per sederci, ossia se non ci prendiamo il tempo di mangiare e, nello specifico, di masticare.

I masseteri, i principali muscoli masticatori, esercitano una pressione più alta di ogni altro muscolo corporeo: in media sono in grado di esercitare 100kg/cm2 di pressione, con il record mondiale di oltre 400kg/cm2! Non stupiamoci pertanto se in caso di stress questi muscoli vengono spesso coinvolti nell’irrigidimento della bocca, con conseguente digrigno notturno dei denti e voglia durante il giorno di masticare gomme come anti-stress (effettivamente, masticare qualsiasi cosa è un buon anti-stress, spesso usato dagli animali stessi durante situazioni stressanti, cfr. Kubo et al. 2015). Ma se vogliamo masticare, non conviene iniziare a masticare quando è importante farlo, ossia quando stiamo mangiando?

Masticare non solo infatti rilassa, ma permette di:

  • mescolare il cibo con le sostanze secrete dalla mucosa buccale, amilasi digestiva e mucina protettiva in primis;
  • sminuzzare il cibo in modo che rilasci i suoi nutrienti rendendoli più semplici da digerire. Ma non solo: sminuzzare il cibo, e quindi tenerlo in bocca più tempo, ci permette di sentirne il vero sapore. Le papille gustative necessitano di 5-10 per attivarsi e, quando ingurgitiamo, il cibo rimane in bocca per molto meno. Ma allora perché ne sentiamo comunque il sapore? Semplice: perché avendo visto quel cibo, l’informazione visiva attiva la memoria che noi abbiamo di quel cibo, con annessi e connessi. Se non mastichiamo, il nostro cervello non “sente” il sapore, bensì “impone” quel sapore, con il rischio di cibarci di alimenti di scarsa qualità (es.: il caffè delle macchinette distributrici da ufficio) e che ogni animale scarterebbe perché ritenuto inadatto a diventare parte di lui (“Noi siamo quello che mangiamo”). Masticando, invece, ci permettiamo di percepire l’effettivo sapore del cibo, così da renderci conto se ci piace veramente e da goderne fino in fondo.
    Tenere in bocca un cibo per un minuto masticandolo è un ottimo esercizio per re-imparare a percepire sé stessi ed il mondo (Rosenblum 2011);
  • dare senso di sazietà, mangiando così di meno. Masticare bene il cibo (non importa se lentamente o velocemente: ognuno ha la sua velocità. L’importante è masticare!) riduce i livelli di GHrelina, il principale ormone stimolante la fame, ed aumenta i livelli di GLP-1 (peptide glucagone-simile 1) e CCK (colecistochinina), inducenti sazietà, regolatori della digestione (una buona secrezione di CCK è vitale per stimolare pancreas e cistifellea a funzionare bene, in particolare proprio per garantire un buon metabolismo della bile e delle sue componenti, fra cui il colesterolo!) e del metabolismo (insulina, cfr. Li et al. 2011);
  • potenzialmente avere i denti in buona salute. Benché differenti fra loro, i denti mostrano svariate similitudini con le ossa, fra cui la perdita di massa a seguito di alti livelli di cortisolo (stress, ma non solo) che stimolano gli osteoclasti (parenti dei macrofagi) ad assorbire ossa e denti, favorendo così osteoporosi e carie (Bardaro 2009). Inoltre il cortisolo altera la fisiologia delle ghiandole parotidi, le quali non producono più un particolare ormone in grado di stimolare il flusso di fluido dentinale (il fluido simile al plasma sanguigno che nutre la dentina, mantenendola in salute e proteggendola) verso i denti. Addirittura, un eccesso di cortisolo inverte il flusso di fluido dentinale, togliendo così ai denti il loro nutrimento (Robba 2016)!

Masticare non solo favorisce il flusso di saliva, necessaria per la salute buccale (van der Bilt et al. 2006), ma è in grado di diminuire l’attivazione dell’asse dello stress e del sistema nervoso ortosimpatico. Attenua infatti la secrezione indotta dallo stress di cortisolo, noradrenalina e dopamina (tutte molecole che inibiscono la produzione di saliva e il flusso di fluido dentinale cfr. Robba 2016), sia a livello corporeo (diminuendo pressione arteriosa, temperatura corporea ed infiammazione) sia in aree cerebrali quali l’ipotalamo, la corteccia prefrontale mediale e il nucleo centrale dell’amigdala, aree che interagiscono fra loro per regolare la classica reazione di stress “lotta o fuga” (diminuendo così ansia ed irritabilità, cfr. Kubo et al. 2015).

Pertanto, benché non sia riuscito a trovare studi che esaminassero direttamente la masticazione con la salute dei denti, è però ipotizzabile e condivisibile che masticare protegga i denti. Se poi pensiamo che la salute buccale è vitale per innumerevoli fattori, fra cui per assicurare al feto in caso di gravidanza una colonizzazione da parte di buoni microbi (la flora batterica che si sviluppa nella placenta materna è molto più simile a quella buccale che a quella vaginale, cfr. Aagaard et al. 2014), e che malattie dentali (es.: periodontite) sono fattori di rischio per problemi quali diabete, artrite reumatoide e morbo di Alzheimer, allora considerare la nostra bocca diventa vitale (Chapple & Wilson 2014).

In un certo senso, anche i liquidi andrebbero masticati: è prova che può fare ognuno di noi che la sete si sazia meglio con piccoli sorsi, tenuti bene in bocca per assaporare il liquido (anche l’acqua ha sapore, dato che non è mai semplice acqua, bensì è miscelata con numerosi minerali), che non ingurgitando bottiglie intere. D’altronde, i nostri vecchi dicevano “Bisogna bere quanto si mangia, e mangiare quanto si beve”.

Bibliografia