Secondo i principi e la filosofia dell’Osteopatia l’animale, esattamente come l’uomo è un’unità di struttura e funzione, in salute ma anche in malattia, in cui la continua, armonica sinergia tra le sue componenti garantisce di fatto lo status psicofisico più ottimale in ogni condizione.
Anche in campo veterinario, perciò, l’osteopata si adopera affinché le capacità di autoregolazione del corpo vengano supportate e coadiuvate, ai fini di restaurare l’equilibrio fisiologico nel modo più naturale possibile.

Fonte: dralbertocarletti.it

A proposito di Osteopatia e animali, vogliamo riprendere l’intervista all’osteopata specializzato in osteopatia equina Alberto Carletti, apparsa sul web magazine Cavalliegare.it lo scorso 11 luglio, in cui spiega in che modo l’Osteopatia possa aiutare i cavalli a stare meglio. “L’osteopatia equina – si legge nell’articolo – non è altro che l’osteopatia umana rivista e modificata ed applicata al cavallo. E questo è possibile poiché dal punto di vista muscoloscheletrico uomo e cavallo si assomigliano notevolmente”.

Vi proponiamo di seguito uno stralcio dell’intervista al dott. Carletti sull’Osteopatia equina. 



Come e quando ha iniziato ad occuparti di osteopatia equina?
Personalmente, mi sono letteralmente innamorato dell’Osteopatia e di conseguenza anche dell’osteopatia equina, quando nel 94 (all’epoca ero uno studente del corso di fisioterapia) ho iniziato a seguire un osteopata francese che curava e trattava i cavalli della scuderia di San Patrignano.
La folgorazione è stata istantanea nei confronti dell’osteopatia, e dell’incredibile ed elevatissimo potenziale che tale disciplina abbia, nel trattare le problematiche muscolo scheletriche e non solo.
Ciò che allora non conoscevo, era il limite culturale di diffusione dell’osteopatia. Ho usato volutamente il termine “culturale”, poiché è importante sensibilizzare scuderie e proprietari privati circa l’importanza di salvaguardare la salute dei propri animali, evitando di esporli ad un uso prolungato e continuativo di antinfiammatori e cortisonici, quando questi ultimi non riescano a risolvere la causa di un problema che continui a manifestarsi.

Quali sono le analogie tra uomo e cavallo nella pratica osteopatica?
Le analogie tra uomo e cavallo nella pratica osteopatica, sono in realtà molto ridotte, in quanto noi esseri umani abbiniamo al dolore fisico e muscolo-scheletrico, una serie di costrutti e caratteristiche emozionali che ovviamente non si verificano nel cavallo. Molte delle problematiche che portano i pazienti in studio da me hanno una considerevole base emozionale nella loro genesi.
Invece il cavallo è “potenza ed istinto”, ed una volta risolta la causa del problema, non ci sono i “freni emozionali” che trattengano il manifestarsi del miglioramento.
Bisogna inoltre ricordare che molto frequentemente, i problemi del cavallo sono causati da chi lo monta. E qui non voglio offendere nessuno dei lettori, ma semplicemente farli riflettere sulla realtà delle cose.
Mi spiego meglio; il cavallo è un animale che se ne va in giro con uno “zaino” sulla schiena…cioè noi cavalieri… Nonostante questo animale sia stato, nel corso dei millenni, selezionato per essere montato, è ben chiaro e comprensibile lo sforzo che deve compiere per svolgere l’attività in questione. Ipotizziamo che il cavaliere non commetta alcun tipo di errore tecnico (…?); immaginiamo però che lo stesso (il cavaliere) abbia subìto anni prima o nell’infanzia, un trauma quale una distorsione ad una caviglia; un’importante caduta sull’osso sacro; o che soffra abitualmente di mal di schiena; oppure abbia significativi problemi cervicali; o ancora problematiche di mandibola o altro; difficilmente questa persona avrà una postura corretta in piedi sulle proprie gambe, ed ancora più difficilmente avrà un assetto corretto in relazione alla distribuzione del proprio peso tra le due staffe e relativamente alla antero-posterioritá, e cioè nello stare troppo avanti o troppo indietro.
Questo costringerà il cavallo ad un continuo lavoro di compensazione delle forze in gioco, al fine di poter mantenere il proprio equilibrio e la propria centralità.
Faccio un piccolo esempio. Immaginiamo di dover camminare su di un ripido sentiero di montagna, portando sulle nostre spalle uno zaino di 10 chili, che non sia però ben centrato sulla schiena ma sporga alla nostra destra o alla nostra sinistra… Ciò implicherà naturalmente il medesimo sforzo, di cui parlavamo poc’anzi, per mantenere il nostro equilibrio ed una buona centratura del nostro cammino…e cioè per contrastare le forze che tenderebbero a farci deviare verso un lato o l’altro, a seconda di quale sia la parte verso cui sporge lo zaino. In parole povere alcuni gruppi muscolari ed alcuni legamenti, sarebbero costretti ad un superlavoro rispetto a ciò che succederebbe con una normale distribuzione dei pesi.
Ed una situazione di tensione muscolare e di compenso costante, come questa, inevitabilmente porta all’instaurarsi ed al manifestarsi di disturbi più o meno gravi.
Questo è il motivo per cui il mio approccio sia così marcatamente orientato verso il “binomio” uomo/cavallo, ed è sicuramente il punto di forza della mia modalità operativa, poiché limitarsi a considerare e curare esclusivamente i sintomi del cavallo, comporta la realizzazione di un lavoro incompleto.

