Staus dell’osteopatia in Italia, formazione e integrazione tra medicina tradizionale e complementare. Su questi e su altri punti molto importanti per fare il punto sulla situazione osteopatica italiana, abbiamo chiesto il parere autorevole di Alfonso Mandara, direttore della scuola ICOM e Presidente della Federazione Sindacale Italiana Osteopati (FeSIOs), nonché vicepresidente del Consiglio Superiore di Osteopatia (CSd’O) e membro del Comitato Tecnicoscientifico per le Medicine complementari della Regione Lombardia.

 Alfonso Mandara

Dal 2010 è il referente ufficiale del Centro collaborante dell’OMS di Milano in ambito osteopatico, tra i partner del Centro di Ricerca Ercom – European Reserch Center of Osteopathic Medicine –  nato a febbraio 2010 proprio con l’accordo tra Icom (International College of Osteopatich Medicine) e l’Università degli Studi di Milano Bicocca, dipartimento di Neuroscienze e Tecnologie Biomediche.

Partiamo da un punto cruciale che ha segnato un passo importante sulla strada del riconoscimento della pratica osteopatica in Italia: il documento OMS pubblicato il 9 novembre 2010 che ha stabilito i Parametri di riferimento per la formazione in osteopatia.

Lei ha collaborato con l’Organizzazione Mondiale della Sanità alla la stesura e l’approvazione delle “Linee Guida sulla Formazione e Sicurezza dell’Osteopatia”. Come è nato questo documento?

E’ stato un percorso lungo e complicato ma che ha sancito un passo davvero importante per l’ambito Osteopatico poiché ha permesso, a noi maggiori esponenti e rappresentanti del settore, di sederci tutti attorno ad un tavolo, forse come mai era successo prima, per trovare una linea ed un progetto comune e condiviso per la nostra Professione.
Il tutto nacque quando la Regione Lombardia, stipulò un accordo con il Dipartimento di Traditional Medicine dell’Organizzazione Mondiale della Sanità (OMS) attraverso il documento  “Memorandum Of Understing “. Furono stanziati più di un milione di euro affinché si creassero documenti volti a determinare gli standard formativi delle diverse Medicine Complementari  e si attivassero ricerche in ambito clinico, da svolgere presso Presidi Ospedalieri della Regione Lombardia, per attestarne la validità terapeutica.
Al primo incontro conoscitivo trai i vari esponenti dell’ambito della Medicina Complementare, incontrai il mio amico Simon Fielding, in quel periodo Presidente del Registro Inglese degli Osteopati, il quale mi comunicò come la chiropratica avesse ottenuto un documento di linee guida esclusivo per la loro professione a differenza dell’Osteopatia che era stata inserita invece insieme ad altre discipline come il Tuina, Tai-massage che, seppur importanti e valide, non avevano certo nulla a che fare con l’Osteopatia, anzi la svilivano.
Esposi la questione e la problematica che mi si era fatta presente durante il meeting ai miei colleghi osteopati tra i quali c’era anche il mio amico Stefano Scollo che, in quel periodo (2002) aveva come paziente il Governatore della Regione Lombardia, Formigoni. Decidemmo di sottoporre alla Sua attenzione la questione con l’intento di riuscire a produrre un documento esclusivo per l’osteopatia al pari della chiropratica. Dopo poco tempo, il Vice Direttore del Centro Collaborante per l’OMS, Dr. Minelli, ci comunicò di cominciare a lavorare per realizzare quanto ci eravamo proposti sottoponendoci però, un altro problema che, all’interno del budget inizialmente stanziato dalla Regione Lombardia, non era previsto questo ulteriore costo destinato alla sola Osteopatia  e quindi bisognava provvedere a trovare i 90.000 euro per la produzione del documento “Linee Guida sulla Formazione e Sicurezza dell’Osteopatia”. Decisi di organizzare un incontro a Ginevra, presso la sede OMS, dove parteciparono Gosc, Rof, AOA, e l’Associazione Mondiale dei chiropratici WCF e quella Europea ECU per verificare e discutere sulle possibilità di produrre un unico documento che comprendesse la chiropratica e l’osteopatia. Il risultato non fu soddisfacente e decidemmo di proceder in altro modo.
Io, come coordinatore del gruppo, mi occupai non solo di selezionare le 46 persone più rappresentative che avrebbero dovuto discutere sul documento da approvare ma anche di trovare la cifra necessaria per la Sua produzione; Jean Carreiro, con il quale avevo fatto parte insieme a Boyd Buser, del gruppo di garanti per l’ambito osteopatico durante la stesura del documento dei Chiropratici (2004), si occupò invece della bozza del documento nel quale prerogativa principale fu quella di delineare gli standard qualitativi da ricercare per  portare ad un livello qualitativo superiore il corso Part Time, allineandolo pertanto a quello Full Time.
Tale necessità si resa ancora maggiore poiché all’interno del documento dei chiropratici era ben definito come tutti i percorsi formativi a tempo parziale, dedicati a coloro già in possesso di un titolo sanitario, dovessero avere un quantitativo maggiore di ore di contatto, l’inserimento di un elevato numero di materie mediche ed un tirocinio clinico super visionato uguale a quello svolto nel tempo pieno.
L’eterogeneità dei livelli raggiunti dalle diverse realtà formative Europee e Mondiali soprattutto sul percorso formativo e la forbice qualitativa, a volte troppo ampia, tra i corsi Full Time e quelli Part Time,  rese la sua realizzazione e l’identificazione di una linea comune, estremamente complessa. Attualmente, nonostante il punto sia ben specificato all’interno del documento, alcune realtà fanno fatica ad accettare e garantire tali parametri, parlo soprattutto per il tirocinio clinico, poiché ciò significherebbe un carico di lavoro, un’organizzazione e degli investimenti che non tutti riescono a raggiungere.
Oggi, a due anni di distanza dalla sua pubblicazione, mi sento orgoglioso di averne fatto parte in maniera cosi attiva e  colgo anche l’occasione per ringraziare  coloro che vi hanno preso parte, soprattutto l’AOA e la Fesios ed il Gosc che hanno reso possibile la sua pubblicazione attraverso il loro contributo economico.



