Un anno fa, nell’ospedale “F. Petruccioli” di Pitigliano, nasce il Centro ospedaliero di Medicina Integrata il primo centro pubblico a livello nazionale nel quale la medicina tradizionale è affiancata dalla medicina complementare.

Responsabile del progetto, la dott.ssa Simonetta Bernardini, pediatra e presidente del SIOMI, Società Italiana Omeopatia e Medicina Integrata, alla quale abbiamo rivolto questa intervista, ponendo l’accento anche sulle prospettive future riguardo l’integrazione dell’Osteopatia nel servizio offerto nel nosocomio toscano di Pitignano.

Il progetto sperimentale finanziato dalla Regione si chiude nel 2012. Dopo cosa succederà? E’ previsto un ampliamento del servizio anche all’osteopatia?
Il primo Ospedale di Medicina Integrata  è stato aperto per scopi assistenziali e di ricerca scientifica tesa a verificare l’utilità e l’efficacia in termini di miglioramento della qualità della vita e della salute dei cittadini grazie all’integrazione delle medicine complementari (Omeopatia, Fitoterapia e Agopuntura) nei percorso terapeutici dei ricoverati nei  reparti ospedalieri di Pitigliano e nel Centro di riabilitazione residenziale neurologica e ortopedica di Manciano dove sono ricoverati pazienti affetti da ictus o altri accidenti neurologici o  in riabilitazione dopo grandi interventi  ortopedici. Il progetto è quinquennale, anche se il finanziamento è stato stanziato in maniera anticipata  per i primi due anni. Alla fine del 2012 la regione Toscana dovrà deliberare il proseguio del finanziamento. E’ vero che il finanziamento non può prescindere dalla verifica dell’utilità del progetto, ma è anche vero che il progetto sanitario ha avuto finora un grande successo a giudicare  dalle continue richieste di visite e dalle risposte terapeutiche che sembrano essere, per i casi fino ad oggi giunti al follow up, decisamente incoraggianti. Inoltre, l’attività ambulatoriale è a pieno ritmo con più di 2500 prestazioni sanitarie effettuate in meno di un anno di attività e con richieste di visite provenienti anche da molte altre regioni di Italia, oltre la Toscana. Siamo dunque ottimisti sulla possibilità di proseguire la sperimentazione. Riguardo  all’osteopatia e alle altre discipline di area di benessere e salute, la regione Toscana è particolarmente sensibile all’integrazione di queste ulteriori risorse di cura in un percorso di Medicina Integrata. Esse sono state già ipotizzate anche per il Centro Ospedaliero di Medicina Integrata di Pitigliano anche se i primi due anni di sperimentazione sono stati riservati esclusivamente alle medicine complementari. Sono personalmente ottimista sulla possibilità di ampliare i servizi erogabili a Pitigliano con l’inclusione anche dell’osteopatia.

Un altro ospedale toscano, il Meyer di Firenze, ha aperto all’osteopatia inaugurando un ambulatorio presieduto da un osteopata. Cosa ne pensa?
Non solo ne penso benissimo, ma le dirò di più: dal mio punto di vista considero la scelta tanto innovativa quanto ovvia. Capisco che l’integrazione di cure non appartenenti alla medicina ortodossa non trovi ancora l’accordo generale o che non vi sia una naturale inclinazione da parte di ampi settori della medicina cosiddetta convenzionale. Ma è pur vero che il movimento  della Medicina Integrata (o integrativa che dir si voglia) è oramai piuttosto diffuso a livello internazionale. Alle opportunità della Medicina Integrata la Società Italiana di Omeopatia e Medicina Integrata, SIOMI, ha di recente dedicato l’evento: “Manifesto per la Medicina Integrata” che si è svolto a Firenze nel Salone de’ Dugento di Palazzo Vecchio lo scorso 3 Dicembre. In quella occasione è stato  presentato il primo Manifesto per la Medicina Integrata alla presenza delle massime Istituzioni italiane della medicina ortodossa. Mi sembra sia stato fatto, con questo evento e con questo Manifesto, un passo avanti straordinario sulla via della ridiscussione dei percorsi sanitari anche pubblici verso la Medicina Integrata.



Ad un anno dall’inaugurazione del servizio a Pitigliano qual’è il bilancio?
Posso dire che siamo  soddisfatti. La risposta degli utenti è stata ampia, semmai ora dobbiamo risolvere il problema delle lunghe liste d’attesa cercando di incrementare ulteriormente i servizi. Il livello di soddisfazione in termini di efficacia delle cure anche se al momento esso è percepito poichè le valutazioni scientifiche sono in corso, sembra elevato. La collaborazione con i medici dell’ospedale e con quelli del territorio è molto migliorata con il passare dei mesi anche grazie all’esperienza positiva maturata “sul campo”. Non va dimenticato il carattere innovativo dell’offerta sanitaria che, effettivamente, non ha potuto fare riferimento ad altre esperienze analoghe poichè non ve ne sono.
Debbo dire anche che vi è grande motivazione da parte dei medici del team di medicina complementare. Si tratta di colleghi che hanno esperienza più che ventennale di pratica sia della medicina ortodossa che delle  medicine complementari i quali raggiungono l’Ospedale da altre province o addirittura provenienti da altre regioni. La relazione che hanno saputo instaurare con i cittadini è veramente molto bella ed essa appartiene esattamente allo scopo che si prefiggono le medicine complementari, ovvero il prendersi cura del malato in una relazione profonda dove i contenuti umani  e professionali si intrecciano in una relazione fluente e di reciproca collaborazione.