Quali disturbi traggono maggior beneficio dal trattamento osteopatico del cavallo?
La terapia osteopatica è indicata per tutte quelle che sono le sofferenze e le patologie muscolo scheletriche, dalle forme più sfumate a quelle più gravi. La marcatura o la zoppia a freddo od a caldo, su di un anteriore o un posteriore. La rigidità cervicale o di tutta la colonna vertebrale, ad una mano piuttosto che all’altra, con evidente asimmetria di flessione laterale a destra o a sinistra. I tanti casi in cui il cavallo lavori tenendo collo e testa molto alti. Le problematiche di schiena, in cui risulti molto chiaro e ben comprensibile, che il cavallo abbia un dolore localizzato nel tratto lombare o altro. Gli esiti di traumi o cadute avvenuti durante l’attività sportiva o ad esempio, salendo e scendendo dal van. Le navicoliti ed anche alcune problematiche viscerali.

Nella sua attività si avvale anche di un supporto veterinario?
Mi è capitato, anche se sporadicamente, di avere contatti con veterinari, ma purtroppo la sensazione è che spesso l’osteopata venga percepito come qualcuno che potrebbe ridurre il lavoro del veterinario stesso, e portare ad una “migrazione” della loro clientela; io sono invece fermamente convinto che l’integrazione tra due discipline non possa che portare grandi benefici, poiché due approcci così diversi non possono che beneficiare, della reciproca integrazione.
Comunque sia, spesso capita di trattare cavalli che siano ovviamente già stati visti anche dal veterinario.
Spesso invece il contatto proviene direttamente dal proprietario, che si rende improvvisamente conto di quanto il cavallo sia diventato rigido a mano destra o sinistra, o abbia difficoltà a partire al galoppo ad una mano piuttosto che all’altra, etc…

Come si svolge una seduta tipo? Generalmente quante sedute sono necessarie per notare i primi miglioramenti?
Una prima seduta tipo, prevede un’approfondita chiacchierata con chi monti abitualmente il cavallo, in modo che possano essere descritti i disturbi ed i sintomi, oggetto del consulto.
Solitamente cerco anche di comprendere quali problematiche strutturali/fisiche siano presenti nel cavaliere/amazzone.
Non sono d’accordo con l’approccio osteopatico rivolto esclusivamente al cavallo; mi sembra l’espressione di una visione molto limitata. Nella mia pratica, la realtà dei fatti mi ha ampiamente dato ragione, ed ha permesso anche ai proprietari di rendersi conto di quali e quanti benefici potessero scaturire da un approccio che tenesse in considerazione l’ormai tanto citato “binomio cavallo/cavaliere”.
La parte pratica della seduta, prevede l’osservazione frontale, posteriore e laterale del cavallo, mentre questo viene fatto camminare al passo e al trotto.
L’osservazione permette di individuare le zone in cui il movimento si manifesti in forma ridotta o con difficoltà.
Una serie di test di mobilità e di valutazione funzionale, permette di comprendere meglio la natura del problema; fatto ciò si passa alle tecniche correttive o di mobilizzazione, più adeguate.
Dopo ogni tecnica o correzione, si fa nuovamente camminare il cavallo, continuando a valutare la qualità e la quantità di movimento, presenti nei singoli distretti articolari e funzionali.
Come ho già accennato precedentemente, il cambiamento nel cavallo avviene molto rapidamente, e capita frequentemente che anche tra una tecnica e l’altra, si possa modificare in modo sostanziale lo schema di movimento.
In genere, il cavallo viene trattato due o tre volte, a distanza di un mese, un mese e mezzo.

Fonte: Cavalliegare.it