«Quando la legge 3 del 2018, all’articolo 7 (Individuazione e istituzione delle professioni sanitarie dell’osteopata e del chiropratico) parla di criteri per il riconoscimento dei titoli equipollenti NON sta parlando del futuro riconoscimento di eventuali titoli esteri, ma esclusivamente dell’equipollenza dei titoli che, fino alla scrittura dei criteri, hanno permesso l’esercizio della professione di osteopata».
Questo è quanto riporta una nota stampa diffusa dall’AISO – Associazione Italiana Scuole di Osteopatia, a cura del suo segretario dott. Alfonso Causi, che sconsiglia vivamente il riconoscimento “accademico” del titolo estero in osteopatia.
Solo per le professioni sanitarie di medico chirurgo, medico specialista, medico di medicina generale, medico veterinario, farmacista, odontoiatra, odontoiatra specialista, infermiere e ostetrica – stando alla direttiva 2005/36/CE – è prevista una procedura di riconoscimento di titolo estero basata su una verifica documentale della sussistenza dei requisiti minimi di formazione.
Tutte le altre professioni sanitarie, fra cui l’Osteopatia, per poter esercitare in Italia devono ottenere il riconoscimento da parte del Ministero della Salute, di un titolo professionale sanitario conseguito in un Paese dell’Unione Europea, Area SEE (Norvegia, Islanda, Liechtenstein) o Svizzera.
Per cui – chiarisce il dott. Causi nel comunicato – «Il fatto di aver ottenuto un titolo rilasciato da un paese estero NON costituisce assolutamente una garanzia di riconoscimento diretto del titolo, che dovrà essere equiparato, valutato, eventualmente compensato dal Ministero della Salute».
Anche «il fatto di essere iscritti ad un albo professionale straniero – chiosa il segretario AISO – NON costituisce assolutamente una condizione di garanzia riguardo ad un riconoscimento diretto del titolo e quindi l’esercizio professionale di quella determinata professione nel paese ospitante, neppure effettuando la procedura tramite EPC European Professional Card [art. 4bis comma 5 – 2013/55]».
Titolo estero: valutazione e compensazione dal Ministero della Salute
La nota diffusa dall’AISO chiarisce nello specifico anche in che modo il Ministero della Salute può procedere all’equiparazione, valutazione ed eventualmente compensazione del titolo estero in Osteopatia.
«Solo dopo aver superato le eventuali lacune formative si otterrà il permesso di esercizio da parte del Ministero della Sanità e sarà possibile esercitare la professione regolamentata.
Superare le eventuali lacune formative con un periodo di adattamento e/o una prova attitudinale potrebbe voler significare una compensazione da effettuarsi seguendo gli insegnamenti dei corsi di laurea in osteopatia. E questo vorrebbe dire che tutti gli insegnamenti dei corsi di laurea devono essere stati attivati e cioè che la compensazione non potrà completarsi prima che il primo corso di laurea istituito non sia stato completato: sarebbe verosimile che non ci sarà un riconoscimento del titolo estero professionale sanitario prima che il primo corso di laurea italiano in osteopatia non abbia visto i suoi primi laureati, cioè prima che siano trascorsi tre o cinque anni dalla sua istituzione».
Ciò significa che quando sarà istituito in Italia il percorso universitario di osteopatia e saranno fissati i relativi requisiti formativi, il titolo estero dovrà essere comparato al percorso italiano.
Molto chiaro l’intervento riguardo le filiazioni in Italia di Università straniere: “solo se è stata autorizzata la filiazione; solo se è stata autorizzata prima dell’inizio dei corsi; solo se in Italia siano tenuti solo alcuni insegnamenti e comunque non caratterizzanti”.