A due anni dalla sua pubblicazione cosa ha determinato di fatto nel panorama mondiale della formazione?

Innanzitutto è servito da slancio per tutte le altre Associazioni che sono venute a formarsi nel panorama Europeo e Mondiale, come il FORE a cui appartengono Fesios  Roi, e C.S.d.O e, poi a tutti quei documenti che ricalcando la linea del documento OMS, si prefiggono di andare ad orientare la metodologia e la tipologia di formazione e tirocinio  da perseguire per essere “riconosciuti”  dall’ambito osteopatico.

E in Italia?

Nonostante ciò, ancora oggi in alcuni contesti Europei, tra cui l’Italia, molti Istituti fanno davvero tanta fatica ad allinearsi a queste linee guida; l’osteopatia nel panorama Italiano, sta vivendo una fase molto delicata che ricalca quella  avvenuta in Francia circa 10–12 anni fa, ossia da un lato, ci troviamo in una fase di grande crescita della professione, rintracciabile nell’aumento non solo delle scuole ma anche nel numero di iscritti e trattamenti svolti (non a caso l’osteopatia, secondo gli ultimi dati Istat, risulta essere tra le medicine non convenzionali più utilizzate), dall’altro proprio per i motivi di cui sopra, ci troviamo sempre più spesso di fronte a realtà e contesti che definirei “business oriented” anziché “quality oriented”.

A parte alcune realtà storiche e ben strutturate con a capo persone d’esperienza e dal background professionale riconosciuto in ambito osteopatico e che ne hanno contribuito allo sviluppo, il boom della Professione e quindi di eventuali profitti economici immediati, porta oggi sempre più persone, sprovviste della necessaria competenza e professionalità  a voler investire nel settore della formazione Osteopatica spesso con risultati e progetti dalla qualità molto bassa; ci imbattiamo cosi in realtà con strutture inadeguate, con tirocinio clinico pressoché nullo o solamente osservazionale, studenti ammessi alle classi successive nonostante fossero stati respinti in un altro Istituto, insomma un mangia e fuggi generale.
Capite bene, come questo non fa bene alla Professione e al suo riconoscimento, ci vorrebbe maggiore rispetto delle regole, ci vorrebbe maggior controllo da parte delle Associazioni, ci vorrebbe maggior amore per l’Osteopatia e i suoi Professionisti presenti e futuri, ci vorrebbe insomma il coraggio di mettersi in gioco in maniera seria.

