Non ti sei smentito nemmeno questa volta. Hai lasciato tutti al palo: ammiratori, detrattori, invidiosi, bravi e pessimi imitatori ma pur sempre imitatori. Anni luce avanti a tutti: sei stato invidiato e nascostamente schernito più che amato, temuto e mai affrontato per vigliaccheria intellettuale e assenza di talento. Hai la mia personale ammirazione come donna, collega e osteopata.
Sicuramente morire ti ha reso ancor più irraggiungibile.
Farò in modo che tu rimanga irraggiungibile.
Te lo prometto.
Fabìola

Erio Mossi: genialità, talento, eleganza del gesto


della moglie Fabìola Marelli,
Osteopata
Direttrice Centro Ricerche e Studi Osteopatici

E’ sicuramente stato un genio, IL genio del panorama osteopatico italiano con doni appena immaginabili di inventiva, calcolo e intuizione.

Doni inesauribili nella loro ricchezza, certamente più che umani, che hanno a che fare con la velocità, con una forza abbagliante, con una novità e un’originalità esplosive ma anche con una vita quotidiana volutamente misteriosa e imperscrutabile, talmente fuori dal comune e parimenti blindata nella riservatezza che posso dire con certezza che io sola ne conoscevo e ne conservo la password.

Per poter vivere appieno tutti questi doni occorre dispendio di energia e dedizione a un compito che richiede una concentrazione impareggiabile e un interesse ossessivo.
La genialità consiste nella dedizione quotidiana e diligente al lavoro, nell’ossessiva attenzione al dettaglio miscelata all’ispirazione, nell’incomparabile eleganza e inevitabilità, nell’impareggiabile combinazione di complessità e semplicità.

Erio Mossi ha sempre avuto una capacità sorprendente d’invenzione, che nella sua accezione originale latina (inventio) significa capacità di ritrovare, di estrarre – da una frase o da una tecnica proposta da Still – tutte le possibili permutazioni e combinazioni di cui era capace in termini di anatomia, biomeccanica, fisiologia, raffinata palpazione, ricerca stilistica della gestualità e del ritmo in ogni forma di movimento.
Si tratta di un duro lavoro, tanto duro che un osteopata medio non si prenderebbe mai nemmeno la briga di provarci. Invece Erio Mossi se ne stava lì, seduto a elaborare e rielaborare quei frammenti su cui era caduta la sua attenzione, sottoponendoli a sviluppi da cui traspare effettivamente lo sforzo, l’intensità, la lotta, fino alla loro completa trasfigurazione e trasformazione in libri.



La migliore definizione di questo processo è elaborazione: anche questa parola, nella sua forma latina originaria, narra una vicenda di fatica più che d’ispirazione. “E-laborare”, lavorare a fondo, estrarre con fatica: un gran dispendio di tempo e di energia che modifica radicalmente la piccola scintilla trasformandola in un incendio le cui fiamme oscurano ogni altra cosa. E questo succede soltanto perché il genio dedica  tutto il tempo necessario a nutrire la grossa struttura fino a quando essa non prende vita.
A contrassegnare il genio di Erio Mossi è l’esigenza ineludibile di produrre una così grande quantità di schizzi, modelli, revisioni, ripetizioni che ci riempiono di ammirazione per una tale incondizionata capacità di essere prolifico, esorbitante, disumanamente produttivo.
Quel che impressiona dei suoi trattati di osteopatia è la consapevolezza che Erio Mossi avesse il dono di sapere quando fermarsi. Non sapremo mai – non saprete mai – su quali libri, teoremi, modelli il suo genio ha faticato per poi scartarli, anche se la sua disponibilità a prodigare grandi energie è sempre stata legata a un’incredibile capacità di giudicare in anticipo quanto lavoro occorresse.

È come se nella Sua mente esistesse già da prima la forma dell’opera e che questa potesse essere realizzata solo da un fare ad alta intensità, che non consentisse scorciatoie o soluzioni rapide.
La genialità di Erio Mossi è stata produttiva.
Quel che c’è di particolarmente commovente in Erio Mossi è che il suo lento ritiro dall’insegnamento e dal mondo ha avuto inizio almeno 4 anni fa per completare il suo grandioso trattato sul Sistema Neurovegetativo, opera enciclopedica a cui si è dedicato letteralmente fino all’ultimo respiro e che nessuno, nessuno dei suoi colleghi, ex-allievi, e allievi l’avesse compreso.

