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Svezzare senza smettere di allattare al seno

L’OMS (Organizzazione Mondiale della Sanità) suggerisce di praticare l’allattamento materno esclusivo, cioè nessun altro alimento né bevanda, nemmeno acqua, dalla nascita all’età di sei mesi, per poi iniziare ad introdurre gli alimenti complementari pur continuando ad allattare al seno.
Stando alle linee guida OMS  “Principi guida per l’alimentazione complementare del bambino allattato al seno” bisogna infatti continuare l’allattamento al seno a richiesta fino ai due anni di età o oltre, pur cominciando, a partire dai sei mesi, con piccole quantità di alimenti che vanno incrementate man mano che il bambino cresce, ma mantenendo frequente l’allattamento al seno.
Nello specifico, i bisogni energetici che devono provenire dagli alimenti complementari per i lattanti con un apporto “medio” di latte materno sono di circa 200 Kcal al giorno all’età di 6-8 mesi; 300 Kcal al giorno a 9-11 mesi e 550 dai 12 ai 23 mesi. Nei paesi industrializzati queste stime sono leggermente differenti (rispettivamente 130, 310 e 580 Kcal al giorno a 6-8, 9-11 e 12-23 mesi) in ragione delle differenze nell’apporto medio di latte materno.

NO al latte vaccino

Con questa sezione dedicata alla pediatria e all’alimentazione, vogliamo introdurre un principio fondamentale anche se ancora poco radicato nell’immaginario collettivo, e cioè dire NO al latte vaccino sia durante lo svezzamento del bambino che dopo. Fondamentale per il piccolo è l’allattamento al seno materno, perché il latte della mamma contiene tutti i nutrienti di cui il poppante ha bisogno, senza alcuna aggiunta di latte. Lo svezzamento può iniziare dai 6 mesi del piccolo integrando al latte materno altri alimenti complementari, ma NON latte vaccino (di seguito troverete indicazioni specifiche sui cibi durante lo svezzamento). Va bene, per esempio, integrare con latte di soia, di riso, di avena, miglio ecc.

Al bando gli omogeneizzati: quelli “fatti in casa” sono più buoni, semplici da preparare e più economici (vedi alcune ricette per lo svezzamento LINK alla pag. Alimentazione dei bambini (idee ricette). Risale al febbraio 2012 la notizia riguardante gli ormoni negli omogeneizzati che, a Torino, ha costretto al ricovero in ospedale di ben 106 bambine perché colpite dal Telarca, la malattia che provoca lo sviluppo precoce del seno: leggi l’articolo su repubblica.it.

4 buoni motivi per NON DARE latte vaccino ai bambini

  1. Il latte vaccino è responsabile di un eccessivo apporto di proteine e di sali minerali (sodio in particolare): tutto ciò rischia di portare ad un sovraccarico di lavoro per i reni del lattante che sono ancora impreparati a smaltire una concentrazione così elevata di proteine e minerali (si verifica infatti un innalzamento dei livelli plasmatici di azoto e si provoca quello che viene definito un elevato carico renale di soluti);
  2. il latte vaccino contiene livelli di ferro trascurabili e a biodisponibilità molto bassa: in altre parole il poco ferro contenuto nel latte di latteria viene assorbito solo in minima parte dall’organismo;
  3. il latte vaccino induce microemorragie gastrointestinali, non visibili a occhio nudo, anche in assenza di segni di intolleranza al latte: ciò può aumentare la probabilità di andare incontro ad un’anemia. Infatti la frequenza di sideropenia (cioè di bassi livelli di ferro nel sangue) a 12 mesi è significativamente più elevata nei lattanti che ricevono latte vaccino. La sideropenia, anche senza anemia manifesta, può influire negativamente sullo sviluppo psicomotorio e comportamentale del bambino;
  4. il latte vaccino non contiene una sufficiente quantità di acidi grassi essenziali (indispensabili per una corretta formazione delle fibre nervose e della struttura delle membrane cellulari) e di vitamine (soprattutto la vitamina D, fondamentale per fissare il calcio nelle ossa, la vitamina A, che protegge la pelle e le mucose e rinforza la vista, e la vitamina C, che possiede un’azione anti-infettiva e ha un ruolo importante nell’assorbimento di ferro da parte dell’organismo).

Troppe proteine animali fanno male ai bambini

Sono un milione e duecentomila tra bambini e ragazzi (5-17 anni) “oversize” nel nostro Paese, il 34 per cento dei quali si concentra nell’età compresa tra i 6 e i 9 anni e la causa è l’eccessiva assunzione di proteine animali nei primi due anni di vita. A dirlo, i risultati del recente studio europeo “Childhood Obesity Project“, condotto in cinque nazioni europee fra cui l’Italia, che punta il dito contro il latte vaccino. L’osservazione delle abitudini alimentari italiane ha svelato il nostro più grande errore: l’80 per cento dei bimbi italiani consuma latte di vacca già a sei mesi (77 per cento dei piccoli allattati al seno e 87 per cento degli allattati altrimenti).
Da escludere anche quello artificiale ad accresciuto contenuto proteico, responsabili dell’eccesso di peso e di massa corporea rispetto ai bimbi allattati al seno o nutriti con formule a più basso contenuto proteico.