Affinché la formazione osteopatica rispetti i parametri formativi europei, come deve essere svolto il tirocinio clinico?

Per poter rispondere a questa domanda è doveroso fare una distinzione tra il tirocinio per il corso Full-Time e quello per il corso Part-Time.
Per il primo quasi tutte le scuole dichiarano di poter rientrare nei dettami Europei, dando luogo a tirocini super visionati, con cliniche strutturate, con un numero di pazienti esterni dai 30 ai 45 pro capite in modo da garantire ad ogni studente quei 400 – 550 trattamenti da svolgere nel loro curriculum studi. Per adesso, dati alla mano, solamente 3 Istituti rientrano in questi parametri, per le altre staremo a vedere in un prossimo futuro. Situazione completamente drammatica per il Part-Time, dove personalmente non sono a conoscenza di scuole, a parte 2 o 3 sulle 26 presenti,  con percorsi formativi che prevedano un tirocinio clinico supervisionato secondo i dettami dell’OMS (circa 1000 ore di tirocinio clinico); questo mi fa capire quanto ancora ci sia da lavorare e soprattutto da aspettare per vedere scenari qualitativi omogenei tra tutti gli Istituti.

Essendo la formazione regolata da un documento dell’OMS questo dovrebbe consentire il passaggio da una Nazione all’altra per l’esercizio della professione. A questo proposito può dirci qualcosa sulla “spendibilità” all’estero di un diploma di Osteopatia conseguito in Italia? Per esempio in Inghilterra, Francia, Germania, oppure negli Stati Uniti o in Australia..

Anche qui il discorso è abbastanza complesso ed eterogeneo; in alcuni Stati, esempio più rappresentativo è l’Inghilterra, è stata normata la Professione ed il passaggio viene consentito dopo la valutazione del curriculum inteso in ore didattiche e pratiche svolte durante tutta la carriera, piuttosto che attraverso il titolo di studio conseguito. Il CV viene valutato da una Commissione preposta e si viene chiamati in date prestabilite, avviene due volte l’anno di norma, a sostenere un esame che certifichi le reali capacità osteopatiche del candidato. In Australia e Nuova Zelanda ad esempio, oltre al Cv, il Professionista deve avere almeno un titolo Bsc e/o Msc rilasciato da un’Università con sede in un paese dove l’Osteopatia sia riconosciuta legalmente, per potersi vedere accettato il passaggio.

Per maggiori informazioni sulla pratica in Inghilterra:

Negli Stati Uniti, il discorso è leggermente diverso poiché l’Osteopata Statunitense è anche un Medico pertanto, il Professionista Europeo un volta accettato, dovrebbe comunque lavorare presso e sotto l’egida responsabilità del collega Americano; In questo momento in Australia l’Osteopatia è la Professione più richiesta tanto è vero che lo Stato  facilita enormemente l’entrata ai Professionisti Osteopati stranieri. Quindi ai giovani appena formati ed in possesso dei requisiti richiesti, minimo il Bsc ed un livello di Inglese Advanced, dico CARPE DIEM!

Ritiene che i tempi siano maturi per far nascere con il Csd’O una rivista scientifica italiana?

Si è uno dei prossimi progetti che andremo a sviluppare infatti ne abbiamo già parlato con Rossi.

In qualità di presidente della Federazione Sindacale Italiana Osteopati, a seguito del recepimento delle Linee Guida OMS, che controlli fa la Fesios sulla scuole?

La Fesios non può svolgere nessun controllo sugli Istituti poiché essa non associa Scuole ma solo Professionisti Osteopati. L’iscrizione alla Fe.S.I.Os. da parte del Professionista, a differenza delle altre Associazioni, è subordinata al compimento di un ciclo di studi aderente alle Direttive OMS e al possesso di un titolo Accademico Universitario straniero (Bsc Ost., Msc Ost.) in un paese dove l’Osteopatia è riconosciuta legalmente o di un Master in Osteopatia rilasciato da un’Università Italiana. L’importanza del possesso di tali titoli per potersi iscrivere alla Fe.S.I.Os. nasce dalla necessità di portare ad una situazione di omogeneità, sia di riconoscimenti legali che di standard formativi, l’Osteopatia e, di garantire al Professionista di praticare in ogni Stato sempre con elevati standard qualitativi e soprattutto con una uniformità di competenze teorico-pratiche.