Una ricerca scientifica sensazionale coinvolge direttamente anche il mondo osteopatico. “Si è scoperto che l’interstizio – una struttura tra le più grandi del corpo umano – altro non è che una fitta rete di tessuti interconnessi e pieni di liquido.” Questo è quanto dimostrato dalla ricerca dell’Università di New York e del Mount Sinai Beth Israel Medical Centre, pubblicata il 28 marzo 2018 sulla rivista Scientific Reports.
Non solo e semplicemente “tessuto connettivo”; l’innovativa tecnica di osservazione con endomicroscopia confocale laser (CLE), ha consentito al team del Dr. Neil Thiese di osservare immagini istologiche in tempo reale di tessuti umani: applicata al dotto biliare extraepatico durante procedure endoscopiche dopo iniezione di fluoresceina, questa tecnica ha mostrato nella sottomucosa un pattern reticolare della profondità di 60-70 nanometri che non aveva riscontri anatomici conosciuti.
La struttura reticolare vista è caratterizzata da densi fasci di collagene a contatto, da un lato, con cellule simil-fibroblasti dall’altro lato, con ambi spazi poligonali pieni di fluido. I successivi esperimenti effettuati in laboratorio hanno portato i ricercatori a supporre che si tratti di una struttura interstiziale in cui un il liquido interstiziale, considerato “pre-linfatico”, si accumula o si forma.
Gli autori hanno poi osservato strutture simili anche in tessuti come il derma, lo stroma peri-arterioso, la sottomucosa dei visceri (tratto gastrointestinale, vescica urinaria), l’albero bronchiale dei polmoni e i piani fasciali (su Nature si parla di fascia!) del sistema muscolo-scheletrico e del tessuto adiposo. Queste osservazioni hanno quindi convinto gli autori che sia necessaria una revisione dei concetti anatomici della sottomucosa, del derma, della fascia e dell’avventizia vascolare: secondo loro, infatti, questi tessuti non sarebbero più da considerare come muri di collagene densamente fitti, bensì quali spazi interstiziali pieni di fluidi. Inoltre, una simile architettura della sottomucosa permetterebbe di spiegare svariati fenomeni sulla cui fisiopatologia vi sono dei dubbi, fra cui: la formazione di edemi a seguito di ostruzioni di dotti quali le vie biliari, oppure dell’insufficienza di organi quali cuore, reni e fegato; la facilità della metastatizzazione di certi tumori una volta che entrano nello spazio sottomucosale, senza che si leghino ad altre vie circolatorie.
Considerazioni in ambito osteopatico
Dato che tutti gli organi in cui è stata rilevata questa struttura sono soggetti a cicli di compressione e distensione, siano essi relativamente costanti (polmoni, aorta) o intermittenti (tratto digestivo dopo pasto, vescica urinaria durante la minzione, pelle sotto compressione meccanica, piani fasciali durante azione del sistema muscolo-scheletrico), vi sono interessanti considerazioni in ambito osteopatico legate all’applicazione del modello circolatorio-respiratorio o di tecniche viscerali.
Inoltre, se le cellule attorno ai fasci di collagene fossero effettivamente fibroblasti o miofibroblasti in grado di secernere collagene, potrebbero mediare processi infiammatori con formazione di cheloidi o sclerotizzazioni tissutali, i quali andrebbero da valutare e trattare non solo per garantire la mobilità del tessuto, ma per evitare che blocchino subito la circolazione del fluido pre-linfatico.
Lo studio del tessuto vivente, e non del semplice preparato anatomico, offre pertanto uno sguardo importante sulla complessità biologica e chimica che costituisce l’essere umano, complessità che ora si arricchisce di questa nuova visione dell’interstizio, della sua composizione fisica e delle sue probabili funzioni.
L’idea di uno spazio interstiziale liquido, non rappresentato da un semplice addensamento connettivale, è radicata nel pensiero osteopatico già da tempo, così come l’importanza di normalizzare gli scambi fluidici o facilitare lo scorrimento viscerale e connettivale. Lo stesso Dott. Still descriveva all’interno del corpo una continuità fluidica onnipresente, dalle arterie alle vene, alla matrice connettivale, fino al sistema linfatico e al liquido cerebrospinale. I recenti progressi nell’imaging ci hanno aperto la strada allo studio di questa continuità, abbattendo ogni separatismo anatomico e fornendo un’interessante visione del tessuto umano vivente, da sempre oggetto di studio da parte della scienza osteopatica.
A prova di queste nuove scoperte abbiamo avuto l’anno scorso l’uscita del libro La PNEI e il Sistema Miofasciale: la struttura che connette, il quale rimane tuttora il testo più articolato e completo sul tema delle relazioni sistemiche, biomeccaniche e biochimiche, in anatomia, fisiologia e patologia, che il tessuto connettivo ha con tutto l’organismo, mente e corpo.
Due ampi capitoli trattano infatti del sistema linfatico e delle proprietà dell’acqua nell’organismo, sottolineando l’importanza, sempre più riconosciuta, della circolazione dei fluidi in ogni area tissutale al fine di garantire la salute e il legame di questa circolazione con processi quali la respirazione, la digestione, l’alimentazione e il movimento. L’impatto del trattamento osteopatico (OMT) sulla dinamica di questi fluidi tissutali “pre-linfatici” è ancora da valutare, tuttavia questa scoperta fornisce un’importante base scientifica al lavoro dell’osteopata. Al di là della semplice manipolazione articolare, dei differenti approcci di trattamento fasciale ad oggi tanto studiati, le recenti scoperte ci confermano che favorire lo scambio e il movimento di liquidi intra- ed extracellulari per migliorare la vitalità tissutale deve essere l’obiettivo di qualunque osteopata voglia ricercare la salute.
A cura di:
Francesco Marcheselli (DO), Diego Cortellini (DO)
membri del gruppo DisCoPNEI