Quanti sono i pazienti che hanno accettato l’integrazione nella cura?
Va premesso che  poter accedere alle cure integrate occorre che il team dei medici dei reparti di Pitigliano e di Manciano individuino l’utilità e la fattibilità del percorso caso per caso. Esistono infatti situazioni cliniche che non consentono (per particolare gravità di emergenza o urgenza) un approccio integrato e altre che lo consentono. La percentuale di pazienti che accettano le cure integrate non è inferiore al 90% perciò una percentuale molto alta se si considera che i ricoverati dell’Ospedale sono prevalentemente persone anziane che spesso non hanno conoscenza o esperienza delle medicine complementari. Per contro, è anche vero che il passaparola tra i cittadini, trattandosi di un territorio limitato, ha realizzato molto presto un livello di fiducia e affidamento nelle cure integrate che hanno prodotto in poco tempo tali percentuali di gradimento.

Anche i pazienti non ricoverati possono usufruire delle prestazioni di medicina complementare? In che modo (si paga il ticket e quanto costa) e quanti sono?
Al Centro Ospedaliero di Medicina Integrata sono in funzione cinque ambulatori di omeopatia e agopuntura che effettuano visite per  quattro pomeriggi alla settimana. In questo mese di gennaio verrà attivato anche l’ambulatorio di fitoterapia. L’accesso agli ambulatori avviene tramite prenotazione di visite attraverso il CUP telefonando al numero: 0564-483500. La  visita si effettua previo pagamento di ticket, se dovuto (ne sono escluse   tutte le  malattie croniche che non compartecipano in Toscana alla spesa sanitaria).
Attualmente in Toscana il ticket varia a seconda della fascia di reddito da un minimo di 26 euro ad un massimo di 41 Euro nel caso di redditi superiore ai 100.000 euro annui).
I cittadini che usufruiscono del Centro provenienti da altre regione pagano un ticket di 35 Euro.

Quali sono le motivazioni cliniche e personali del ricorso alle medicine complementari?
Sono essenzialmente tre le situazioni che spingono i cittadini a richiedere terapie integrate. Da un lato va considerata la scelta personale del cittadino che preferisce, laddove possibile, curarsi con le medicine complementari piuttosto che con i farmaci chimici. Ma i casi più frequenti sono quelli in cui, a causa della particolare gravità o cronicità  della patologia, i cittadini non hanno una adeguata risposta dalla  sola medicina convenzionale oppure gli effetti collaterali dei farmaci chimici sono particolarmente onerosi. Questo accade spesso nei casi di malattie croniche o nei casi di chemioterapia e radioterapia. Infine esistono, seppur rari, casi di allergia ai farmaci chimici, in questi casi le medicine complementari rappresentano una indicazione terapeutica obbligata.

Esiste da parte dei medici tradizionali una concreta apertura alla medicina complementare oppure persistono reticenze?
L’Ospedale di Medicina Integrata di Pitigliano è il primo ospedale del servizio pubblico in Italia che sta sperimentando un setting di Medicina Integrata, dove, cioè, è richiesta la più ampia collaborazione tra medici cosiddetti convenzionali in servizio nei reparti, medici del territorio e medici del team di medicina integrata, omeopati, agopuntori, fitoterapeuti. E’ impensabile che un setting così innovativo non abbia ostacoli nella sua realizzazione. Ma posso dire con estrema soddisfazione che gli 11 mesi trascorsi hanno costruito una buona alleanza tra colleghi medici e una soddisfacente armonia e collaborazione. Lo stesso setting in sperimentazione è oggetto di ricerca scientifica con lo scopo di individuarne criticità, opportunità e modalità di realizzazione. Il nostro lavoro potrà così essere d’esempio per altri ospedali che vorrannoimplementare la loro offerta sanitaria secondo una  concezione decisamente innovativa dell’approccio terapeutico al cittadino ammalato.

Quali sono i maggiori ostacoli alla diffusione delle MNC?
Il maggior ostacolo, a mio modo di vedere, può essere proprio la definizione: MNC. Medicina “non convenzionale” infatti non aiuta la medicina ortodossa ad aprirsi ad altri approcci terapeutici. Non è casuale, dunque, che oggi, quando si parla di integrazione delle cure, si scelga di parlare di medicine complementari e di Medicina Integrata. Se le parole sono contenitori di idee, l’idea dell’integrazione non può maturare tra medicine e discipline che amano definirsi come “non” convenzionali, o non ortodosse. Di medicina ce n’è una sola. Molto semplicemente si tratta, come ribadito in occasione della presentazione del Manifesto per la Medicina Integrata, di adoperarsi per allargare la Casa della Medicina, che è stata disegnata troppo stretta dalla medicina ortodossa. Il futuro della medicina, come ribadito da più parti, sia nell’oriente che nell’occidente del mondo, è la Medicina Integrata. A mio modo di vedere si tratta di lavorare bene, di sottoporre le medicine e discipline complementari, tra esse anche l’osteopatia,  ad adeguate verifiche di efficacia. Questo consentirà di trasformare un bene che oggi è a disposizione prevalentemente di chi, per possibilità culturali o economiche, se lo può permettere  in un bene di tutti. Perchè la medicina integrata sia a portata di tutti i cittadini occorre che il servizio pubblico se ne faccia carico. Se i dati scientifici ne confermeranno l’efficacia, sia per la salute dei cittadini, sia, grazie alla maggiore salute dei cittadini, per il risparmio della spesa sanitaria, non v’è dubbio che i servizi sanitari non chiuderanno le porte a queste ulteriori opportunità terapeutiche. Come sono solita dire, il settore delle integrazione delle cure mediche va governato,  da parte di chi ne ha responsabilità, con  sensibilità e pragmatismo. Se questa è la via, occorre non avere fretta, lavorando bene.
Con queste premesse, sono fiduciosa  che la medicina ortodossa possa aprire progressivamente alla considerazione di altri saperi in medicina.