Uno studio condotto da un gruppo di ricercatori italiani ha infatti rintracciato il nesso tra il fenomeno della pubertà precoce e l’alimentazione in età neonatale. La ricerca, pubblicata dalla rivista “The Journal of Pediatrics” (leggi lo studio) è stata condotta dal dottor Francesco Massart della Clinica Pediatrica dell’Università di Pisa e ha dimostrato che alla base del problema ci sono una micotossina estrogenica (zearalenone) e due suoi derivati, individuati nel latte per neonati (nel 9 per cento dei casi la micotossina; nel 26 per cento i suoi derivati) e in alcuni omogeneizzati a base di carne commercializzati in Italia.



I cibi per lo svezzamento

I lattanti possono assumere alimenti frullati, passati o semisolidi a partire dai sei mesi. Dagli otto mesi, la maggior parte dei bambini può mangiare con le mani (spuntini che i bambini possono fare da soli).

A 12 mesi, la maggior parte dei bambini può mangiare certi tipi di alimenti consumati dal resto della famiglia (tenendo presente il bisogno di cibi nutrizionalmente ricchi: carne, pollame, pesce o uova); i legumi dovrebbero essere assunti quotidianamente; evitare assolutamente bevande con basso valore nutritivo come the o caffè, e bevande zuccherate come le bibite gasate (aranciate, coca cola, ecc). Limitare i succhi di frutta per evitare che sostituiscano cibi più ricchi di nutrienti.

Evitare inoltre di aggiungere lo zucchero per rendere più desiderabile un alimento, così come non si aggiunge sale, dadi, o altri insaporitori. E’ importante proporgli un cibo nuovo per volta, aspettando 7 giorni prima di inserirne uno nuovo, così che prenda confidenza con la novità e con i nuovi sapori. Se dopo l’assaggio il bambino non mostra piacere, non si deve esigere che lo mangi a tutti i costi, meglio aspettare e riproporlo successivamente.
È bene anche non avere preconcetti che le mamme possono trasmettere ai piccoli, per esempio: i bambini non mangiano aglio e cipolla, oppure non vogliono le verdure  o ancora che il gusto del pesce sia troppo forte per loro.

Frequenza dei pasti

Per il lattante medio in buona salute gli alimenti complementari devono essere forniti 2/3 volte al giorno a 6-8 mesi, 3-4 volte a 9-11 mesi e 12-23 mesi, con degli spuntini di frutta. Se invece il bambino non è più allattato al seno  e dunque la densità energetica o la quantità di alimenti per pasto è scarsa, possono essere necessari pasti più frequenti.

Aspettiamo che il bambino si senta pronto

Lo svezzamento rappresenta il primo distacco del bambino dalla madre: è la sua prima tappa di crescita e di autonomia. Per questo bisogna far sì che il piccolo viva serenamente questa fase, quindi rispettando i suoi ritmi ed evitando di inculcargli la sensazione che “mangiare è un dovere”. Se per esempio di fronte al cibo offerto col cucchiaino il bimbo serra la bocca o piange, evitiamo di usare il cucchiaino e lasciamo che beva il latte proponendogli, a fine pasto, un cucchiaino di frutta grattugiata.

Le mamme dovrebbero vivere questa tappa in modo quanto più sereno, per cui evitando di trasformare il momento del pasto in un motivo di ansia: pulirgli continuamente la bocca, asciugarlo se si è sporcato ecc.. Al contrario è consigliabile che lo si lasci “pasticciare” come vuole. La psicologa Analia Setton suggerisce di mettere nel piatto davanti al bambino un po’ di pappa perché possa toccarla e annusarla, mentre lo si imbocca usando un altro contenitore. Tra le raccomandazioni anche quella di non ricorrere a trucchi per dargliene ancora un po’, non obbligarlo ad assaggiare, né offrirgli il cucchiaino prima che apra la bocca.

A questo proposito un recente studio condotto su 155 bambini dai 20 mesi ai 6 anni e pubblicato da BMJ Open ha rivelato che “se all’inizio dello svezzamento — spiegano Ellen Townsend e Nicola Pitchford, dell’Università inglese di Nottingham, autori dello studio — si lascia che i bambini mangino da soli pasticciando con il cibo, senza paura di macchie e guai vari, imparano a gustare di più quello che hanno nel piatto, ad amare alimenti più sani e a saziarsi prima rispetto ai piccoli ai quali il cibo, ridotto a pappe e purea, viene dato con il cucchiaino dalle mamme”.

Leggi anche: Mangiano meglio i bambini liberi di pasticciare nel piattoCorriere Salute

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