In questi ultimi anni, è avvenuto un salto paradigmatico intorno al concetto di Bruxismo: si è passati da una definizione patologica in senso stretto (es: parafunzione /disturbo del movimento) ad un più generico “comportamento motorio”, con dimensioni correlate alla fisiologia ed alla protezione dell’organismo. Queste evoluzioni concettuali non possono più essere ignorate ed è arrivato il momento che i clinici inizino ad orientare gli approcci verso nozioni più approfondite e condivise da tutti.

Bruxismo in passato

Per diverso tempo, con il termine “bruxismo” ci si è riferiti a quel fenomeno patologico di digrignamento notturno, induttore di usura dentale e con probabili fattori causali di natura occlusale.

Successivamente, negli anni ’90, sono stati pubblicati studi con polisonnografia (PSG) ed elettromiografia (EMG) attraverso i quali è stato delucidato come il bruxismo notturno (SB) sia in realtà un fenomeno arousal-correlato (stato eccitatorio autonomico-mediato) ed inducente  l’attivazione ritmica ed automatica dei muscoli della masticazione (RMMA). A questo fenomeno, sono state poi associate caratteristiche cliniche quali dolore oro-facciale mattutino, usura dentale, self report di passate passate storie di SB, numero di episodi notturni pari a 4/per ora, etc.

Purtroppo anche questi studi (ed i concetti da essi scaturiti) si sono dimostrati limitati essendo promotori di un’errata concezione dicotomica del SB (presenza/assenza) ed in quanto mancanti della descrizione fenomenologica della sua variabile diurna (bruxismo diurno o AB).
Il AB infatti, contrariamente al SB, si manifesta durante il normale stato di veglia e mediante differenti pattern motori, consistenti nel serramento (clenching) o nel mantenimento della mandibola in posizione fissa (bracing) e senza effettivo contatto dentale.



Considerazioni sul Bruxismo oggi

Con lo scopo di colmare questi vuoti concettuali, nel 2013, un gruppo di esperti provenienti da variegati settori medici (odontoiatri, medici del sonno, psicologi e specialisti del dolore orofacciale) hanno ri-aggiornato la definizione di bruxismo e suggerito la necessità di migliorarne il grading diagnostico e l’eziopatofisiologia.

Innanzitutto, è stato riconosciuto il connotato circadiano del bruxismo (notturno/diurno) e la descrizione dei corrispondenti pattern motori. A questo lavoro, si è poi aggiunto un ulteriore documento di consenso (2018), all’interno del quale è stato possibile esprimere alcuni chiarimenti. In particolare è stato sottolineato che:

  • in soggetti altrimenti sani, il bruxismo non va considerato come un disturbo motorio ma piuttosto come un “comportamento motorio“, e può essere a sua volta concepito come fattore di rischio e/o di protezione in alcuni contesti clinici. Inoltre, non deve essere esclusa aprioristicamente la sua fisiologica manifestazione;
  • sia gli approcci non strumentali (in particolare il self-report) che gli approcci strumentali (in particolare l’elettromiografia) possono essere strumenti utili per la diagnosi;
  • in individui altrimenti sani, non esistono valori limite standard ideali di riferimento per stabilire la presenza o l’assenza di bruxismo; l’attività dei muscoli della masticazione, correlata al bruxismo, dovrebbe essere valutata in base al continuum del comportamento motorio;
  • è necessario dichiarare la separazione concettuale e sostanziale dei fenomeni di SB/AB;
  • è necessario che il SB non sia più individuato come disturbo del movimento o disturbo del sonno, ma come attività muscolare involontaria,  sonno-correlata, di tipo ritmica (fasica) e non ritmica (tonica);
  • similmente, anche il bruxismo diurno non deve essere inquadrato come un disturbo del movimento ma come un’attività muscolare durante lo stato di veglia e caratterizzata da un contatto dentario ripetitivo o prolungato e/o dalla fissazione della mandibola in determinate posizioni, anche senza l’effettivo contatto dentale;
  • bisogna evitare l’uso di termini come “parafunzione”, a favore di una terminologia più generica (es. “attività muscolare” o “comportamento motorio”) in modo da ridurre la somministrazione di trattamenti impropri o non necessari.

NB: Focalizzarsi su questi aspetti può effettivamente modificare l’approccio al problema stesso. Ad esempio, di fronte ad un individuo con evidente usura delle corone dentali, l’odontoiatra non potrebbe sbilanciarsi sulla diagnosi immediata di AB/SB ed intervenire tempestivamente con dispositivi occlusali. Infatti, bisognerebbe verificare innanzitutto l’eventuale presenza di sindrome da apnea ostruttiva notturna (OSAS) e/o GERD (disturbo da reflusso gastro-esofageo), i quali potrebbero incidere sulla comparsa di bruxismo e sui parametri di usura dentale. Per di più, l’uso di dispositivi occlusali conservativi potrebbe causare ulteriore riduzione della pervietà delle vie aeree, rendendo le sequele dell’OSAS ancora più pericolose e contribuendo a perpetuare il circolo vizioso OSAS-SB.

Bruxismo e prospettive future

Nel documento di consenso del 2018, sono state sottolineate diverse lacune da chiarire: svelare i meccanismi legati al bruxismo nei bambini, le relazioni fra SB e disturbi del sonno (es. l’apnea ostruttiva), il possibile ruolo del serramento (più che del digrignamento) come fattore di sovraccarico per l’articolazione temporo-mandibolare e dei muscoli masticatori, le sfide protesiche/riparative in caso di usura dei denti e concomitante presenza di reflusso gastrico.

I principali obiettivi futuri saranno valutare e discriminare, in modo valido e fattibile, quali attività motorie siano in realtà fisiologiche e quali attività motorie rappresentino aspetti additivi connessi ad altre condizioni sottostanti. Occorrerà comprendere, inoltre, come quantificare il lavoro muscolare durante il sonno e la veglia, valutare eventuali relazioni temporali con il dolore e con lo stato di usura dei denti, ed ovviamente, come colmare l’evidente paucitá di dati sul bruxismo diurno.

A tal motivo sono in fase di realizzazione diversi strumenti, come ad esempio, particolari applicazioni compatibili con gli smartphone il cui scopo dovrebbe essere la monitorizzazione in tempo reale del comportamento motorio del bruxismo, o strumenti clinici standardizzabili come lo “STAB”, il cui scopo è raccogliere quanti più dati possibili su eziologia, patofisiologia, rischi, comorbidità, fattori associati, tipologia di bruxismo e conseguenze cliniche.

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