“Autistico a chi?”: il libro dell’osteopata Paola Giosuè racconta l’esperienza con pazienti neuroatipici
“Non ci sono cervelli che funzionano o cervelli rotti, ci sono persone che hanno un sistema nervoso diverso dalla norma stabilita”. Questo è l’incipit del libro “Autistico a chi?” di Paola Giosuè, osteopata e docente all’AIOT di Pescara, da anni impegnata nell’approfondire la formazione osteopatica in ambito neonatologico e pediatrico con particolare attenzione ai disturbi del neurosviluppo, collaborando con diverse Onlus in qualità di osteopata, offrendo volontariamente trattamenti manipolativi osteopatici a bambini con cerebropatie.
“Autistico a chi?” edito da PATHOS Edizioni nel 2021 è il risultato del lavoro quotidiano a contatto con i pazienti e le loro storie, fonti inesauribile degli input necessari a ragionare sulla complessità della condizione autistica, utilizzando un approccio il più possibile empatico.
L’autrice Paola Giosuè propone una narrazione che è un continuo intreccio tra racconti di situazioni reali che riguardano i suoi pazienti e quelli scritti dagli autistici stessi, articoli pubblicati in letteratura sull’Autismo e testi di neuroscienziati; il tutto in chiave molto personale.
“Un testo in cui si naviga in modo naturale tra scienza, letteratura, esperienza clinica, arte e poesia” si legge nella prefazione al testo a cura di Gina Barlafante, medico e osteopata, direttrice dell’Accademia Italiana di Osteopatia Tradizionale di Pescara, accennando chiaramente ad una peculiarità dell’autrice: quella di essere in grado di “utilizzare la conoscenza senza perdere umanità e di guardare negli occhi il proprio paziente”.
Ed è la stessa Paola a spiegare quanto la relazione duale con il paziente autistico sia ricca in termini di crescita reciproca: “con loro non c’è finzione – spiega l’autrice – non c’è mediazione, né diplomazia. Si affidano quando recepiscono che possono farlo; i loro sensi non mentono, hanno bisogno di aiuto: vogliono che il corpo stia bene perché è attraverso esso che i loro sistemi recettoriali ricevono meglio gli stimoli”.