Da professionisti attenti, avrete sicuramente letto l’ultimo “bollettino di guerra” dell’OMS, che sentenzia più o meno così: “i bambini italiani sono tra i più grassi d’Europa”.
Ebbene sì, stando a quanto rivelato dalla Childhood Obesity Surveillance initiative 2015-2017 dell’Organizzazione Mondiale della Sanità, l’Italia vanta il maggior tasso di obesità infantile tra i maschi (21%, a pari merito con Cipro) nonché la maggior percentuale di bambini (42%) e bambine (38%) in sovrappeso di tutta l’UE.
Nonostante le percentuali siano calate di qualche punto rispetto al decennio nero 1990-2008, su 79 milioni di bambini, in Europa ci sono ancora 7,1 milioni di maschi e 7,8 milioni femmine (più dell’intera popolazione del Belgio) sovrappesi ed obesi. 800.000 di questi (più o meno il numero degli abitanti di Cipro), soffrono di obesità severa. Una recente proiezione al 2025 indica che diventeranno adulti obesi, determinando un picco di obesità nell’intera popolazione europea.
Lo studio condotto dall’OMS ha coinvolto circa 250 mila bambini di età compresa tra i 6 e i 10 anni, mettendo a nudo quello che è stato ribattezzato come “il paradosso del Mediterraneo”: nonostante quella Mediterranea sia ufficialmente la dieta più sana del mondo, i Paesi che si affacciano sul Mare Nostrum hanno il più altro tasso di obesità infantile. In Italia, Cipro, Spagna, Grecia e Malta circa un ragazzo su cinque (dal 18% al 21%) è obeso, mentre in Paesi come la Francia, la Norvegia, l’Irlanda, la Lettonia e la Danimarca le percentuali oscillano dal 5% al 9%.
E questo accade per un semplice motivo: siamo ciò che mangiamo. Come diceva il mai troppo citato Ludwig Feuerbach, la salute si costruisce a tavola. E purtroppo le tavole del Bel Paese sono sempre più confuse.
L’Italia della dieta mediterranea, dei cereali antichi, della frutta e della verdura, dell’olio extravergine d’oliva, ha perso vitalità. L’Italia dei sani, gustosi, robusti e sostanziosi piatti della tradizione contadina e del solo “cibo vivo” servito senza differenze ad adulti e bambini, esiste solo nei ricordi.
Persino i genitori così attenti alla ricerca della salute e del benessere per i propri figli, finiscono per correre dietro ai falsi miti dello “star bene”. La nuova cultura gastronomica italiana, quella del cornetto ai cereali al bar con succo di ‘vera’ frutta in brick, di cola e aranciata sugar free che si sposano alla pizza decongelata vegana e gluten free o alla pasta di mais al pesto ‘pronto-ma-fresco’ seguita da bastoncini di quasi-pesce ‘non-fritto’ o scatolette di tonno iposodiche al naturale – non ha nulla a che fare con la salute. Fortemente manovrata da tv e pubblicità, la nuova tradizione dei cereali golosi a colazione, del pane in bauletto integrale che dura mesi e delle mille merende e merendine senza olio di palma che inneggiano al fresco e al naturale nonostante le lunghissime conservazioni, non fa i conti con zuccheri nascosti, pesticidi, conservanti e con tutte quelle fonti di perturbatori endocrini che la scienza ha ormai accertato, essere in grado di distruggere il sistema ormonale dell’uomo e del bambino
L’Istituto Superiore di Sanità definisce “interferente endocrino” come “una sostanza esogena, o una miscela, che altera la funzionalità del sistema endocrino, causando effetti avversi sulla salute di un organismo, oppure della sua progenie o di una (sotto)popolazione”. Metalli pesanti, diossine, PCB, pesticidi, conservanti, ritardanti di fiamma, bisfenolo A e via dicendo (la lista va allungandosi con gli anni) interferiscono, soprattutto se assunti in modo combinato con sintesi, secrezione, trasporto, azione, metabolismo o eliminazione degli ormoni, assumendosi così gran parte della responsabilità dell’attuale epidemia di obesità.
Non è mai inutile ribadire che solo i prodotti deperibili, i prodotti vivi, permettono all’organismo di produrre quei batteri buoni che contrastano la disbiosi intestinale, contribuendo allo sviluppo della risposta immunitaria. È dovere di ogni osteopata indirizzare, consigliare, ricordare che solo la corretta alimentazione, praticata fin dall’infanzia, abbinata ad un minor consumo di antibiotici e antinfiammatori, possono tornare a dare una speranza alle future generazioni.