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Il colpo di frusta

Abstract

Un incidente frequentissimo, visto il sempre crescente numero di casi, è il colpo di frusta (C.d.F. da ora in avanti).

Tra i traumatismi automobilistici è uno degli eventi più complessi perché può essere lieve o di forte intensità e può scatenare reazioni locali o periferiche, sia nel periodo immediatamente successivo che a distanza di molto tempo.

Ancora oggi, molti fanno dell’intera casistica una limitazione ai soli tamponamenti in auto, mentre per il C.d.F. si possono includere tutte le evenienze che comportino un forte accelerazione o decelerazione dell’intero sistema cranio-colonna vertebrale-bacino, e quindi non solamente il classico sferzare dell’ultimo tratto della colonna vertebrale.

Dunque si può incorrere in un C.d.F. rimanendo seduti in automobile, cadendo sul sedere, scivolando sul ghiaccio, cadendo dalla bicicletta, dalla moto o in molti altri modi.

L’Osteopatia fa una precisa differenza tra le varie tipologie di traumatismi, dal momento che diverse situazioni possono necessitare di diverse attenzioni e dare purtroppo anche diverse sintomatologie.

Vedere la sola dinamica del tratto cervicale e conseguentemente occuparsi settorialmente delle conseguenze che da essa derivano (cervicobrachialgie, dolori cervicali, limitazioni al movimento del collo nausee, vertigini, mal di testa spesso occipitale), è solamente una parte del lavoro da svolgere per trattare con successo un C.d.F.



Una corretta valutazione osteopatica prende sempre in considerazione la posizione del soggetto che subisce il C.d.F. identificando se il trauma è antero-posteriore, laterale o in spin destro o sinistro, cioè in torsione dell’asse cranio sacrale. Chiaramente si avranno differenti reazioni in base alla provenienza dell’energia del trauma.

Altra considerazione va fatta se il soggetto, al momento del C.d.F., è cosciente o meno, infatti una persona che avverte il pericolo, e reagisce spesso irrigidendosi e proteggendo gli organi nobili.Questa persona dovrà essere trattata maggiormente per ridurre le conseguenze anche di questa sua reazione, mentre, diverso sarà il trattamento di chi viene investito e sobbalzato senza un precisa coscienza di ciò che gli sta accadendo.

In questo secondo caso, il trauma penetra più nella profondità dei tessuti della persona, spesso dislocando temporaneamente gli organi e stirando le strutture che ancorano gli stessi alla colonna vertebrale, da qui hanno origine molte reazioni vegetative che spesso si riscontrano anche dopo molti anni e sembrano apparentemente non collegabili all’evento stesso (da quel giorno non ho più digerito bene, non sono più regolare a livello intestinale, ho mal di testa più frequenti, dormo meno o male).

Queste modificazioni sono spesso sottovalutate, soprattutto dopo che è passato del tempo e sono rimasti problemi per lo più legati al collo o alla schiena.

Negli incidenti gravi il corpo subisce tali modificazioni della struttura connettivale che, spesso gli arti ricevono,a causa delle accelerazioni, una quantità di tessuti liquidi così imponente che le scarpe letteralmente scoppiano via per la deformità del piede!

Senza accorgersene, per la brevità con cui si svolge il trauma (meno di 400 millisecondi),

le strutture connettivali si stirano senza necessariamente rompersi (ciò accade soprattutto per il tessuto osseo che nella frattura trova un sistema intelligente per scaricare l’immensa energia cinetica del C.d.F.), ecco perciò che l’intera fascia si carica di tensioni che vanno quindi a distribuirsi lungo tutto il suo decorso, portando poi reazioni anche distanti nel tempo.

Fondamentale è, quindi, intervenire entro il primo mese con dei trattamenti di osteopatia mirati all’identificazione ed al detensionamento di tutte le strutture coinvolte. Una volta passati i primi giorni di convalescenza (dedicati ovviamente alle prime cure mediche) si può già iniziare un buon lavoro osteopatico dopo una settimana, rimanendo comunque distanti dai punti dolenti ed occupandosi preferenzialmente del Sacro e del Diaframma, per poi passare, quando il soggetto potrà tollerare anche ai trattamenti più diretti, al rachide cervicale. Generalmente, per i casi recenti rispetto all’accadimento del trauma, (fino a 6-8 mesi in base anche all’età e alla gravità del soggetto) si possono effettuare 4-6 sedute con frequenza settimanale, per poi passare a controlli-trattamenti ogni 15 giorni e poi 1 volta al mese.

I casi più remoti (anche a distanza di anni) vanno visti invece per un periodo di tempo più prolungato vista la minor velocità dei recuperi, ma con una frequenza più dilazionata nel tempo.

E’ interessante vedere come certe persone portino con sé la classica sintomatologia dei C.d.F. pur non avendo subito incidenti.

Sempre più spesso, infatti, si riscontra che anche forti shock emotivi o periodi di prolungato stress psicofisico possono ingenerare quadri clinici simili ai C.d.F.; pertanto una buona collaborazione dell’osteopata con l’optometrista, il neurologo, ed il posturologo possono chiarire le dinamiche che hanno portato a questa evenienza, così apparentemente inspiegabile e non collegabile a traumi subiti dal paziente.

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