“Same Hands”, dall’inglese le stesse mani – bianche o nere che siano – ma anche “Same”, il paese della Tanzania nord-occidentale da cui tutto è partito.

Offrire sostegno terapeutico gratuito a bimbi disabili è lo scopo del progetto, il quale basa le sue fondamenta nel “Mama Kevina Hope Center” dove vi accedono, a turni calendarizzati, 23 bambini con lievi handicap e oltre un centinaio più gravi. Un team di osteopati, fisioterapisti, terapisti occupazionali, dentisti e logopedisti si prodigano quotidianamente per migliorare lo stato di salute dei piccoli pazienti, collaborando gomito a gomito con il personale locale al fine di valutare le diverse condizioni cliniche e trovare la strategia migliore, sempre attraverso una visione multidisciplinare.

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Da non sottovalutare anche il ruolo delle madri che, al termine delle cure, ricevono indicazioni terapeutiche per continuare a trattare i propri figli a casa nei mesi successivi.

L’osteopata Federico Tieghi, con la sua grande intraprendenza, è il motore del progetto, nato nel 2011 dalla realtà di un centro disabili di Same, che, ai suoi occhi, si trasforma subito in un fertile terreno dal potenziale ancora inespresso. Tornato in Tanzania nel 2014, Tieghi riesce a coinvolgere anche nuove figure professionali: la fisioterapista e osteopata Maura Calò (la quale diventerà poi uno dei pilastri del progetto) e un’altra osteopata nonché terapista occupazionale.



Ennesimo tassello importante da aggiungere alla storia di Same Hands è rappresentato dal supporto dell’Istituto di Osteopatia SOMA di Milano, il quale dimostra concretamente di credere nell’iniziativa concedendo tempo, spazio e materiali per promuoverla agli studenti degli ultimi anni di corso. Ciò porta ottimi risultati: nel 2016 si recano sul posto 4 volontari in un unico team, mentre nel 2017 ne partono 15 divisi in 4 gruppi. Sono ben 6 le spedizioni del 2018, frazionate in diversi mesi per dare supporto continuo in loco.

Durante questo lasso di tempo si aggiunge il terzo pilastro del progetto, l’osteopata Laura Granata, grazie alla quale migliora ulteriormente l’operato “dietro alle quinte”.

Ma l’anno della vera svolta è il 2018, quando la palestra del “Mama Kevina Hope Center” si arricchisce di materiale offerto dal SOMA: lettini da trattamento, computer, enormi quantità di guanti monouso, cancelleria e denaro a favore del progetto, grazie ai quali si perfeziona la qualità del lavoro. Nella stessa annualità un altro importante evento permette il salto in avanti del progetto. Si tratta dell’affiliazione alla Fondazione C.O.ME COLLABORATION (Centre for Osteopathic Medicine), la quale garantisce ai volontari un valido supporto, oltre a migliorare le competenze degli organizzatori attraverso corsi mirati. A trarne beneficio è, senza dubbio, anche la visibilità di Same Hands, il quale riesce ad avvalersi di uno studio di ricerca.

Alla domanda “quali i nuovi orizzonti verso cui spingersi?” i responsabili del progetto rispondono rimarcando la volontà di incrementare le competenze del centro affinché diventi un polo riabilitativo di riferimento pure per gli adulti; oltre a voler offrire in altre sedi – non necessariamente nel continente africano – le medesime dinamiche di sostegno formativo e terapeutico gratuito.

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Per i volontari Same Hands rappresenta «un mezzo meraviglioso che, attraverso gli altri, fa conoscere sé stessi» come dichiara la fisioterapista Maura Calò, la quale in Tanzania c’è stata già quattro volte: «La necessità del ritorno è frutto del legame invisibile ma fortissimo che si crea con la gente, il territorio, la cultura. – ha continuato – Ogni volta che sono rientrata in Italia non ho avuto la percezione di aver fatto o dato qualcosa, ma la nitida certezza di aver acquisito singolari ricordi e compreso preziose sfumature di chi si possa diventare con un’esperienza di questa portata. Esordisco spesso con la frase “Il bagaglio lo lascio sul posto ma torno più ricca di prima”, è veramente così».

C’è da essere fieri di quanto fatto finora, ma al tempo stesso lo sguardo è proiettato avanti: «La mia esperienza assieme a Federico Tieghi si nutre della voglia di alimentare l’entusiasmo dei volontari, affinché sia il carburante per raccogliere il meglio da sé e offrirlo alle famiglie. Non nego che l’adattamento sia impegnativo e non assicuro che ogni sforzo porti sempre a rosei risultati (le barriere culturali a volte sono più resistenti di cento muri), ma, se ci si rimbocca le maniche e si dà il massimo, importanti obiettivi vengono raggiunti. Federico ed io abbiamo fatto molto a Same, sono fiera di riconoscerlo» ha concluso Maura.