Studi nel mondo atti a confermare le teorie del prof. Zamboni
Sperimentazione di Buffalo, USA
La più ampia indagine per verificare tale teoria è avvenuta presso il Neuroimaging Analysis Center di Buffalo. La prima parte della sperimentazione, condotta in cieco, ha interessato 500 pazienti. I partecipanti alla sperimentazione sono stati sottoposti alla valutazione Doppler delle vene Craniche ed Extracraniche (CTEVD). I risultati preliminari, in attesa delle pubblicazioni ufficiali, sono diversi da quelli ottenuti da Zamboni, e mostrano che la percentuale dei pazienti con SM aventi la CCSVI è del 62,5 per cento, contro il 25,9 per cento nei controlli sani. Questa percentuale è ottenuta escludendo dal campione statistico quel 10,2 per cento di soggetti i cui risultati, in sede diagnostica, erano border-line.
Includendo tali casi tra i normali (senza insufficienza venosa) è diagnosticata la CCSVI nel 56,4 per cento nelle persone con SM e nel 22,4 per cento dei controlli sani. I successivi dati sulla restante parte devono ancora essere pubblicati.
In merito al trattamento della CCSVI nei pazienti affetti da SM, i dati pubblicati mostrano un miglioramento della circolazione venosa cerebrale, una riduzione del numero di ricadute e di lesioni attive, nonché un miglioramento della qualità della vita. I soggetti affetti da SM progressiva mostrano addirittura un blocco o rallentamento di tale pattern. Secondo quanto pubblicato finora, questa esperienza, protratta nell’osservazione per 2 anni, è da considerare con attenzione come un trattamento efficace contro la SM, da aggiungere ai trattamenti già esistenti (http://www.ccsvi-sm.org).
Sperimentazione di Albany, USA
Ad Albany, NY, nell’aprile 2010 parte uno studio per valutare il trattamento della CCSVI nei pazienti affetti da SM. L’Albany Vascular Group Study vuole valutare l’innocuità, la fattibilità e l’efficacia dell’Angioplastica Transluminale Percutanea (PTA) nel trattamento delle lesioni ostruttive delle vene extracraniche, e la sua influenza sul decorso clinico dei pazienti con SM.
I pazienti arruolati nello studio sono 500. Lo studio verrà completato nell’aprile del 2012. Verranno valutate le ristenosi nei primi 30 giorni dopo l’intervento e la mortalità nei due anni successivi all’intervento. (http://www.ccsvi-sm.org)
Sperimentazione in Polonia
Lo studio preliminare, non ancora pubblicato, è stato condotto dall’equipe del dott. Marian Simka del Dipartimento di Chirurgia Vascolare ed Endovascolare di Katowice, ed avrebbe evidenziato, su 250 pazienti affetti da SM, una correlazione del 95 per cento con anomalie venose. I medici polacchi hanno utilizzato l’ecocolordoppler su tutti i 250 pazienti e la venografia RM solamente su 100 pazienti.
Attraverso la prima indagine generale con doppler, hanno osservato prevalentemente delle malformazioni patologiche delle valvole o delle membrane nelle vene giugulari interne e delle stenosi. I restringimenti, che interessano la parte media delle giugulari, sembrano essere secondarie rispetto alle malformazioni delle valvole o conseguenza di qualche pressione esterna. Gli esami, attraverso venografia RM, hanno dimostrato come i pazienti affetti da SM presentano delle stenosi nella parte media e alta della giugulare e degli evidenti segni di compromissione del flusso. Utilizzando questo strumento diagnostico, però, le valvole difettose e le membrane possono essere visualizzate solo in pochi pazienti.
Successivamente, Il dottor Simka ha provveduto a trattare 90 pazienti utilizzando la venografia interoperativa, come test chiave per il decision making; il Doppler preoperazione e la MRV come ausilio per valutare le anomalie venose ed individuare esattamente il problema. L’intervento prevede l’utilizzo del palloncino e solo in casi estremi l’applicazione dello stent. A seguito degli interventi, i pazienti hanno riportato solo limitati effetti collaterali. Il follow-up è stato possibile solo per alcuni di essi, anche se la maggior parte avrebbe riferito dei miglioramenti soggettivi (ma che non vengono specificati nello studio). In linea generale, i pazienti con disabilità minori avrebbero avuto miglioramenti più significativi, sempre però senza dati oggettivi di riferimento. (http://www.ccsvi-sm.org)
Sperimentazione in Giordania
In Giordania uno studio sulla CCSVI e la sua ipotetica implicazione nella SM, pubblicato su International Angiology, è stato condotto dal dottor Al-Omari, radiologo interventista e dal dottor Rousan, radiologo consulente, entrambi del Jordan University Of Science & Technology, King Abdullah University Hospital.
