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Placebo nei trial clinici randomizzati controllati sulla terapia manuale: 4 paradigmi per migliorare la metodologia degli studi
Lo studio è stato pubblicato su IJOM a ottobre 2021
Overcoming placebo-related challenges in manual therapy trials: The ‘whats and hows’ and the ‘touch equality assumption’ proposals. Questo il titolo del lavoro di ricerca condotto da Giandomenico D’Alessandro, Nuria Ruffini, Alessio Iacopini, Marco Annoni, Joe Kossowsky e Francesco Cerritelli e pubblicato su IJOM a ottobre 2021. L’obiettivo è quello delineare – in virtù del significativo aumento dell’interesse per i placebo nell’ambito dei trial clinici randomizzati controllati (RCT) – le principali difficoltà degli RCT con controllo placebo specificatamente in riferimento alla terapia manuale, dunque all’osteopatia.
L’idea alla base dello studio è quella di studiare possibili miglioramenti nella metodologia degli studi a partire da un assunto legato al placebo: ossia che è sempre presente quando si somministra o esegue una terapia, compresa quella osteopatica. Questo vale sia nella pratica clinica che nel contesto della ricerca. Questo studio delinea le principali difficoltà poste dagli RCT; ad esempio progettare protocolli sham privi di specificità (sham = placebo), la funzione del tocco nel produrre risposte neurobiologiche, il ruolo degli aspetti non-specifici, ecc… con l’obiettivo di fornire suggerimenti su come vincere le sfide metodologiche tipiche dei trial clinici in cui è usato il controllo placebo, per esempio dando una definizione della ‘specificità’ nel contesto delle terapie manuali, e specificatamente nell’osteopatia, suggerendo come progettare procedure sham adeguate, e introducendo la cosiddetta ‘touch equality assumption‘.
“Siamo partiti dal paradigma specificità/non specificità – spiega uno degli autori, Giandomenico D’Alessandro del Clinical-Based Human Research Department, Foundation C.O.ME. Collaboration – ovvero dal delineare quelle che sono le specificità prettamente osteopatiche, i suoi ‘principi attivi’ se così possiamo dire, come ad esempio il ragionamento clinico, la disfunzione somatica, i test, le tecniche e la gestione attiva del paziente, e definire al contempo la ‘non specificità’, ovverosia il placebo, cioè quello che non è strettamente osteopatico”.
Ma come si può scientificamente stabilire il contributo della specificità osteopatica nel miglioramento globale che l’interezza (specificità + non-specificità) di un trattamento osteopatico comporta? Come si fa a separare la componente specifica da quella non-specifica? Occorre seguire diversi paradigmi e applicarli nell’operatività del singolo RCT in questione.
“La difficoltà per l’osteopatia è nell’applicare il paradigma detto ‘equality assumption’ o ‘assunzione di uguaglianza’ – spiega l’osteopata D’Alessandro – che è un pilastro dei classici RCT. Significa garantire un’assoluta uguaglianza della non-specificità (o placebo) nel gruppo di studio e in quello di controllo”. Per esempio garantire l’utilizzo dello stesso setting clinico, stessi operatori, stessi stili relazionali, uguaglianza di aspetti cruciali dei pazienti (es, tratti psicologici, precedenti esperienze con l’osteopatia, aspettative). Fin qui non sono altro che gli stessi problemi (e le stesse soluzioni) dei trial clinici farmacologici, ma in osteopatia e nelle terapie manuali serve un’attenzione in più. Infatti c’è la presenza del tocco.
“Per questo motivo il paradigma dell’equality assumption è stato declinato anche nel tocco – chiarisce D’Alessandro -; abbiamo proposto la Touch Equality Assumption, ovvero, il placebo manuale deve ricalcare gli elementi non-specifici del gruppo di studio: aree anatomiche, pressione, tempo del contatto e tipo di movimento. Senza, ovviamente, aggiungere la specificità osteopatica (es, raggiungimento della barriera o del punto neutro, distogliere l’attenzione dell’operatore), altrimenti si finirebbe per avere un placebo che contiene la specificità osteopatica. Quindi non sarebbe più un placebo!”. Questo è ripreso nel 4° paradigma, presentato più sotto.
Oltre al paradigma ‘specificità/non-specificità’, al paradigma ‘equality assumption’ declinato anche nel ‘touch equality assumption, un altro dei paradigmi suggeriti dallo studio è il ‘whats and hows’ cioè qual è la specificità testata dal singolo trial clinico e come hanno fatto gli operatori a raggiungere quella specificità. “Ad esempio, se uno studio testa l’efficacia del bilanciamento delle tensioni ligamentose (BLT), gli autori dovrebbero spiegare cosa ha caratterizzato la specificità osteopatica (whats), ad esempio il raggiungimento del punto neutro e come hanno fatto (hows), ad esempio descrivendo il raggiungimento del movimento facilitato fino alla percezione dell’equilibrio fra le tensioni. Può sembrare superfluo, ma negli articoli c’è una scarsa descrizione di quel che viene fatto”. Questo aspetto è stato messo in luce dalla revisione sistematica del 2016 di Cerritelli et al.
Il 4° paradigma delineato dagli autori dello studio Overcoming placebo-related challenges in manual therapy trials è ‘how not to’, cioè come hanno fatto gli operatori ad escludere la specificità dall’intervento placebo. In questo caso gli autori propongono diversi metodi da adottare nei gruppi di controllo placebo facendo riferimento a strategie usate sporadicamente in alcuni RCT. Si tratta di proposte selezionate fra le tantissime strategie che invece non hanno un razionale alla base (vedere sempre la revisione di Cerritelli et al 2016).
“Ovviamente siamo aperti ad un confronto sul tema – spiega D’Alessandro – perché l’obiettivo è quello di progettare delle procedure sham adeguate per ogni singola tecnica o per ogni approccio osteopatico in modo da poter confrontare adeguatamente i diversi studi che usano il trattamento sham come gruppo di controllo. Inoltre, gli autori dovrebbero descrivere come l’operatore che ha fatto i trattamenti nell’RCT in questione è stato allenato per imparare a fare un placebo, ad eseguire un trattamento osteopatico senza le specificità dell’osteopatia”.
“Il Trial Clinico Randomizzato Controllato deve essere condotto in maniera ottimale – chiosa il co-autore dello studio D’Alessandro – ed è questo assunto che ha mosso questo lavoro col quale abbiamo voluto veicolare il messaggio che i risultati degli RCT possono essere attendibili solo se la metodologia alla base è fatta bene. Da qui la messa a punto di alcuni passaggi – paradigmi – che possono aiutare al perseguimento di questo obiettivo: il Paradigma ‘specificità/non specificità’, il paradigma ‘equality assumption’ (declinato in osteopatianel ‘touch equality assumption’), il paradigma ‘whats and hows’ cioè cosa e come hai fatto la specificità ed infine ’how not to’, cioè come hai fatto ad escludere la specificità dal tocco placebo”.
Le proposte metodologiche presentate in questo articolo saranno la base per altre proposte metodologiche, più particolareggiate, presentate nell’articolo successivo, sempre pubblicato su IJOM, di cui pubblicheremo a breve un approfondimento.
Qui lo studio completo.