Anche Iginio Furlan ha voluto rendere omaggio Erio Mossi, suo amico e collega.

di Iginio Furlan

Dopo una malattia dal decorso rapido e devastante è mancato l’Amico e collega Erio Mossi, figura di spicco nel panorama osteopatico italiano.
Partecipo al dolore che coinvolge Fabiola, il CRESO, i suoi studenti e coloro che hanno condiviso tutto o una parte del suo percorso umano e professionale.

Abbraccio Fabìola, grande nel condividere con lui la vita, il percorso professionale e le infinte grandi prove che hanno caratterizzato la sua vita. Personalmente ho condiviso molte delle sue esperienze e della sua umanità. La malattia è stata il ponte per ritrovarsi. Per molto tempo non ci siamo sentiti, le scelte professionali ci hanno separato, ma il rispetto e l’amicizia profonda che ci legava era rimasta immutata. Sapevamo volerci bene  anche senza parlarci, ed ora che la sua morte, così repentina, mi ha sorpreso e privato della possibilità di dirglielo direttamente, mi urge assecondare la ridda di emozioni che mi salgono dal cuore senza filtri cerebrali.

Il desiderio di condividerle per testimoniare la sua esistenza supera il pudore ed il riserbo dei ricordi personali. Mi rivedo con lui per le strade di Parigi, nella sua casa a Brunate, o nella mia, davanti ad una buona bottiglia, immersi nei libri e nelle infinite discussioni, in auto durante lunghi viaggi, chiacchierando per intere nottate. Lo rivedo abbarbicato al suo maledetto computer e sento l’immancabile sottofondo musicale Stan Getz, Manhattan Transfer, Pink Floyd, o quel Jazz esasperato per pochi.
Ora mi ritrovo a Parigi nella casa di Francis Peyralade, Erio, armato di colle epossidiche, un martello o un cacciavite, è sempre intento a riparare qualcosa. Risento il russare di Francis e del suo cane, mentre con Erio ridiamo, due piani sopra, perché il rumore ci impedisce di dormire.

Caro Erio, nella mia testa ti ho sempre comparato ad un kiwi, il tuo carattere impossibile, scontroso, burbero, secco per chi ti ha conosciuto superficialmente, ma tenero, compassionevole e dolce con chi è andato oltre la scorza. Ti ricordo dirompente nelle iniziative, pratico ed efficiente, senza fronzoli accessori, un caterpillar di determinazione e catalizzatore di idee trasformate da concetti astratti in pratica nell’insegnamento e nel lavoro osteopatico geniale e metodico; paziente e disponibile nell’ascolto, attento ai bisogni degli studenti e dei pazienti. Coerente all’eccesso! Mi viene spontaneo pensare che forse qualche compromesso in più avrebbe facilitato la vita di molti, me compreso, ma non saresti stato l’ERIO MOSSI nazionale.

Ripenso alla malinconia sottile che ha caratterizzato accompagnando la tua esistenza dopo il grave incidente che ti era occorso diciotto anni fa; il non capire il senso della sopravvivenza, la sensazione di non sapere come e cosa fare per occupare  un tempo che consideravi regalato, l’hai vissuto con la smania di non perderne neppure un attimo. Ora  capisco, capisco tante cose che in altri momenti la razionalità non mi ha reso evidenti, mentre questo momento ha consentito alle emozioni di galleggiare e ritornare in modo prepotente.

Sento la tua mancanza,  come  molti altri che ti hanno conosciuto ed apprezzato  ed ora provano lo stesso sgomento. Ti auguro di ritrovare quella pace e quella serenità che tanto si è fatta desiderare in vita; Ti voglio bene  Erio!
Manterrò viva la  memoria  di te e delle cose che fatto.

Ciao

P.S. Mi raccomando non discutere anche con il Padre Eterno, ha sempre ragione Lui!!

Iginio