Lo studio ha interessato 25 pazienti con SM e 25 controlli sani. Per la diagnosi è stato utilizzato l’ecodoppler, secondo le indicazioni del protocollo messo a punto dal prof. Zamboni. Il 94 per cento dei pazienti mostravano alterazioni a carico del sistema venoso profondo. L’84 per cento dei pazienti con SM soddisfavano chiaramente i criteri diagnostici di CCSVI, con reflusso nella vena giugulare interna sinistra, flusso misto nella parte prossimale della giugulare, flusso normale nella parte distale, a causa di restringimenti che provocavano tali anomalie di flusso. Inoltre, si è notata la presenza di membrane flaps ecogeniche all’interno delle vene giugulari interne, in diversi pazienti, con una maggiore frequenza nel lato sinistro. Solo il 24 per cento dei controlli sani mostrava alterazioni emodinamiche, anche se nessuno di questi soddisfava i criteri diagnostici di CCSVI.
A seguito dell’intervento di liberazione, avvenuto con angioplastica dilatativa, di cui non vengono riportati gli eventuali effetti collaterali, secondo gli autori dello studio, i pazienti avrebbero riferito dei benefici (di varia entità, e di non precisata durata o parametri oggettivi di riferimento), tra cui una diversa colorazione in volto, un minor affaticamento e maggiore controllo sfinterico (vescicale e anale), ed altre. (http://www.ccsvi-sm.org)
Nel comunicato stampa della Società Italiana di Neurologia (SIN), diffuso in occasione del 41° Congresso Nazionale che si è svolto a Catania dal 23 al 27 ottobre 2010 (http://www.neurology.org/), sono stati riportati dati di studi epidemiologici svolti fino ad ora in merito: un primo e già citato studio, da parte del prof. Zamboni, riscontrava la CCSVI nel 100 per cento dei pazienti con SM e nello 0 per cento dei controlli sani. Nell’aprile 2010, un numero di International Angiology (Minerva Medica, IF 1.1) riportava numerosi studi che supportavano questa iniziale osservazione. Tuttavia, tre studi recenti pubblicati su riviste recensite non rilevavano alcun tipo di associazione tra CCSVI e SM, riscontrando una percentuale di pazienti con CCSVI tra l’1% e l’8%. Una così ampia discrepanza di risultati è difficile da spiegare, anche tenendo conto di differenze tecniche e di variabilità delle casistiche analizzate, ponendo così comprensibili dubbi sulla natura stessa della CCSVI.
Nel corso del dibattito, il prof. Zamboni ha quindi ribadito: “Siamo di fronte ad una diatriba metodologica, più che di sostanza. La discrepanza di dati si spiega nelle diverse metodologie impiegate”.
Come recentemente affermato da tutti i partecipanti al Simposio Internazionale promosso dalla European Charcot Foundation, in occasione del congresso ECTRIMS (European Committe For Research and Treatment in Multiple Sclerosis), incluso lo stesso prof. Zamboni, la CCSVI non è la causa della SM, ma va accertato se vi siano relazioni, di qualsivoglia tipo, tra SM e CCSVI.
In base a quanto descritto, la SIN ha ritenuto che prima di procedere a sperimentazioni cliniche sulla efficacia e sicurezza della dilatazione venosa, mediante angioplastica, in pazienti con SM si debba prima dimostrare che esistano per lo meno correlazioni epidemiologicamente significative tra CCSVI e SM; in quanto, in caso contrario, si esporrebbero i pazienti ai rischi della procedura terapeutica senza alcuna ragione.
Per tali prerogative, uno studio epidemiologico sui rapporti tra CCSVI e SM è stato promosso e sponsorizzato dalla Fondazione Italiana Sclerosi Multipla: uno studio che riguarderà circa 2.000 tra casi e controlli.