In questo momento storico caratterizzato dall’interessamento della politica alla riorganizzazione delle professioni sanitarie, è richiesto da parte nostra il massimo sforzo per tenere alta l’attenzione dell’opinione pubblica e dei politici affinché l’art. 4 del Ddl Lorenzin – approvato in senato – non venga stralciato alla Camera.

Per fare il punto della situazione abbiamo intervistato il presidente del ROI, Paola Sciomachen, sicuramente tra gli osteopati più impegnati in questo processo di riconoscimento della professione.

Presidente può sintetizzarci lo stato legislativo attuale?

Il Ddl Lorenzin, che all’art. 4 prevede il riconoscimento dell’osteopatia come professione sanitaria, è stato approvato in Senato nel maggio dello scorso anno in seguito a un lungo iter iniziato quasi tre anni fa. Ora, dopo un lungo ciclo di audizioni della Commissione Affari Sociali della Camera, il Ddl è entrato in una fase di stallo. Una delle questioni chiave è quella che si riferisce al riconoscimento di nuove professioni sanitarie, in particolare dell’osteopatia. I fisioterapisti sono i nostri principali detrattori e, anche attraverso argomentazioni subdole e capziose, sostengono che l’osteopatia non sia una professione ma una sorta di “specializzazione” della fisioterapia. Nelle ultime settimane abbiamo diffuso i risultati della prima indagine demoscopica sull’osteopatia, che dimostrano la grande diffusione di questa professione nel nostro Paese, con ben 10 milioni di italiani che la scelgono.
L’osteopatia rappresenta già un sistema di cura scelto dai pazienti, ed è evidente quanto sia urgente e necessario definirne ruolo e competenze e quindi un iter formativo univoco, un albo e un codice deontologico di riferimento per il suo esercizio, a tutela prima di tutto dei pazienti. Ritengo che questa fotografia sulla diffusione dell’osteopatia in Italia abbia contribuito a riaccendere l’attenzione sul DDL e sul nostro articolo. Il governo conferma la sua posizione di favore e la commissione Affari Sociali sembra intenzionata a continuare nella stessa direzione.



Quali prospettive abbiamo quindi a stretto giro?

L’obiettivo è arrivare a calendarizzare il DDL Lorenzin per la votazione. È quindi fondamentale mantenere viva l’attenzione sull’importanza del nostro riconoscimento, e per farlo abbiamo chiesto il contributo di tutti i nostri soci, perché informino i loro pazienti sulla diffusione e l’apprezzamento dell’osteopatia in Italia e sull’iter di riconoscimento in corso.
È arrivato il momento di affrontare questa questione e i nostri politici devono schierarsi, decidere e regolamentare una situazione che coinvolge milioni di italiani.

Perché i fisioterapisti ce l’hanno tanto con gli osteopati?

Forse bisognerebbe chiederlo a loro, ma mi sembra abbastanza evidente che dietro le loro tendenziose argomentazioni – tese a sfruttare l’inevitabile prudenza di questo Governo per allungare i tempi e per provare ad azzerare tutto il lavoro fatto fino a qui dal Ministero e dal Senato – ci sia un timore comprensibile di concorrenza. Ma la qualità farà la differenza e il riconoscimento dell’osteopatia consentirà di fare chiarezza, dando un quadro certo della nostra professione, che già esiste. Non ha nessun senso ostacolare una realtà presente da duecento anni e sviluppatasi in tutto il mondo. Nel momento in cui verrà istituita la professione di osteopata e il relativo corso di Laurea, ci saranno delle regole chiare e condivise, che devono tutelare prima di tutti i pazienti e non interessi di parte. Noi del ROI da sempre sosteniamo l’importanza di un’integrazione tra l’osteopatia e le altre professioni sanitarie, come già avviene quotidianamente nella pratica clinica.
L’osteopatia è una professione autonoma con un suo specifico approccio clinico al paziente e un proprio campo di intervento che riguarda la disfunzione somatica, di competenza esclusivamente osteopatica. È una professione sanitaria di primo contatto e non si tratta di definizioni stilate dal ROI. Possiamo per esempio riferirci a quanto indicato nella norma CEN che ha definito competenze e standard formativi per l’esercizio della professione a livello europeo: un documento analitico e rigoroso, frutto di un lavoro congiunto di tutte le associazioni europee e redatto in base alle indicazioni dell’OMS, alla storia, alle evidenze, e alle esperienze dei Paesi europei.

Cosa si sente di rispondere ai ragazzi che stanno pensando oggi di iscriversi ad una scuola di osteopatia, ma che hanno paura di correre qualche rischio?

Di scegliere con attenzione il percorso formativo, fondamentale per avere le necessarie competenze e requisito indispensabile per l’esercizio della professione. Inoltre il percorso di formazione sarà il punto di riferimento per stabilire l’equipollenza nel momento in cui sarà istituita la professione sanitaria di osteopata e il relativo corso di Laurea. Il riferimento per il percorso formativo è comunque quello indicato nella norma CEN, che prevede un iter formativo di almeno cinque anni, compreso il tirocinio clinico, sia che lo studente inizi il suo percorso con un diploma di scuola media superiore, sia che abbia già conseguito una Laurea in discipline mediche o sanitarie. E poi sicuramente li esorterei a seguire questa strada, perché l’osteopatia è una professione bellissima, che ha solide radici storiche, culturali e scientifiche, che ha bisogno di giovani talenti e di ricerca per continuare a crescere e a diffondersi e che, aspetto fondamentale, piace agli italiani, che sempre più numerosi si rivolgono agli osteopati per curare i loro disturbi, soprattutto quelli muscolo-scheletrici che sono fra i più frequenti.
Non va dimenticato infatti che esistono le Linee Guida sulla lombalgia, di cui soffrono moltissimi italiani, che riconoscono nell’osteopatia un intervento di grande efficacia. C’è ancora molto da fare, dobbiamo ancora crescere, contiamo quindi sull’energia e sulla passione delle nuove leve.