Tra il 2005-2006, il 16% della popolazione mondiale, che vive nei Paesi ad alto reddito ha assorbito il 78% della spesa farmaceutica globale; la spesa farmaceutica pro capite è stata di 7,61 dollari nei Paesi a basso reddito e di 431,6 dollari nei Paesi ad alto reddito, con notevoli differenze, in ogni Stato, tra gruppi con reddito diverso.
Questi i dati forniti dal documento Oms “The World Medicines Situation 2011 – Medicine Expenditures” delineando un quadro molto chiaro riguardo il largo consumo di farmaci a livello mondiale, tanto che proprio l’Organizzazione MOndiale della Sanità sta promuovendo una serie di iniziative finalizzate a un uso più razionale del farmaco (leggi The Pursuit of Responsible Use of Medicines: Sharing and Learning from Country Experiences).
Quanto alla situazione italiana, dopo i dati forniti nel 2010 dal Progetto “AR-ISS” Antibiotico-Resistenza dell’Istituto Superiore di Sanità relativi alla resistenza crescente agli antibiotici dovuti all’alto consumo degli stessi con livelli più alti al Centro e al Sud rispetto al Nord Italia (per il triennio 2006-2008), più recente è il resoconto pubblicato nel novembre 2012 dall’European Centre for Disease Prevention and Control (Ecdc) “Antimicrobial resistance surveillance in Europe 2011”.
Il documento Ecdc fornisce i dati sulla resistenza agli antibiotici di sette patogeni invasivi, di grande importanza per la sanità pubblica (Streptococcus pneumoniae, Staphylococcus aureus, Escherichia coli, Enterococcus faecalis, Enterococcus faecium, Klebsiella pneumoniae e Pseudomonas aeruginosa).
Il rapporto presenta infatti le informazioni raccolte dalla sorveglianza europea Ears-Net coordinata dall’Ecdc a cui l’Istituto superiore di sanità fornisce i dati italiani che provengono da circa 40 ospedali partecipanti alle reti Ar-Iss e Micronet. L’Italia risulta tra i Paesi europei con i livelli più alti di antibiotico-resistenza. Infatti, la frequenza di Staphylococcus aureus resistente alla meticillina (Mrsa) continua a mantenersi poco al di sotto del 40% (38% nel 2011), a fronte di una media europea inferiore al 20%.
Il problema italiano emergente e allarmante è l’aumento significativo di resistenza nei batteri Gram-negativi. La frequenza di antibiotico-resistenza nei ceppi di Pseudomonas aeruginosa è sempre stata elevata e non si discosta da quella osservata negli ultimi anni (21% di resistenza alla piperacillina e 21% di resistenza ai carbapenemi nel 2011). Invece nelle specie Escherichia coli e Klebsiella pneumoniae la frequenza di resistenza è in continua evoluzione. Nei ceppi di Escherichia coli la resistenza ai fluorochinoloni è andata continuamente aumentando da quando è iniziata la sorveglianza, passando dal 25% del 2003 al 41% del 2011. Stesso trend ha seguito la resistenza alle cefalosporine di terza generazione, che è passata dal 6% al 20%.
Fermo restando dunque gli indiscussi benefici che l’introduzione dell’antibiotico ha determinato nella storia della Medicina, va osservato che lo stesso Pasteur – chimico e ricercatore che descrisse la maggior parte dei “germi”, definendone il ruolo nell’insorgenza di numerose malattie – disse al termine della sua carriera: il batterio non è nulla, ciò che conta è il terreno, a significare che perché il batterio o virus prenda il sopravvento e quindi da saprofita diventi patogeno dando origine alla malattia, bisogna che sconfigga le normali e potenti difese del terreno, cioè dell’organismo.
Bisogna, in sostanza, tenere alte le nostre naturali difese corporee, il nostro sistema immunitario, il nostro “terreno” appunto.
L’Osteopatia si occupa del “terreno”